di Paolo Siani
Sessant’anni sono una tappa importante per la vita di una persona. A 60 anni ci si avvicina alla terza età, il fisico mostra gli inevitabili segni del tempo, si comincia a intravedere il traguardo della propria attività lavorativa. Insomma, è una tappa veramente fondamentale nella vita di un uomo. Giancarlo invece resta giovane, sorridente, allegro, resta per sempre un precario dell’informazione, un abusivo. Sì, Giancarlo resta fermo ai suoi 26 anni, mentre io, che ero solo di 4 anni più grande, invecchio e adesso ne ho ben 34 in più. Giancarlo mi manca, ci manca da ben 34 anni. A me manca un fratello con cui confrontarsi, con cui condividere scelte, ma anche con cui gioire per le vittorie del Napoli. Alla città manca un cittadino onesto e alla stampa manca un giornalista-giornalista. Questo fa la camorra, impoverisce la società, porta via affetti, competenze, sottrae capitale umano. Distrugge la vita. E se pensate che le vittime innocenti della criminalità in Campania sono 500, allora capirete che danno enorme e quanta sofferenza la camorra abbia creato nella nostra regione. Un danno insopportabile a cui bisogna porre rimedio. Ma con orgoglio devo constatare che il ricordo di Giancarlo è ben vivo nei ragazzi di Napoli e in tante altre città d’Italia. Era il mio più grande desiderio, riuscire a non far dimenticare Giancarlo, era l’unica arma che avevo per ribellarmi a quella violenza così brutale. Era la mia risposta civile alla camorra. Una battaglia lunga, dura e tenace. Sarà il trentaquattresimo anno che non potrò festeggiare il compleanno di Giancarlo, ma anche qui mi aiutano i giovani studenti anti camorra di Napoli, che anche quest’anno festeggiano, con torta e champagne, i suoi 60 anni, nei pressi della sede de “Il Mattino”. Quest’anno, inoltre, diamo vita, insieme alla mia famiglia, alla “Fondazione Giancarlo Siani”. La Fondazione sarà guidata da Gianmario, che con Ludovica, darà nuova linfa e grande energia alle iniziative per Giancarlo. A me manca Giancarlo. Nemmeno il tanto tempo trascorso senza di lui è riuscito a rendere più lieve un dolore così grande. È un dolore che non si attenua mai, nonostante il cervello provi a rendere meno traumatica una così grave mancanza. Ma quando la perdita è così drammatica, anche il cervello si adatta al dolore e lo tiene lì. Ogni tanto, però, il dolore emerge. E fa male. “Giancarlo”, come scrive Chiara, “continuiamo a pensarlo come una persona fuori dal comune ed è per questo che sentiamo ancora il dolore per la sua assenza e abbiamo il desiderio di ricordarlo per sempre”.
Auguri Gianca’, auguri ovunque tu sia.