Cara Basilicata, sta tornado il buon tempo: è l’ora di rimettersi in cammino

E’ un inverno intero che aspettiamo l’estate. E’ una vita intera che i nostri inverni, lunghi e freddi, sono fatti di attese. Ora che siamo a due passi dalla stagione più calda, ad un respiro dal buon vento, ci prepariamo per vivere nei giorni più belli. Perché quando arriva la bella stagione, quella della luce e del chiarore, si risvegliano in noi tutti quei sentimenti che abbiamo protetto dal freddo dell’inverno, quando la vita sferza i suoi colpi più duri ed il ghiaccio non è poi solo una metafora. Torna tutto, finalmente, e torna anche la voglia di Basilicata, che è un desiderio di purezza e bellezza autentica, selvaggia, immediata, invincibile. E torneremo anche noi lucani, popolo fiero ed orgoglioso delle proprie radici, con ambizioni più forti dei sogni e progetti che resisteranno al passare del tempo. Torneremo anche noi, certamente, anche se il vento è cambiato, se non sembriamo più quelli di un tempo, anche se non abbiamo più capitali da mostrare al mondo. Torneremo perché abbiamo avuto la forza di resistere, di restare, di rinascere, di rifiorire, come fa la natura in maggio quando i campi ritornano in vita. Ci saranno i nostri luoghi, protetti e gentili, le nostre abitudini sane, i sapori precisi e gli odori naturali, così come ci sarà il Mediterraneo che guarda tutti negli occhi e pone sempre la stessa domanda sul chi siamo e a cui non sappiamo mai rispondere. 

Lo vedi nelle strade che sta tornando lentamente la vita, lo senti nelle parole di speranza che usiamo per raccontare i giorni grigi che abbiamo vissuto, lo percepisci da come gli occhi guardano l’altrove, lì dove il sole nuovo ancora una volta sorgerà. Ma a queste parole va dato un gancio, un approdo sicuro, un porto dove poter attraccare, altrimenti ogni speranza diventa illusione ed ogni progetto diventa solo fumo. Moltissimo fumo. E noi lo sappiamo bene che vuol dire inseguire un grande obiettivo e farlo diventare cosa concreta, lavoro, azione che si snoda nel quotidiano e si fa fatica, sudore, sacrificio.

Camminando lungo le strade di questa terra, tra la gente che le abita, si tocca con mano l’esigenza di un nuovo orizzonte, di un nuovo domani. Perché siamo stanchi delle solite copie di mille riassunti, siamo stanchi di vedere delegato ad altri quello che noi sappiamo fare, perché siamo capaci, tenaci, competenti e pronti. E siamo stanchi anche di sentir parlare di “miracolo” ogni volta che qualcuno si accorge che  la Basilicata esiste e sa essere protagonista anche senza fare troppo rumore. E’ arrivato il momento di smetterla con questa narrazione del miracolo, della vergogna che diventa stupore, questa quadro che ci dipinge ancora come l’isola che non c’era o come terra di tardo progresso che ha scoperto la modernità, e che tanto piace a molti lucani che riempiono di stereotipi e banalità le loro cartoline storte come certi tramonti che si trovano sui social in questi giorni di quasi estate. Salviamoci da questo festival del lamento e dell’abbandono, salviamoci da tutti i festival dei “saperi e sapori”, salviamoci dai direttori artistici senza arte né parte, salviamoci da questo provincialismo stantio che ci fa andare a caccia di attestati e targhe per certificare la nostra presenza al mondo. In definitiva: abbandoniamo l’antica veste polverosa che continuiamo ad indossare e mostriamoci per quello che siamo, con le nostre facce e le nostre parole, senza avere paura di essere unici, senza più alcun cappello in mano per ringraziare chi ci concede ciò che è un nostro diritto, senza avere più quella sensazione frustrante di non essere mai abbastanza. 

Il buon tempo sta tornando, anche se le nostre case sono ancora un po’ fredde, ma è lì sulla finestra che chiede solo di entrare. Apriamola. Apriamoci al nuovo. Apriamo questa Basilicata al futuro, adesso che la luce in fondo al tunnel si fa più luminosa e ampia. Non è più il tempo delle attese, è il momento di superare il bivio e scegliere coraggiosamente quale strada percorrere. Il cammino che ci aspetta è nuovo, come l’alba che sarà.

Andiamo.

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