LAGONEGRO (PZ) – C’è un momento, durante le riprese di La Remuda, che si è impresso nel cuore della troupe come un respiro sacro: l’alba del 5 luglio 2025, sulla cima del Sirino, davanti al Santuario della Madonna. Una scena che custodisce tutta la delicatezza e la potenza del film. Un istante sospeso tra cielo e terra, tra preghiera e poesia, tra silenzio e verità.
Questa sequenza, tra le più intime e suggestive dell’intero progetto, non sarebbe stata possibile senza la generosa disponibilità e la premurosa cura della Protezione Civile “Gruppo Lucano” – sede di Lauria, che ha accompagnato la troupe fino in vetta, rendendo accessibile ciò che sembrava irraggiungibile. Né senza il sostegno prezioso del Presidente del “Gruppo Lucano” della Protezione Civile, Pierluigi Martoccia, la cui sensibilità ha fatto da guida silenziosa e concreta.
Un ringraziamento sentito va anche alla Diocesi di Tursi-Lagonegro Curia Vescovile e al Parroco Don Gianluca Bellusci, che hanno accolto con fiducia l’idea di portare il cinema in un luogo di profonda spiritualità, aprendo le porte del Santuario a un racconto che parla di radici e futuro.
E ancora, grazie ai Rappresentanti del Comitato del Sirino, che con disponibilità e calore hanno fatto sentire la troupe parte di una comunità.
Gesti concreti, umili, essenziali che rendono ancora di più La Remuda un’opera autentica.
Le riprese del docu-corto, iniziate il 2 luglio in Lucania, sono firmate da Enrico M. Minto e Valeria Gaudieri, e prodotte da Alessandra Relmi per Arya Production.
Il film racconta la transumanza – rito antico e identitario – attraverso lo sguardo di Ivan, pastore solitario, e di Rossella, sua figlia sedicenne.
Il set si snoda tra il Lago Sirino e il Comprensorio del Sirino, nel cuore del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese, Ente che sostiene il progetto per valorizzare le tradizioni della pastorizia e la straordinaria ricchezza naturalistica del territorio.
La Remuda è una traccia viva sul terreno della memoria: una storia che cammina, sussurra, muta.
La montagna si fa madre e custode, culla di tradizioni antiche e seme di trasformazioni future.
La transumanza diventa una sorta di liturgia del passaggio, dove ogni passo è una scelta, ogni bivacco un ricordo, ogni sentiero una promessa.
Il film porterà questa visione nei Festival dedicati al cinema ambientale, sociale e del territorio, in Italia e all’estero, là dove lo sguardo si fa attenzione e ascolto.
Con questo nuovo lavoro, Arya Production amplia il proprio percorso in un cinema intimo, necessario e resistente, fedele alla realtà, ma sempre capace di rivelarne la bellezza nascosta.
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