DIVERSAMENTE ARTE, beni culturali e accessibilità universale

Con l’articolo di oggi voglio soffermarmi su un tema che negli ultimi anni ha assunto un ruolo sempre più prioritario nel campo dei Beni Culturali e nello specifico nelle attività volte alla loro valorizzazione e fruizione: quello dell’accessibilità universale.
Già a partire dalla definizione del termine Valorizzazione, così come risulta dal Codice dei Beni Culturali (testo aggiornato ai decreti legislativi nn. 62 e 63 del 26 marzo 2008, pubblicati nella G.U. n. 84 del 9.4.2008), ci si rende conto di quanto l’accessibilità sia un punto cardine. Infatti, l’articolo 6 del Codice dei beni culturali e del paesaggio definisce la valorizzazione come “l’esercizio delle funzioni e la disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura”.

Secondo l’art. 2 del Codice, poi, i beni “di appartenenza pubblica sono destinati alla fruizione della collettività”, evidenziando così lo stretto collegamento esistente fra valorizzazione e fruizione.
Dunque, l’accessibilità fisica e culturale appare quale requisito rilevante per rendere pienamente fruibili i beni e i siti culturali a qualsiasi utente, anche a chi può presentare condizioni di disabilità temporanee o permanenti di diversa natura, come ridotta capacità sensoriale, motoria o psichica. Non solo i disabili in senso stretto, quindi, ma anche chi soffre di disabilità temporanee o acquisite con l’età, chi non ha i mezzi materiali o culturali, per utilizzare gli strumenti impiegati o per leggere e capire le informazioni presentate.
In una società moderna ed inclusiva i concetti di accessibilità e fruibilità di un bene o di un sito devono per forza di cose coincidere.

Del resto, la valorizzazione del patrimonio culturale non può prescindere dalla fruizione pubblica dello stesso, che per essere compreso appieno ha necessariamente bisogno dell’esperienza diretta della persona. Negare la possibilità di avere una percezione completa ed esaustiva di uno spazio o di un oggetto di interesse storico culturale equivale a negare, di fatto, la possibilità di goderlo.
Il bene culturale, infatti, è oggi chiamato dalla collettività a rispondere costantemente delle proprie finalità. Non è più sufficiente, come in passato, limitarsi ad esporre. La vera sfida è riuscire a comunicare adeguatamente, essere al servizio dell’utenza e provvedere ad identificare e a soddisfare i bisogni espressi dai fruitori, specie laddove vi siano esigenze specifiche.
L’abbattimento delle barriere architettoniche ha rappresentato negli ultimi anni uno degli interventi di maggiore spessore messo a frutto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, anche attraverso l’istituzione  di una Commissione  Ministeriale che nel 2008 ha pubblicato le linee guida per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi di interesse culturale.

Personalmente, credo che garantire la fruizione di un bene o di un sito culturale da parte di tutti sia un dovere morale e civico, anche perché il patrimonio culturale appartiene all’intera collettività, è formato da beni comuni, quindi è giusto che tutte le persone debbano essere messe in grado di fruirne allo stesso ed identico modo senza preclusioni e differenze alcune.
Bisogna sempre di più sviluppare i concetti di inclusività, di partecipazione, di condivisione, nel fare ciò però non si deve ricorrere nell’errore, spesso commesso da alcuni musei, di sviluppare dei percorsi ad hoc per determinate fasce di utenza (ad esempio persone cieche, sorde o con ridotta capacità motoria) perché così facendo si va esattamente nella direzione opposta, in quanto si rischia di non essere inclusivi, ma anzi discriminanti. Bisogna cercare di trovare una soluzione quanto più possibile adatta alle esigenze di tutti, anche perché se si progetta tenendo conto dell’accessibilità universale sono tutti gli utenti a guadagnarci e non soltanto delle particolari categorie di persone.
Anche perché, è utile ricordare che spesso non è necessario avere una disabilità fisica per non riuscire ad avere accesso ad un’informazione, o a fruire appieno di un bene o di un sito culturale. In merito a ciò, va sottolineato che il numero di persone ostacolate da barriere culturali e cognitive è molto più imponente rispetto alle persone ostacolate da qualche tipologia di disabilità motoria o sensoriale. Non tutti, infatti, hanno un background culturale tale da riuscire a comprendere e utilizzare informazioni contenute ad esempio nelle guide turistiche, nei commenti alle opere e/o agli ambienti che si ritrovano nei musei.

In conclusione, riqualificare luoghi, beni e servizi di interesse culturale secondo interventi mirati ad elevarne il grado di accessibilità servendosi di una progettazione inclusiva è l’unica strada da percorrere. Anche perché solo così facendo si va incontro alle esigenze di tutti, poiché si concepiscono soluzioni che migliorano la fruizione della cultura da parte della collettività, attraverso espedienti formali e tecnologici per l’eliminazione degli ostacoli fisici e percettivi.
In una società dove la diversità, di ogni genere, continua prepotentemente a farsi sentire e a creare differenziazioni e pregiudizi questa appare l’unica soluzione possibile verso un mondo più giusto e soprattutto più umano.

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