Burioni al Corriere della Sera: ‘Perché il virus del video Rai di sicuro non c’entra con il coronavirus di oggi’

MILANO – Ieri, 25 marzo, è circolato sui social media, ed è poi stato commentato da tutti i mezzi d’informazione un video di Rai3 Leonardo del 2015 a proposito di un virus creato in laboratorio che avrebbe potuto essere all’origine dell’attuale pandemia sostenuta da Sars-Cov-2. Se a un occhio con un minimo di esperienza la relazione fra quel virus e l’attuale poteva apparire immediatamente inverosimile o perlomeno assai poco probabile, è comprensibile che alla maggioranza delle persone potesse invece insinuare atroci dubbi.

Il Corriere della Sera ha chiesto allora a Roberto Burioni, professore di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, di spiegarci bene quali sono le differenze fra questi due virus e perché possiamo dire con certezza che non c’entrano nulla l’uno con l’altro. Ecco la sua risposta.

Perché il virus sicuramente non è quello del video

«A chiunque conosce un minimo di virologia è evidente che il lavoro scientifico del 2015 a cui si riferisce il video, e che fu un bellissimo lavoro, pubblicato su Nature, non ha nulla a che fare con il virus che è emerso nel 2019. Quello che hanno fatto i ricercatori nel 2015 è stato prendere un coronavirus di topo, mettendoci dentro un pezzo di coronavirus di pipistrello (ma l’impalcatura del virus è rimasta quella del topo) per dimostrare la pericolosità di questi virus e per tentare di capire in vitro i meccanismi attraverso i quali possono passare dagli animali all’uomo e, soprattutto, per studiare la possibilità di mettere a punto vaccini efficaci validi per tutti i coronavirus. Conoscendo la sequenza di un virus, e noi conosciamo la sequenza di Sars-Cov-2, è possibile stabilire esattamene da dove viene e sappiamo che viene dal pipistrello e non dal topo, come invece era quella del laboratorio. E con il tempo, quando avremo a disposizione più sequenze, potremo stabilire anche il momento nel quale il virus è passato all’uomo e quando e da dove è arrivato in Italia. Questo tipo di studio si chiama Molecular Clock Analisys ed e è quello che ci ha fatto capire in passato, con certezza, non con probabilità, che il virus Hiv è passato dalle scimmie all’uomo all’inizio del ‘900, si è diffuso localmente in Africa, passando poi ad Haiti e da lì nel mondo occidentale. Quindi possiamo dire con certezza che il virus sta circolando è del tutto naturale e che non ha assolutamente nulla a che fare con quello che è stato creato in laboratorio con il coronavirus di topo nel 2015».

Corriere della Sera