EDITORIALE – “Il Re è morto”, e con lui una parte di quel rock istrionico e coinvolgente che solo la voce di Farrokh Bulsara, in arte Freddie Mercury, poteva donare all’umanità.
Il 24 novembre del 1991 l’Inghilterra e il mondo intero sono sconcertati per la morte del frontman più rappresentativo e carismatico che il panorama musicale avesse mai avuto, quel Freddie Mercury che solo 48 ore prima della sua dipartita aveva annunciato al mondo intero di avere l’Aids, attraverso un comunicato semplice e sentito ai suoi fans: “A seguito delle enormi congetture sulla stampa – spiegava Mercury attraverso un comunicato stampa dal letto della sua casa di Logan Place, come ricorda oggi Roling Stone – desidero confermare di essere risultato positivo al test per l’HIV e di avere l’AIDS. Ho ritenuto corretto mantenere queste informazioni private al fine di proteggere la privacy di coloro che mi circondavano. Tuttavia, è giunto il momento per i miei amici e i fan di tutto il mondo di conoscere la verità, e spero che tutti si uniranno a me e ai miei medici nella lotta contro questa terribile malattia”.
Un mix di goliardia, carisma e grande talento, un animale da palcoscenico non sempre facile da gestire, ma la vera potenza del leader dei Queen stava proprio in ciò, nel trasformare in perfezione o magia qualsiasi nota o tematica gli capitasse sotto mano, in un crescendo di intuizioni e creatività che resero il gruppo britannico tra i più rappresentativi del panorama rock mondiale.
E’ancora oggi considerata la voce del rock per eccellenza, un concentrato di potenza vocale e di ritmica fuori dal comune, capace di passare dalla lirica al pop nel giro di un secondo, senza mai scendere di tonalità. Celebri le sue movenze e il suo look sempre alternativo, sia sul palco che nei videoclip più celebri della band, dall’abito femminile di “I want to break free” fino al “classico” di “Innuendo”.

Risaputa, ormai, la storica rivalità con Brian May, soprattutto all’inizio della sua carriera, i due erano spesso in sfida per chi scriveva la canzone migliore. Il principale esempio di rivalità tra i due ci fu in occasione della lavorazione di Queen II, nel 1973. Come ricorda Corriere.it, Freddie scrisse The March Of The Black Queen perché invidioso di White Queen (As It Began) di Brian May. La replica del chitarrista però non si fece attendere e ben presto lui replicò con Father To Son. E Freddie Mercury, poco dopo, presentò Ogre Battle. In realtà, proprio quella rivalità fece la gioia dei fan dei Queen, poichè venne alla luce uno degli album più amati di sempre. Possiamo dire quindi, a distanza di tempo, che a vincere fu proprio la musica.
La morte di Freddie Mercury lasciò un vuoto immenso nel mondo della musica, e gli altri componenti dei Queen decisero di organizzare un grande evento per rendergli il giusto omaggio. Il 20 aprile 1992 si tenne al Wembley Stadium di Londra il Mercury Tribute Concert, appuntamento con tantissime star della canzone: basti pensare a Elton John, Metallica, Guns N’ Roses, David Bowie, Roger Daltrey, Robert Plant, George Michael e Zucchero.

Oggi, 28 anni dopo la sua morte, il cantante è ancora nel cuore di milioni di appassionati di musica e sui social network piovono omaggi e tributi per una delle icone del Novecento mondiale.
Il suo testamento, “The Show Must Go on”, resta un inno alla vita, al non arrendersi e a proseguire verso i sogni che si ambiscono e che si devono raggiungere. Un invito alla sua band ad andare oltre con o senza di lui, ma i Queen senza Freddie, non furono più la stessa cosa. Le leggende lasciano un segno, e Farrokh Bulsara ha lasciato il suo nell’Olimpo della musica.
