EDITORIALE – Un anno, cinque mesi e ventuno giorni dopo, I Beatles danno un seguito a Sgt. Pepper’s . Un’eternità per come si è abituati nei ’60 e per gli stessi “Fab Four”, che avevano impiegato poco di più per pubblicare i loro primi quattro LP – per quello che da diversi punti di vista è il suo esatto opposto e per iniziare dalla confezione: minimalissima quanto quella del predecessore era stata affollata e colorata, tutta bianca e con il gruppo del nome che nemmeno è scritto sul davanti, ma bensì impresso in rilievo, così che bisogna guardare proprio da vicino per capire che si, è il nuovo album di John, Paul, George e Ringo.
Ecco, il punto è esattamente questo: che il doppio bianco, come viene subito soprannominato, è si il nono album dei Beatles, il più atteso ma in compenso pure il più generoso, con le sue quattro facciate per complessivi novantatrè minuti di musica, ma contemporaneamente è anche l’inizio di quattro carriere solistiche che sfortunatamente, a metterle insieme, di musica altrettanto memorabile non ne regaleranno molta di più di quella che c’è in questo doppio. Il disco, infatti, sotto più aspetti, riflette la tensione che era venuta a maturare fra i quattro musicisti, e marca una netta discontinuità con il precedente Sgt Pepper. Il White Album non è un lavoro corale, bensì un’opera di «solisti, di tanti ego separati in lotta per la preminenza».

In diversi pezzi, Paul McCartney, John Lennon e George Harrison lavorarono separatamente come compositori e interpreti, usando gli altri solo come band di spalla o talvolta incidendo in solitudine tutte le parti vocali e strumentali. Il nervosismo strisciante e i continui litigi diedero luogo a clamorosi abbandoni: Geoff Emerick, il fidato ed esperto tecnico di studio che aveva seguito i Beatles nei loro due album migliori – Revolver e Sgt Pepper –, si licenziò dopo meno di due mesi dall’inizio delle incisioni; George Martin lasciò gli studi e andò in ferie; anche Ringo Starr, esaurito e poco motivato, il 22 agosto abbandonò le registrazioni portando la famiglia in vacanza in Sardegna. Sostituito alla batteria da Paul nei brani registrati in sua assenza, Back in the U.S.S.R. e Dear Prudence, il 3 settembre Ringo tornò sui propri passi rientrando negli studi di Abbey Road e, in segno di gratitudine e di sollievo da parte di tutti, trovò la batteria decorata da Mal Evans con festoni di fiori e con la scritta “Bentornato Ringo”.
Tanto si era mostrato eccezionalmente coeso il quartetto di Liverpool, pur suonando cento musiche diverse, tanto il White Album deflagra stili diversi messi anche un po’ disordinatamente.
Il 22 novembre del 68, in ogni caso, esce un album a tratti geniale e discontinuo dal genere di Lennon e soci e che, sicuramente, mette in atto e in mostra lo straordinario mestiere e talento della “banda del Sergente Pepper”.
