Covid-19, alcune info utili dal mondo scientifico

EDITORIALE – Covid 19

L’inizio del 2020 è stato segnato e stravolto dalla diffusione del nuovo coronavirus.

Siamo stati bombardati da una serie di notizie, che a volte si sono rivelate anche false o contraddittorie e che hanno contribuito a seminare il panico in tutta la popolazione italiana.

Ho riportato in questo articolo, per mettere a disposizione di quanti leggeranno, le notizie che arrivano dal mondo scientifico, impegnato a livello mondiale nella lotta contro il coronavirus per poter arrivare al più presto ad una soluzione che sia un vaccino o una terapia antivirale.

Tutto è iniziato nel Dicembre 2019, quando sono stati rilevati nella città di Wuhan alcuni casi di polmonite con eziologia sconosciuta. I primi 27 casi segnalati sono stati poi tutti collegati al mercato all’ingrosso di frutti di mare di Huanan, un mercato in cui si vendono non solo prodotti ittici ma anche pollame vivo e animali selvatici.

 Il Centro Cinese per il Controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) e le autorità sanitarie cinesi hanno successivamente identificato e annunciato che il responsabile di queste polmoniti a Wuhan era un nuovo coronavirus SARS-CoV-2.

La malattia provocata dal nuovo Coronavirus è conosciuta come “COVID-19” (dove “CO” sta per corona, “VI” per virus, “D” per disease e “19” indica l’anno in cui si è manifestata).

Da dove proviene?

Quello che è emerso dagli studi effettuati sulla sequenza genica del virus è un’evidente similitudine tra SARS-CoV-2 e il coronavirus del pipistrello (identico almeno al 96%); pertanto questa evidenza sembra suggerire che il virus ci è stato trasmesso proprio dai pipistrelli. Tuttavia potrebbero aver avuto un ruolo, come ospiti intermedi del virus altri animali quali zibetti, serpenti e i pangolini. Questo fenomeno è ampiamente conosciuto nel mondo scientifico e viene chiamato spill over o salto di specie.

Che cosa è il coronavirus?

 Il coronavirus è un virus RNA (+ ssRNA) a singolo filamento, appartenente all’ordine Nidovirales, famiglia Coronaviridae e sottofamiglia Orthocoronavirinae. Secondo le caratteristiche del sierotipo e del genoma, la sottofamiglia del coronavirus è divisa in quattro generi: α, β, γ e δ. Esistono sei tipi di coronavirus noti per infettare l’uomo, tra cui il coronavirus associato alla sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERSr-CoV) e il coronavirus grave associato alla sindrome respiratoria acuta (SARSr-CoV).

Il SARS-CoV-2 è diverso dal MERSr-CoV e dal SARSr-CoV e diventa il settimo coronavirus a infettare l’uomo. Rispetto a SARSr-CoV e MERSr-CoV, SARS-CoV-2 determina una mortalità molto più bassa nei pazienti ma ha una capacità comparabile di infezione. 

Come si diffonde?

SARS-CoV-2 si diffonde da persona a persona tramite le goccioline del respiro e della saliva che si disperdono con tosse o starnuti oppure tramite mani e/o superfici contaminate, su cui i coronavirus possono rimanere infettivi fino a 9 giorni. Una disinfezione superficiale con 0,1% ipoclorito di sodio, 0,5% perossido di idrogeno, o etanolo al 62% -71% risulta comunque essere efficace contro i coronavirus entro 1 minuto. Altri agenti biocidi invece come il cloruro di benzalconio 0,05-0,2% e la clorexidina sono meno efficaci.

Pare sia possibile anche la trasmissione di tipo oro-fecale.

Anche il contatto stretto aumenta il rischio di trasmissione che sembra essere proporzionale alla gravità dei sintomi del paziente.  

Cosa si intende per contatto stretto?

 Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie definisce contatto stretto:

  • una persona che vive nella stessa casa di un caso di COVID-19;
  • una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso di COVID-19 (per esempio la stretta di mano);
  • una persona che ha avuto un contatto diretto non protetto con le secrezioni di un caso di COVID-19 (ad esempio toccare a mani nude fazzoletti di carta usati);
  • una persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso di COVID-19, a distanza minore di 2 metri e di durata maggiore a 15 minuti;
  • una persona che si è trovata in un ambiente chiuso (ad esempio aula, sala riunioni, sala d’attesa dell’ospedale) con un caso di COVID-19 per almeno 15 minuti, a distanza minore di 2 metri;
  • un operatore sanitario od altra persona che fornisce assistenza diretta ad un caso di COVID19 oppure personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni di un caso di COVID-19 senza l’impiego dei DPI raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei;
  • una persona che abbia viaggiato seduta in aereo nei due posti adiacenti, in qualsiasi direzione, di un caso di COVID-19, i compagni di viaggio o le persone addette all’assistenza e i membri dell’equipaggio addetti alla sezione dell’aereo dove il caso indice era seduto (qualora il caso indice abbia una sintomatologia grave od abbia effettuato spostamenti all’interno dell’aereo, determinando una maggiore esposizione dei passeggeri, considerare come contatti stretti tutti i passeggeri seduti nella stessa sezione dell’aereo o in tutto l’aereo).

