ROTONDA (PZ) – Lo stop paventato, ipotizzato e pronosticato da alcuni dei diretti protagonisti della vicenda, alla fine è davvero arrivato. Il Consiglio dei ministri, ieri sera, ha infatti deliberato di impugnare davanti alla Corte costituzionale la norma approvata dall’assemblea legislativa calabrese che impone uno stop alle attività della Centrale del Mercure, situata nel cuore del Pollino. Si tratta del cosiddetto “emendamento Laghi”, dal nome del proponente, il consigliere regionale Ferdinando Laghi, inserita nella legge calabrese omnibus 36/2024 approvata lo scorso novembre a Palazzo Campanella.
Il provvedimento contestato dal Governo dispone il divieto di nuovi impianti di produzione di energia alimentati da biomasse nei territori ricadenti nel perimetro dei Parchi nazionali e regionali e obbliga gli impianti esistenti a ridurre la propria potenza massima a 10 Mwatt termici entro 6 mesi. L’alt di Palazzo Chigi è motivato da ragioni giuridiche. Secondo i tecnici del dipartimento Affari regionali, la norma presenta profili di illegittimità costituzionale nella parte in cui introduce, a priori, un divieto alla realizzazione e all’installazione di una specifica tipologia di impianto Fer (biomasse con potenza superiore a 10 Mwatt) in una determinata area. La normativa regionale risulta quindi incostituzionale, in quanto viola l’articolo 117, comma 3 della Costituzione e i principi fondamentali statali in materia di energia.
Il provvedimento violerebbe altresì anche l’articolo 117, comma 1, della Costituzione in quanto le normative regionali devono rispettare le direttive comunitarie volte a promuovere la massima diffusione delle energie rinnovabili, come evidenziato dalla giurisprudenza costituzionale.
La decisione assunta in Consiglio dei ministri soddisfa in primo luogo la società Sorgenia, detentrice della gestione dell’impianto e che aveva già presentato ricorso al Tar contro la misura varata in Calabria. Ad “esultare” è anche un ampio fronte politico che mette insieme pezzi della maggioranza di centrodestra e il Pd. Azione e Lega da un lato, i Dem dall’altro, hanno infatti depositato in Consiglio due distinte proposte di legge con la stessa finalità: abrogare la norma finita sotto i riflettori per salvaguardare così i posti di lavoro di chi opera all’interno della Centrale.
Qualche giorno fa, sull’emendamento della “discordia”, si è sfiorata la crisi politica. Il governatore Roberto Occhiuto, d’accordo in via sostanziale con quanto previsto nel testo presentato da Laghi, che peraltro raccoglie alcune prescrizioni inserite nel piano del Parco varato dalla Giunta regionale, ha minacciato di rassegnare le dimissioni da presidente della Regione in caso di voto favorevole all’abrogazione da parte degli esponenti della maggioranza. In Consiglio, tuttavia, è finita con un nulla di fatto perché il presidente dell’Aula, Filippo Mancuso, ha evitato di porre il tema all’ordine del giorno della riunione. Tuttavia, il dato politico resta ed è quello di un centrodestra dove convivono diversi orientamenti sul punto specifico.
Cosa succederà adesso? Occhiuto è convinto di essere dalla parte giusta e per questo è intenzionato a ingaggiare un braccio di ferro con il Governo nazionale davanti alla Consulta. La costituzione in giudizio, dunque, appare scontata. Meno lo è l’esito finale del contenzioso.
Home AMBIENTE E ENERGIA