EDITORIALE – La sua esistenza è testimonianza di volontà, di coraggio, di accettazione di enormi sacrifici, ma anche di capacità di resilienza e di voglia di riscatto
Qualche tempo fa, una lunga e piacevole chiacchierata mi permise di scrivere il racconto della sua vita esemplare, emblematica della forza e della determinazione di una persona speciale, in grado di mettere in campo le proprie potenzialità e la propria intelligenza nell’ottica di un bisogno di crescita e di autoaffermazione.

Traggo da quel racconto alcuni brani più significativi.
La campagna di Montepesco, una contrada di Lauria nei pressi del Lago della Rotonda, ha fatto da scenario alla sua infanzia. Tutti in casa avevano il dovere di non pesare sulle precarie condizioni economiche della famiglia. A Giacomina non mancavano la voglia di lavorare, lo spirito di intraprendenza e tanta energia. Era instancabile: zappava la terra, raccoglieva il grano, faceva i mannelli e i covoni, trasportava sacchi anche di 50 chilogrammi. Un altro lavoro che svolgeva con impegno e di buona lena era la raccolta di legna, che univa in fasci e veniva a vendere in paese al prezzo di cento lire.
Era appena quindicenne quando si fidanzò con Egidio, convolando a nozze all’età di 19 anni. E’ ancora vivo in lei il ricordo del giorno del matrimonio vissuto all’insegna della sobrietà, della semplicità e del rispetto delle tradizioni. Prima di recarsi in chiesa, Giacomina si inginocchiò davanti ai genitori, chiedendo scusa per i dispiaceri che aveva loro arrecato. Mamma Berardina, poggiandole una mano sulla testa, le disse: “Figlia mia, ti binidicu pi quandi stiddi ‘i latte t’aggiu datu”. Toccò poi a papà Domenico: “Figlia mia, ti binidicu, da dui cori n’avita fa uno”.
Le gravidanze e la nascita delle figlie Nicolina e Maria non la fecero desistere dall’abnegazione per il lavoro: incinta della prima figlia, Giacomina caricava sui camion la sabbia che veniva estratta da una cava della quale era proprietario il marito, aiutava il padre a segare tronchi di legno, faceva le fascine che veniva a vendere in paese, a piedi, affrontando ogni tipo di intemperie. Tanto il lavoro svolto, senza risparmiarsi, con una dedizione assoluta ai propri doveri di moglie e di madre.
Forse furono proprio la sua convinzione di essere forte, vigorosa e gli enormi sacrifici affrontati senza mai risparmiarsi che portarono il suo fisico a dare alcuni primi segnali di cedimento. Sopportò per qualche tempo una tosse persistente e un affanno che la costringevano ad interrompere qualsiasi attività; anche parlare diventava faticoso. Il ricorso ad una visita medica all’ospedale di Maratea fu provvidenziale.
Le riscontrarono un’asma bronchiale e le furono subito prescritte le cure adeguate da eseguire giornalmente con l’assistenza del medico di famiglia. Giacomina si trasferì in paese con le due piccole figlie (il marito lavorava in galleria); pesava trentacinque chilogrammi. Anche in paese non mancarono le privazioni e i sacrifici: dopo un primo periodo di ospitalità a casa di un’amica, mamma e figlie si adattarono a vivere in una piccola casa nel rione Casaletto priva di luce, di acqua e dei servizi igienici essenziali.
Un giorno, un’amica le comunicò che si vendeva il bar “Disco Volante”, in piazza Plebiscito. Nella mente di Giacomina si accese improvvisamente l’idea di comprarlo. Grazie al suo lavoro aveva una parte del denaro occorrente, il rimanente lo chiese in prestito ad un familiare. Dopo averne parlato con il marito, facendo ricorso alla capacità di intraprendenza e di coraggio propria del suo carattere, acquistò la licenza del bar. La sua “ruota” aveva incominciato a girare nel verso giusto! Non le sembrava vero! Le condizioni di salute erano migliorate e si ritrovava a gestire un esercizio commerciale nel centro storico del paese! Sveglia dalle prime luci dell’alba, lavorava tutto il giorno, accogliendo con il sorriso, con affabilità e cordialità i numerosi clienti. La sera, quando chiudeva la cassa, stentava a credere di avere realizzato così cospicui incassi.
Dopo avere pagato i debiti contratti per l’acquisto del bar, Giacomina pensò ad una sistemazione abitativa più comoda: comprò una casa sempre nel quartiere Casaletto da ristrutturare, dove la famiglia abitò per alcuni anni. Intanto la “ruota” della sua vita continuava a girare in una direzione favorevole, grazie soprattutto alla sua intraprendenza e alla sua determinazione di far volgere al bello anche le situazioni più difficili. Un problema da risolvere era il locale del bar, che i proprietari dovevano necessariamente ristrutturare: bisognava trovare una nuova sistemazione. Il caso volle che un amico la informò della vendita del palazzo Manfredelli, sempre in piazza Plebiscito. Senza perdere tempo Giacomina fittò una macchina da noleggio e si recò a Napoli per incontrare la proprietaria, donna Vittoria Manfredelli, con la quale stipulò il contratto di acquisto di uno dei palazzi più importanti e antichi di Lauria.

Non fu una decisione facile: tanti i milioni di lire che le occorsero per comprare l’immobile e per ristrutturarlo. Ma Giacomina, persona coraggiosa e risoluta, non si perse d’animo: vendette la casa nel rione Casaletto e integrò i suoi risparmi, frutto di tanto lavoro, con prestiti elargiti da amici e parenti ai quali va la sua perenne gratitudine e riconoscenza. Nell’anno 1975, il bar “Disco Volante” fu trasferito nei nuovi locali del palazzo completamente rimesso a nuovo.
Giacomina accoglieva tutti nel suo bar con cordialità e gentilezza, con un’affabilità e un garbo che erano espressione della sua indole buona e generosa. Il bar era luogo di ritrovo, punto di riferimento per incontri tra amici, ma anche il locale dove persone provenienti dalle contrade lasciavano i loro effetti personali da riprendere prima di ritornare a casa.
Dopo la donazione del bar al genero Antonio, volle fare anche a se stessa un dono che le consentisse di non sentirsi, dopo una vita oltremodo attiva, inoperosa e improduttiva. Acquistò un terreno nella contrada San Paolo dove costruì una casa circondata da un ampio spazio di terreno. Finalmente poteva dedicarsi di nuovo a quelle attività che avevano riempito la sua esistenza di giovane donna!

Ogni mattina, alle cinque, immancabilmente, si recava nella sua amata proprietà: accendeva il fuoco, lavorava a maglia, zappava la terra, piantava gli ortaggi, coltivava bellissimi fiori, allevava le galline. Mancando l’acqua per innaffiare le sue piantagioni, si adoperò anche per la costruzione di una cisterna che un caro amico provvedeva a riempire.
Dopo tanto lavoro, Giacomina ha vissuto gli ultimi anni della sua vita serenamente, circondata dall’affetto dei suoi cari e di tanti amici che la stimavano e ricambiavano con simpatia la sua affabilità e cordialità. Nelle sue tasche non mancavano mai le caramelle da donare a tutti quelli che incontrava quando usciva dalla chiesa, che frequentava quotidianamente con fede vera e autentica.