Per quanto riguarda il periodo di incubazione, le stime attuali suggeriscono una media di 6,4 giorni (nel 95% dei casi dai 5,6–7,7 giorni), con un intervallo  che va da un minimo di 2,1 a un massimo di 11,1 giorni ma, dato che l’incubazione massima osservata è un periodo di 14 giorni, resta prudente considerare quest’ultimo come periodo d’incubazione.

Un altro punto chiave importante è il ruolo dell’immunità umorale che, come per altri coronavirus, potrebbe non essere abbastanza forte o di lunga durata per mantenere i pazienti al sicuro dal contrarre nuovamente la malattia.

In questo senso, studi recentemente pubblicati hanno stimato un numero riproduttivo di base di 3,28, superiore le stime iniziali dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) da 1,4 a 2,5 . Il numero riproduttivo di base è un indicazione di trasmissibilità virale, che rappresenta il numero medio di nuove infezioni generate da un singolo individuo contagioso in una popolazione totalmente ingenua; quando questo indice scende al di sotto di 1, si può considerare l’epidemia sotto controllo.

Ci sono prove che SARS-CoV-2 sembra essere stato trasmesso anche durante il periodo di incubazione di pazienti in cui la malattia è breve e aspecifica.

Nei pazienti sintomatici, la malattia può evolversi nel corso di una settimana o più, e si manifesta con febbre (quasi sempre presente), tosse non produttiva, mentre mialgia e affaticamento sono sintomi meno comuni.

Di tutti i casi identificati l’80% circa sono stati classificati come casi lievi, il 14% come  casi gravi e il 4,7% come casi critici.

Le complicanze più comuni sono:

1) sindrome da distress respiratorio acuto;

2) shock settico;

3) danno renale acuto;

4) lesione miocardica;

5) infezioni batteriche secondarie e infezioni fungine;

6) insufficienza multiorgano.

Il tasso di mortalità dei casi diagnosticati è del 2,3%, con un rischio crescente nei soggetti di età pari o superiore a 60 anni  (3,6% nei soggetti di età compresa tra 60 e 69 anni; 8% nei soggetti di età compresa tra 70 e 79 anni; e 14,8% nei soggetti ultraottanteni) e quelli con comorbilità (il tasso di mortalità nei casi in soggetti sani è stato dello 0,9%). I casi di decesso sembrano diminuire nel tempo (15,6%, 1-10 gennaio 2020; 5,7%, 11-20 gennaio 2020; 1,9%, 21–31 Gennaio 2020; 0,8% dopo il 1 ° febbraio 2020), sebbene non è chiaro se questo risultato sia dovuto alla crescente rilevazione di casi “lievi” nella popolazione generale o ad una migliore gestione della malattia.

ISS al 5 marzo 2020 L’età media dei pazienti deceduti e positivi a COVID-2019 è 81 anni, sono in maggioranza uomini e in più di due terzi dei casi hanno tre o più patologie preesistenti. Lo afferma una analisi sui dati di 105 pazienti italiani deceduti al 4 marzo, condotta dall’Istituto Superiore di Sanità, che sottolinea come ci siano 20 anni di differenza tra l’età media dei deceduti e quella dei pazienti positivi al virus.

ISS 6 marzo 2020 Per tutte le fasce d’età il tasso di letalità da Covid-19 in Italia è inferiore a quello che si registra attualmente in Cina. Lo rileva un confronto fra i dati cinesi e quelli italiani prodotti dall’Istituto Superiore di Sanità, secondo cui anche la letalità generale attuale nel nostro paese è inferiore a quello che si aveva in Cina nella prima fase dell’epidemia.

Sfortunatamente, ad oggi, non ci sono vaccini contro la SARS-CoV-2 e c’è la consapevolezza che

potrebbero essere necessari diversi mesi per effettuare test approfonditi al fine di  determinare la sicurezza e l’efficacia del vaccino prima di utilizzarlo su ampia scala; allo stesso modo, non esiste una singola terapia antivirale specifica.

Per cui il miglior modo per affrontare il Covid-19, ad oggi, è la prevenzione, applicando le direttive messe a disposizione dall’OMS e seguendo, responsabilmente, le ordinanze nazionali e locali.

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