Il lato oscuro della dieta senza glutine

La dieta senza glutine è il pilastro del trattamento per la celiachia, un’infiammazione cronica dell’intestino tenue scatenata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti e che può portare, ad una progressiva riduzione dei villi che rivestono l’intestino tenue (atrofia dei villi), fino alla loro completa scomparsa e quindi ad un problema di assorbimento delle sostanze nutritive.
La celiachia colpisce mediamente l’1–1,5% delle popolazioni occidentali ma, la sua incidenza sta aumentando in tutto il mondo, anche nei paesi dell’estremo oriente; una tendenza condivisa da molte altre malattie autoimmuni.

Parallelamente all’aumento della prevalenza dei disturbi legati al glutine, il numero di persone che cercano empiricamente di evitare il glutine, per una varietà di segni, ragioni e sintomi, aumenta gradualmente e continuamente. Lo stile senza glutine è diventato un vero e proprio trend, spesso pubblicizzato anche sui social e da diversi libri che ne alimentano così la sua popolarità. Gli oppositori e gli approvatori del glutine sono diventati in prima linea nelle discussioni nutrizionali popolari e “mangiare senza glutine” è diventato il mainstream delle popolazioni occidentali; basti pensare che negli ultimi anni quasi un terzo degli americani afferma di aver eliminato, tentato di eliminare o ridurre la quantità di glutine alimentare che consumano e che attualmente, circa il 25% della popolazione riferisce di mantenere una dieta senza glutine “homemade”.

L’opinione comune è che gli alimenti senza glutine (GF) siano più sani; ma non solo non ci sono prove a sostegno di tale affermazione, si ritiene anzi che generalmente, gli alimenti gluten-free siano meno adeguati dal punto di vista nutrizionale rispetto ai prodotti standard: più ricchi di grassi saturi, zuccheri e sodio, poveri di fibra e minerali, non abbastanza fortificati con calcio, ferro, folati e vitamine. (vedasi Tabella)

Esistono poi due categorie principali di composti potenzialmente tossici a cui sono maggiormente esposti gli individui che intraprendono una dieta senza glutine: i metalli pensanti quali piombo, cadmio, mercurio e arsenico (contenuti maggiormente in pesce e riso) e, gli enzimi usati come additivi alimentari nei prodotti senza glutine trasformati (es. la transglutaminasi microbica mTg imita in modo funzionale l’autoantigene del CD, vale a dire la transglutaminasi tissutale).
Uno studio recente, ha dimostrato che le persone che seguono un regime dietetico privo di glutine, compresi i pazienti non celiaci, hanno aumentato i livelli urinari di arsenico e livelli ematici di mercurio, piombo e cadmio rispetto alle persone che consumano glutine. Poiché la maggior parte dei consumatori del senza glutine oggi, sono persone non celiache, questi risultati attribuiscono l’accumulo di metalli pesanti tossici alla dieta restrittiva del glutine, piuttosto che alla celiachia stessa.

Un motivo in più per evitare la moda “fashionista” senza glutine.
L’eliminazione del glutine dalle proprie abitudini alimentari, causa inoltre alterazioni del microbiota, protagonista indiscusso di svariate ricerche scientifiche e che assume un ruolo sempre più importante nel mantenimento dello stato di salute umana.
Uno studio ha riportato che su individui sani, senza morbo celiaco o sensibilità al glutine riconosciuta, l’astensione dal glutine, da sola, ha creato un ambiente gastrointestinale pro-infiammatorio il 100% delle volte.

I ricercatori hanno concluso che: quando gli individui interrompono il consumo di grano, l’assunzione ridotta di polisaccaridi (prebiotici) crea uno spostamento nella diversità del microbioma intestinale, verso una popolazione patogena, riducendo così la competenza del ruolo immunomodulatore del microbioma. Considerando che il grano fornisce il 78% e l’orzo il 3%, insieme l’81% di oligofruttosio e inulina un regime gluten-free non guidato, che non sostituisce intenzionalmente questi prebiotici, corre il rischio di creare uno stato di “fame” per i probiotici residenti, che muoiono, creando un ambiente pro-infiammatorio.
Attualmente, il grano è il cereale più coltivato al mondo e nei paesi temperati, fornisce circa il 50% dell’apporto calorico totale, nonché sostanze di notevole importanza per il mantenimento di un buono stato di salute, quali fibre alimentari, vitamine del gruppo B (B1, B2, B3, B6, B9) e micronutrienti minerali, in particolare ferro, zinco e selenio.
Riassumendo, la dieta senza glutine è l’unica terapia dimostrata per la celiachia. Tuttavia i prodotti GF soffrono di alcune limitazioni ed effetti collaterali.

Limitare quindi l’assunzione di grano, senza il supporto guidato di un dietista, nutrizionista o di un medico, può avere gravi conseguenze per la salute, relative alla mancata assunzione di nutrienti essenziali e altri componenti benefici, inoltre la restrizione del glutine deve essere accompagnata da alimenti più sani aumentando l’assunzione di pseudo – cereali, frutta e verdura ricche di polifenoli, incoraggiando cibi naturalmente Gluten Free, per ricostruire un non equilibrato microbioma infiammatorio e per evitare la tossicità di prolamine alternative non contenenti glutine.