EDITORIALE – Che succede quando per tutta la vita sei stato giustizialista, hai urlato: “In galera!” e “Onestà, onestà!” e poi ti trovi ad essere indagato?
Che accade quando per una vita intera hai sbattuto il mostro in prima pagina e poi succede che è tuo figlio il mostro dato in pasto ai mass media?
Che si fa quando per tutta la vita hai predicato che le intercettazioni dovevano essere pubblicate sui giornali anche nelle parti non riferibili a reati perché il popolo deve sapere e non si può aspettare fino al passaggio in giudicato della sentenza e, però, poi sei tu a finire intercettato e anche la tua vita intima e personale viene data in pasto all’opinione pubblica senza filtri e censure?
Succede semplicemente che, d’un tratto, diventi garantista.
In molti casi, sia chiaro, solo per te ed i tuoi cari, giammai come impostazione ideale, giusto un po’ garantista, quel tanto che basta a dire che si è innocenti fino a prova contraria, quel poco che basta a dire che il processo mediatico è un tritacarne che non lascia scampo né appello.
La cronaca giudiziaria, recente e meno recente, ha evidenziato molte storture in materia di giustizialismo e processo mediatico.
Dal caso del magistrato con il trojan a quello del figlio del guru elevato accusato di stupro a finire ai giornalisti intercettati per le loro inchieste sull’immigrazione.
Tutti loro, con diversa intensità e sfumature, alcuni con garbo altri con arroganza altri in un delirio scomposto e urlato, hanno posto all’attenzione del grande pubblico il tema del giusto processo, della presunzione di innocenza, della selezione del materiale di indagine da pubblicare.
Certo lo hanno fatto perché implicati in prima persona o come categoria e non perché sia un tema universale o condiviso.
Eppure anche quando le motivazioni sono sbagliate, a volte anche se solo sintomo di una doppia morale tipica di chi è abituato alla caccia alle streghe, un pizzico di utilità sociale può esserci anche nel caso del papà che urla l’innocenza del figlio, del giornalista che si lamenta della pubblicazione di intercettazioni che lo riguardano, del magistrato che denuncia un sistema in cui ha prosperato fino ad un minuto prima.
Certo sarà dura fare digerire a chi per una vita intera ha scritto e urlato dei guai giudiziari del papà di …, del cognato di … che oggi bisogna essere garantisti perché il figlio di … è accusato di violenza sessuale di gruppo e le indagini sono lunghe e, nel frattempo, monta la gogna mediatica.
Se ci riusciranno e, soprattutto, se riusciranno a fare capire che il garantismo vale non solo per sé ma per tutti, allora anche i deliri scomposti del guru elevato avranno fatto del bene al dibattito pubblico.
Se invece il principio di non colpevolezza vale solo per sé e per i propri dovremo ancora pazientare e aspettare tempi migliori.
Nel frattempo, ovviamente, non dimenticheremo chi ha lucrato politicamente sulla barbarie del linciaggio mediatico e social urlando: “Dimissioni e tutti a casa!” e rivendicando una presunta superiorità morale che alla prova della coerenza si è dissolta come neve al sole.