Nota a cura della Professoressa Patrizia Del Puente in risposta al comunicato Unibas su eventuale collaborazione con centro di dialettologia
POTENZA – Di fronte alle dichiarazioni prima dell’assessore Cupparo e poi del Rettore dell’Università della Basilicata riguardo alla convenzione a sostegno del Centro Internazionale di Dialettologia mi corre l’obbligo di fornire alcune precisazioni, ad evitare che quanto da me finora pubblicamente dichiarato possa suonare eccessivo o insensato.
Da tempo era stato richiesto che il progetto sottoscritto il 21 febbraio 2019 con scadenza 2021 venisse prorogato, dato che nonostante l’intenso lavoro finora svolto esso non si era potuto concludere nei tempi previsti, soprattutto a causa della pandemia, e che l’operazione era a costo zero, in quanto delle cifre stanziate restava un consistente residuo.
Autorizzare una proroga prima della scadenza delle borse e degli assegni, come più volte richiesto, avrebbe consentito di mettere pienamente a frutto il lavoro già svolto, facendo operare in condizioni di serenità e senza interruzioni le ricercatrici e i ricercatori già all’opera. Per ragioni che ancora mi sfuggono ciò non è stato possibile, e senza che su questa decisione il mio parere fosse ascoltato Regione e Università hanno preferito far esaurire gli assegni e le borse già in corso per procedere, a quanto apprendo, a una nuova convenzione.
Ciò inevitabilmente richiederà nuovo reclutamento, con una consistente interruzione del lavoro: tenendo conto dei tempi tecnici per i bandi, va da sé che molto tempo andrà perduto. Non mi pare un’ottima notizia, soprattutto per le giovani ricercatrici e i giovani ricercatori, che non hanno alcuna garanzia di continuità del loro lavoro.
Beninteso, non sto difendendo le posizioni di singole persone, anche se la formazione al difficile lavoro della ricerca nel campo dialettale è opera difficile, e una volta che una professionalità si è formata non è saggio disperderla. Certo, le attuali ricercatrici e gli attuali ricercatori potranno nuovamente concorrere, e se sono brave e bravi – e lo sono – facilmente vinceranno. Non è detto però che, in assenza di prospettive più solide al di là dei 18 mesi, lo vogliano.
CentriCome Direttrice pro tempore del Centro, che venne a suo tempo istituito con durata fino al 2024 e previsione di ulteriore continuazione, mi ero in effetti battuta perché si intavolasse una discussione finalizzata a offrire ulteriore sostegno alle sue attività, al di là dei 18 mesi garantiti dalla proroga e fino eventualmente ad una stabilizzazione. Era mio dovere e mio mandato, ma di queste prospettive non vedo traccia negli annunci.
Anche sotto questo punto di vista mi pare quindi che avessi ragione nell’esprimere preoccupazione sul futuro del Centro, cui la convenzione in parola non offre risposte. Viene anzi ribadita una condizione provvisoria e a termine, senza una proiezione verso l’avvenire. Non è un grande riconoscimento per una preziosa attività che ha portato avanti progetti cruciali.
Questi erano i punti che io avevo posto all’attenzione di tutti. La notizia della prossima firma di una convenzione che restituisce al Centro quel che al fondo già gli spettava, a prezzo di una interruzione del lavoro e con il prevedibile scenario di un passo indietro da parte di ricercatrici e ricercatori che legittimamente chiedono una prospettiva più certa, non mi pare onestamente un’ottima notizia; e se avessi ritenuto che fosse un risultato sufficiente mi sarei ben guardata dal sollecitare pubblicamente una riflessione. Mi pareva e mi pare, per il rispetto che devo ad anni di lavoro, mio e soprattutto di tanti altri, che il Centro, e la Basilicata, meritino qualcosa di più e di meglio. Per questo avevo levato la mia voce, e non posso fare a meno di continuare a levarla.