Al netto dei posizionamenti di partito, la storia antifascista è un patrimonio per tutti

Di Andrea Oriente

EDITORIALE – Si avvicina il 25 aprile e, come ogni anno, si acuiscono le polemiche, dovute alla politicizzazione della ‘Liberazione’ e della ‘Resistenza’. Le forze politiche ne discutono in Parlamento presentando mozioni, una supportata dalle forze di maggioranza e l’altra presentata dai partiti di opposizione. Su quest’ultima, con molta saggezza, hanno annunciato il voto favorevole Forza Italia e, a cascata, anche gli altri partiti del centrodestra. La mozione riporta le parole che la senatrice Liliana Segre ha pronunciato il primo giorno di legislatura quando occupava lo scranno più alto del Senato. Il testo recita: ”Le grandi Nazioni dimostrano di essere tali anche riconoscendosi coralmente nelle festività civili”. Impegna il Senato “ad adottare le iniziative affinché le commemorazioni delle date fondative della nostra Storia antifascista si svolgano nel rispetto della verità storica condivisa…”
La grande differenza che salta subito all’occhio è quella parola, anzi quelle due parole che posizionate vicino assumono un significato che non è solo politico, ma anche culturale. Storia antifascista. Perché non possiamo più permetterci di osservare la storia per quello che non è e alcuni esponenti politici non dovrebbero far finta che l’antifascismo non esiste solamente perché il fascismo non esiste più.
Ciò avviene perché il più delle volte l’opinione pubblica si stabilizza su una visione solamente e prettamente politica, di posizione, senza osservare il fenomeno da un punto di vista storico e culturale, ammetto però che la vicenda non può non essere caratterizzata sotto il profilo politico-ideologico. Si sente la necessità di raccogliere i frutti della ‘Resistenza’ perché ultimamente solo una parte del Paese crede in un patriottismo, mentre l’altra parte si vergogna quasi di pronunciare la parola Patria, tutti non curanti del fatto che i più innamorati della patria erano i partigiani. Coloro che ci hanno consegnato un paese libero e democratico e che hanno dato vita istituzionale ad uno stato martoriato dalla guerra e dal fascismo. Sono tanti i partigiani che hanno partecipato alla vita democratica e tutti, anche se di fazioni politiche differenti, hanno saputo trasmetterci il sentimento di libertà che li ha portati a far rinascere il nostro paese. Tutti noi dovremmo ringraziare i partigiani che ci hanno concesso di poter parlare e dibattere liberamente. Eppure siamo costretti a litigare sulla politicizzazione della resistenza.
Le forze politiche, soprattutto a destra, dovrebbero seguire, non solo davanti alle telecamere, i moniti della Senatrice Segre e farli propri. Unificarsi nel celebrare il 25 aprile vuol dire difendere la nostra costituzione perché è frutto dei valori della resistenza.
Per attualizzare dobbiamo inevitabilmente analizzare il quadro politico perché è il primo Anniversario della liberazione con la destra, quella che nasce dal Movimento sociale e passa per Alleanza nazionale e ciò determina una situazione nuova. Ci sembra strano immaginarci il presidente del Senato partecipare alle celebrazioni, eppure sarà così, sperando almeno che non ci vada solo perché trattasi di un dovere istituzionale.
In uno dei periodi più complessi della storia d’Europa le forze politiche più lontane tra loro hanno saputo unirsi e fare fronte comune per far nascere uno stato democratico, oggi agli schieramenti politici si chiede di far propri i valori che hanno cambiato il corso della nostra storia.

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