L’impianto a biomasse tra Basilicata e Calabria è interessato dalla cosiddetta “norma Laghi” che dispone il depotenziamento dei siti che si trovano nei parchi naturali. Il sindacato difende i posti di lavoro e un modello di sviluppo sostenibile
LAINO BORGO (CS) – La Cgil Calabria e la Filctem Cgil, la sigla di categoria che rappresenta lavoratrici e lavoratori di chimica, tessile, energia e manifatture, chiede che sia convocato un tavolo di crisi al ministero delle Imprese per risolvere la vicenda della centrale del Mercure. L’impianto a biomasse, attivo al confine tra Basilicata e Calabria, è interessato dalla legge approvata dal Consiglio regionale calabrese che, oltre a stabilire il divieto di realizzare impianti di produzione energetica alimentati da biomasse nei parchi nazionali e regionali con potenza superiore a 10 megawatt termici, dispone anche il depotenziamento di quelli esistenti. Se non si uniformano alla potenza prevista – spiega la legge – non potrà essere concessa l’autorizzazione.
La legge regionale è stata impugnata lo scorso 23 gennaio dal Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro per gli Affari regionali Calderoli.
“Con il protocollo ministeriale “Mercure” del 2014 – sostiene il sindacato – è stato avviato un modello virtuoso, partecipato e condiviso dentro il quale tutti gli attori e gli interessi di natura istituzionale, territoriale, sociale, occupazionale e produttiva potevano coesistere dentro una logica di compatibilità e sostenibilità ambientale. Ad oggi, tutto questo è messo in forte discussione da una norma – approvata in modo surrettizio – lo scorso novembre dalla maggioranza in Consiglio regionale calabrese e pienamente sostenuta dal presidente della regione Calabria Occhiuto e dal consigliere di opposizione Laghi che di fatto, decreta la chiusura della centrale e la perdita di circa 1500 posti di lavoro lungo tutta la filiera”.
Da qui la richiesta di un incontro al ministero delle imprese con l’auspicio che il confronto possa portare “alla risoluzione immediata e positiva della vertenza per la difesa di un modello di sviluppo sostenibile, per gli investimenti e per il mantenimento di migliaia di posti di lavoro lungo tutta la filiera industriale e del legno”, spiegano il segretario generale della Cgil Calabria Gianfranco Trotta e il segretario Filctem Cgil nazionale Ilvo Sorrentino.
“Nessun riscontro, dato scientifico che tracci un’insostenibilità ambientale, al contrario tutti i dati prodotti dagli enti autorizzati e certificati dalla stessa ARPACAL evidenziano nella valle del Mercure, un ecosistema ambientale tale da avere l’aria tra le più pure d’Italia. Non siamo dunque, come si vuol far credere di fronte a un’Ilva calabrese”, continua il sindacato che invita il presidente Occhiuto a “rivedere la propria incomprensibile posizione sulla centrale o a desistere, per come ultimamente dichiarato, dal contrapporsi alla decisione del Consiglio dei Ministri”.
Sulla vicenda sono intervenuti diversi soggetti istituzionali e associazioni, tra cui Legambiente che ha sottolineato l’incompatibilità tra la centrale e il Parco nazionale del Pollino.