A cent’anni dal Proibizionismo

EDITORIALE – Nel gennaio di cento anni fa entrò in vigore, negli Stati Uniti d’America, il regime secco, adottato con il 18° emendamento alla Costituzione, che vietava la produzione, la vendita e il trasporto di alcolici e, di fatto, inaugurò la stagione del Proibizionismo.


Fu la vittoria della campagna fondamentalista, puritana e bigotta nei confronti della città cosmopolita; soprattutto, fu la vittoria di chi è convinto che la morale possa essere imposta per decreto. E non solo ai cittadini coscienziosi e onesti ma anche a quelli già incappati nelle maglie della legge.


Infatti, i proibizionisti erano certi (e lo sono tutt’ora) di riuscire automaticamente ad eliminare, con l’abolizione della sostanza “inebriante”, anche tutta la delinquenza e il disagio sociale.


Le parole di Andrew Volstead, il Senatore che promosse la legge entrata in vigore contemporaneamente al già citato emendamento, chiariscono bene i termini della questione dal punto di vista dei proibizionisti: “I quartieri umili presto apparterranno al passato. Le prigioni e i riformatori resteranno vuoti. Tutti gli uomini cammineranno di nuovo eretti, tutte le donne sorrideranno e tutti i bambini rideranno. Le porte dell’inferno si sono chiuse per sempre”.


È superfluo ricordare che, nel giorno stesso dell’entrata in vigore della legge e di quel memorabile discorso, cominciò a fiorire in tutti gli Stati Uniti un ricchissimo mercato nero degli alcolici che non solo erano importati illegalmente dal Canada e dal Messico ma, soprattutto, venivano prodotti nei numerosi laboratori clandestini per la distillazione di bevande alcoliche di scarsa qualità e igiene.
Da quel momento, inoltre, la criminalità organizzata pose le basi per veri e propri imperi economici fondati dalla Mafia e da potenti sodalizi grazie al grande accumulo di capitali di quegli anni.


L’intento moralizzatore, peraltro, non funzionò tanto bene neanche nei confronti degli stessi membri del Congresso che avevano approvato la legge del regime secco.
Anzi, furono i primi a non rispettarla come  dimostra la storia di George Cassiday, l’Uomo con il cappello verde, il contrabbandiere ufficiale di senatori e congressisti che faceva fino a 25 consegne al giorno negli uffici dei parlamentari trasportando le bottiglie in una valigetta di pelle…


E gli onesti cittadini che dovevano essere protetti e moralizzati in virtù di una norma dello Stato?
Semplicemente, in buona parte, diventarono cittadini che non rispettavano la legge.
Costretti a rivolgersi agli “spacciatori”, nell’arco di 24 ore, uomini ordinari e onesti si trovarono a interfacciarsi con soggetti che vivevano di crimini, in contiguità con contrabbandieri e delinquenti abituali.


Il Proibizionismo fu un successo?
Non credo che in “questi” anni Venti nessuno possa sinceramente affermarlo.
Eppure, ancora oggi, la stessa pretesa di imporre la morale e di imporre divieti alle persone viene cavalcata dai proibizionisti della cannabis.
In barba all’insegnamento che deriva dal più grande e lungo “nobile esperimento” proibizionista della Storia.