In occasione della festività del Lentini, ivl24.it pubblica e riporta integralmente l’editoriale scritto da Giusy Luglio per Caritas Veritatis
LAURIA (PZ) – Cari lettori, oggi, in occasione della festa del Beato Domenico Lentini, che cade nel cuore del Giubileo Lentiniano, corrispondente al XXV anniversario della Beatificazione, il blog è lieto di presentarvi la sua figura di luminosa e semplice santità.
Nato nel 1770 a Lauria, piccolo centro della Basilicata, nel sud Italia, da una famiglia umile, sin dai primi anni dell’adolescenza Domenico avverte un forte e ardente desiderio di seguire Cristo. Con molti sacrifici la famiglia gli permette di iniziare gli studi prima a Lauria e in seguito nel Seminario vescovile di Policastro. L’8 giugno del 1794 viene ordinato sacerdote a Marsico Nuovo (Potenza), essendo vacante la sede vescovile di Policastro. Don Domenico vive pienamente il proprio impegno sacerdotale a Lauria. Si dedica in maniera attenta ai giovani, di cui è stato “amico e confidente, maestro della scienza e padre della vita”, impartendo lezioni nella piccola casetta nel rione Cafaro. Alla scuola di don Domenico non si apprendevano solo le lettere, la filosofia o il greco e il latino, ma forte era il richiamo alla vita sacramentale, con la partecipazione dei ragazzi alla Santa Messa e a momenti di preghiera comune. Centrale è poi il suo impegno nel sacramento della confessione. Accoglieva nel confessionale tutti ed era sempre pronto a dividere con i peccatori le penitenze, anche le più austere. Infatti, come ricordava San Giovanni Paolo II nell’omelia della beatificazione, “(il Beato Domenico Lentini) sapeva bene che nella celebrazione del sacramento della Penitenza il sacerdote diviene dispensatore della misericordia divina e testimone della nuova vita che nasce grazie al pentimento del penitente ed al perdono del Signore”. Uomo di carità e di totale dedizione ai poveri, impossibile è da dimenticare la sua attività di predicatore, accompagnata da preghiere e digiuni. Nel periodo di Quaresima si recava in diversi paesi della Lucania per annunciare a tutti il grande mistero della Passione, Morte e Risurrezione del Signore. Con forza si rivolgeva ai fedeli per scuotere le coscienze, rendendo visibili attraverso le sole parole la sofferenza della Passione di Cristo e la gioia della Risurrezione. In una omelia della Domenica di Pasqua così si esprimeva: “Fratelli e sorelle in Gesù Cristo, il cielo è già aperto per voi; la bella corona del Paradiso è già preparata; coraggio adunque, animo e coraggio per la carriera della penitenza, per la via dei comandamenti di Dio. Voi per queste vie dovete camminare, ed è poco; dovete correre, non basta ancora; dovete, dovete volare, né vi dovete punto fermare, finché non si giunga lassù ad ottenere quell’eterna gloria del Paradiso, che il risorto Signore a tutti ed a ciascuno di voi conceda. Amen”. Nei primi giorni di febbraio del 1828 don Domenico inizia ad avvertire i segni della malattia e comprende bene che l’incontro con lo Sposo, che tanto aveva amato e servito, era ormai vicino. Muore il 25 febbraio dello stesso anno e il suo corpo, esposto nella chiesa di San Nicola, continua a mantenere il calore e la flessibilità di un corpo vivo e ad emanare profumo come di rosa. E a noi cosa insegna oggi don Domenico, sacerdote umile e ricco solo del suo sacerdozio? In un mondo dominato dall’indifferenza don Domenico continua a ricordarci che il prossimo non può e non deve essere dimenticato. Dobbiamo risvegliare l’attenzione, la capacità di ascolto; dobbiamo imparare ad accogliere chi è più vicino a noi, chi nella società vive in condizioni di difficoltà, di solitudine e di povertà. Don Domenico ricorda a tutti che è importante vivere con i giovani, per conoscere le loro esigenze, i loro desideri, i loro timori, educandoli, indirizzandoli sempre sulla via maestra del Vangelo e non facendo mai mancare loro guide sicure. Ci insegna, infine, a vivere da cristiani, fragili e peccatori, nel mondo in comunione con Dio, certi della Sua infinita Misericordia e del suo amore di Padre. Facciamo, allora, risuonare sempre nella nostra vita le dolci note delle parole di don Domenico: “Gesù Cristo è il mio bene, il mio tesoro, il mio tutto!”.