EDITORIALE – E’ questa una pagina triste del mio paese, impressa nella mente e nel cuore di tanti laurioti che ebbero la sorte di viverla, subendone, inermi, lo strazio e l’angoscia.
Tra le vittime, anche la mamma di mio marito, Anna Maria Cosentino.
Traggo dal libro “Voci di un settembre” di Rita Galietta, il racconto “La madre”, che parla, appunto, del dramma di mamma Anna Maria e del piccolo Angiolino di appena cinque anni.
Geniale la scelta dell’autrice di fare parlare in prima persona i protagonisti dei suoi racconti.
La madre
Quando sono cadute le prime bombe, era lì sull’uscio immobile e pallido. Non urlava. Non piangeva. Una statua di sale.
L’ho afferrato che avevo il cuore in gola e il fiato…no, non l’avevo più, il fiato, nemmeno per chiamarlo. Poi ci siamo inoltrati per i vicoli verso il Cerruto, alle grotte del Favaro, dove si dirigevano tutti. Mi camminava accanto, muto, con i suoi passettini leggeri; lo tenevo per mano, il bambino mio, che non aveva più il suo papà.
Le urla e la gente che correva devono averlo turbato fino a far esplodere il suo terrore, infatti ha cominciato a piangere disperato, chiedendomi di essere preso in braccio. L’ho assecondato e per un tratto ho camminato tenendolo stretto al mio petto, con i suoi riccetti e i suoi cinque anni che volevo difendere, a tutti i costi. Ho provato a calmarlo. Aggrappato al mio collo, era scosso da tremori e singhiozzava sommessamente. Era difficile passare tra le macerie; eravamo rimasti indietro rispetto agli altri. Dovevo metterlo in salvo: niente avrebbe potuto fermarmi.
Allora di corsa verso le grotte del Favaro, dove, alle prime esplosioni, si erano rifugiati in molti. Le case erano diventate delle trappole.
Gli aerei si sono allontanati. Vicino alle grotte in quel momento c’era come un’attesa agghiacciante; si entrava a piccoli gruppi familiari; in silenzio ci si aiutava reciprocamente a superare i dislivelli e i massi disseminati qua e là; per tutti era meglio sistemarsi in quel luogo, in previsione di una seconda ondata…eccoli…eccoli…Di nuovo! Con Angiolino in braccio avevo difficoltà a procedere e ho cercato aiuto. Cosimo è tornato indietro e mi ha dato una mano per raggiungere le grotte.
“Ti aiuto io, Anna Maria, passalo a me” ha detto deciso. Poi, è entrato e allungando le braccia ha preso il mio bambino, che non voleva lasciare la sua mamma. Finalmente in salvo, nella grotta buia.
Tranquillo, sto arrivando anch’io…mi tende le mani con le lacrime agli occhi. Mi chiama. Lo schianto di una bomba.
Ora, sento il suo grido forte come questo dolore che mi attraversa. Non posso muovermi, eppure vorrei correre da lui, vorrei…forse tra poco riuscirò a rialzarmi; sto meglio, non avverto più il dolore lancinante alle gambe; è tutto passato; ancora un poco e potrò farmi spazio fra le macerie, potrò correre da lui, che mi chiama singhiozzando, in una curiosa lontananza. Con un po’ di volontà, Anna Maria, ce la puoi fare…le mani, è come se non le avessi…è già buio; le gambe non si muovono; sento che la mia gola è impastata di polvere e non riesco a gridare il suo nome. Dio, che freddo!
Sogno i giorni della pace che verrà, perché la pace verrà…dovrà venire…e tu non piangerai più, bambino mio…