EDITORIALE – L’8 dicembre 1965, solennità dell’Immacolata Concezione, si concludevano i lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II.
La sua convocazione fu annunciata il 25 gennaio 1959 da Papa Giovanni XXIII, che riuscì a presiedere solo la prima sessione dei lavori, mentre le successive tre sessioni furono indette da Papa Paolo VI.
È impossibile sintetizzare in poche battute l’importanza che il Vaticano II ha avuto, non solo nel mondo cattolico ma anche per i laici, come me, e per i non credenti, perciò cercherò di soffermarmi esclusivamente su un documento che, a mio parere, riveste i caratteri della stringente attualità, sia nel contesto italiano che nel quadro internazionale, dall’Europa alla Cina agli Stati Uniti: la “Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane” – “Nostra aetate”.
Di rilevante c’è che per la prima volta il dialogo interreligioso viene formalmente promosso dalla Chiesa Cattolica per contribuire al processo della fratellanza universale e della pace tra gli uomini.
Innanzitutto, la dichiarazione conciliare sottolinea che «la Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo» nelle altre religioni riconosciute come tali. «Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini».
Poi, in merito alle relazioni con l’ebraismo, la dichiarazione afferma e riconosce definitivamente le radici ebraiche del cristianesimo e condanna fermamente e in modo irrevocabile l’antisemitismo. La Chiesa infatti – riporta Nostra Aetate – «crede che Cristo, nostra pace, ha riconciliato gli ebrei e i gentili per mezzo della sua croce e dei due ha fatto una sola cosa in se stesso».
Tra l’altro, si precisa, che sebbene le autorità ebraiche dell’ epoca si siano adoperate per la morte di Cristo, «tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi, né agli ebrei del nostro tempo». E anzi, essendo «tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei» il Concilio «vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo».
Insomma, tutto l’antisemitismo religioso sorto nell’Europa medievale, viene definitivamente cancellato e nessun fondamento “religioso” si può oggi richiamare nel promuovere e propagandare la spregevole pratica dell’odio verso gli Ebrei.
Ulteriore tassello importante è il rapporto con l’altra grande religione monoteista, l’Islam. Infatti, nei rapporti tra Chiesa e Islam, il Concilio Vaticano II marca la transizione da un atteggiamento missionario-antagonista ad un atteggiamento dialogico.
“Nostra Aetate” sul punto è piuttosto chiara: «La Chiesa guarda con stima anche i musulmani che adorano l’unico Dio… Se nel corso dei secoli non pochi dissensi e inimicizie sono sorti tra cristiani e musulmani, il sacrosanto Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e ad esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà».
Questo insegnamento del Concilio negli anni è stato alimentato da tutti i Pontefici.
Lo stesso Papa Giovanni Paolo II, il 19 agosto 1985, nello stadio di Casablanca, rivolgendosi ai giovani musulmani, non solo sottolineò il concetto che «se in passato cristiani e musulmani, generalmente ci siamo malcompresi, e qualche volta, ci siamo opposti e anche persi in polemiche e in guerre», ma aggiunse anche «io credo che Dio c’inviti a cambiare le nostre vecchie abitudini. Dobbiamo rispettarci e anche stimolarci gli uni gli altri nelle opere di bene sul cammino di Dio».
Tralascio il discorso di Ratisbona di Papa Benedetto XVI del 2006 per tutto il codazzo di polemiche, spesso solo strumentali, anche a fronte delle precisazioni dello stesso Papa Emerito sulla citazione da Manuele II Paleologo, e concludo dicendo che, certamente dopo il 2001, il mondo è cambiato ma la risposta deve trovarsi non già nello “scontro di civiltà” ma piuttosto nel dialogo, ossia nel percorso che lo stesso Papa Francesco oggi sta percorrendo nonostante le critiche e le prese di posizione di taluni.