Diritto penale della quarantena

EDITORIALE – Nei giorni scorsi, da quando l’emergenza covid-19 ha calamitato l’interesse nazionale e anche in Regione Basilicata sono state emanate le prime ordinanze del Presidente Bardi, su queste pagine digitali abbiamo parlato dell’articolo 650 c.p., rubricato “Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità”, norma per la quale “chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 206”.


Successivamente, con l’introduzione dei DPCM di marzo 2020 e dell’autocertificazione richiesta per motivare gli spostamenti da e verso la propria abitazione, abbiamo posto l’attenzione sull’art. 483 c.p. norma che punisce chiunque attesti falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, con la reclusione fino a due anni.


Oggi vogliamo affrontare le disposizioni contenute negli articoli 438 e 452 c.p., norme inserite nel Titolo VI del Libro II del codice penale e dedicate ai delitti contro l’incolumità.
Prima di addentrarci nell’esame delle norme voglio ribadire che il tema è sempre lo stesso, ad nauseam: occorre rimanere a casa ed evitare di uscire per ragioni non indispensabili.
Non sembri una esagerazione.

In situazioni come quelle che stiamo affrontando tali norme potranno trovare applicazione se non si rispetta il precetto di legge.


In particolare, l’art. 438 c.p. punisce con l’ergastolo la condotta di chiunque cagioni un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni.
Semplificando, è il caso di chi consapevole di essere contagiato si sottrae alla quarantena e infetta altri.


Il connesso art. 452 c.p. (“Delitti colposi contro la salute pubblica”) punisce anche chiunque commetta quei fatti per colpa, prevedendo la reclusione da tre a dodici anni se dal fatto deriva la morte di più persone e la reclusione da uno a cinque anni nei casi per i quali l’art. 438 c.p. prevede l’ergastolo.


La norma, inserita tra i delitti colposi di comune pericolo contro la pubblica incolumità, ha lo scopo di impedire che il contagio di malattie infettive si estenda in modo tale da danneggiare la sicurezza delle condizioni di salute della collettività.


I delitti colposi di cui alla presente norma vanno annoverati tra i reati di pericolo e non di danno. Di conseguenza, per la punibilità di essi non si esige la creazione di un pericolo concreto per la salute pubblica, essendo sufficiente che le condotte abbiano in sé l’attitudine a produrre nocumento alla salute pubblica.


Nel bilanciamento dei diritti costituzionali, il diritto collettivo alla salute prevale sui diritti dei singoli, pur astrattamente previsti dalla Costituzione.


Ma questo è sicuramente un tema che richiede ulteriore spazio di approfondimento.