LAURIA (PZ) – Non è stata la prima volta che mi sono trovato a moderare un evento sulla collana dei Luoghi Ideali dell’amico (innanzitutto) e giornalista Sergio Ragone, ma la presentazione di ieri a Palazzo Marangoni di Lauria ha avuto un sapore e un significato particolare. Non perché mi trovassi nella mia cittadina, ma perché l’impatto col pubblico è stato subito confidenziale e gioioso, nella bellezza e gioia di ritrovare in prima fila il Direttore e amico Mario Lamboglia, con la sua inseparabile telecamera e simbolo di amore e attaccamento per il nostro mestiere, e anche nel vedermi di fronte facce sorridenti e rilassate pronte a godersi una chiacchierata tra amici perché, come sempre, di questo si è trattato.
Il sindaco di Lauria Angelo Lamboglia, nel salutare la platea, ha ricordato gli anni della sinistra giovanile in cui con Sergio non sempre si andava d’accordo su programmi o intenti, ma anche la spontaneità con cui Ragone da sempre ha amato e percorso i luoghi della nostra regione. La “severità” imprenditoriale di Antonio Candela, giovane editore lucano che insiste sulla visione di una regione che crei cultura e impresa, attraverso hub culturali in cui discutere e programmare.
Ci sono stati poi gli “intermezzi” che non ti aspetti, quelli che solo gli oratori veri sanno riempire, come Carmine Cassino, che quattro anni fa fu intervistato sulla sua visione di Potenza città e oggi si ritrova a insegnare nel capoluogo lucano, a dimostrazione che ciò che scrivi, il più delle volte, è forse ciò che poi si avvera. Poi c’era il senatore Gianni Pittella, che sposa in pieno la proposta di Candela, aggiungendo che però servono anche “l’industria, le infrastrutture e tutto ciò che possa aggregare una comunità, quella lucana, che da sempre è sinonimo di operosità e laboriosità”. Poi c’è il suo rapporto con Sergio, braccio destro di molte campagne elettorali, riassunte quasi in un metaforico “l’ho inventato io” alla Pippo Baudo maniera. Aneddoti che variano dal suo attaccamento alla terra lucana, fino alla sua creatività innata, a volte “poco costante, ma sempre geniale e didascalica”, come più volte il senatore dem ha sottolineato.

Poi Sergio Ragone prende la parola, e non ha bisogno neppure della mia domanda di apertura, perché tutti i contributi sono stati dei piccoli tasselli di un puzzle in cui manca solo la cornice finale, da porre e richiudere poi. Va oltre gli stereotipi il giornalista potentino, odia le etichettature che vogliono “Matera simbolo di riscatto” o “Maratea Perla del Tirreno”, fino alla forzatura che da sempre dipinge il sud come “gomorroico”. Ragone analizza anche la crisi di ideali e di dialogo, con una politica che da “troppo tempo ha smesso di domandare e domandarsi”, concludendo con il messaggio a lui più caro, un appello “ad avere cura dei propri luoghi, perché vuol dire avere a cuore i propri sentimenti”.
Infatti il luogo ideale può essere ovunque ci sia un’identità, un riconoscersi o un ritrovarsi, e ieri sera è stato Palazzo Marangoni, come a fine agosto lo è stato una terrazza di Rivello. Questa è la bellezza di un dialogo spontaneo e sincero, perché le visioni, il più delle volte per poterle realizzare, basta condividerle. Come è successo in un bar tra amici, dove è nata la visione o “utopia” (all’epoca), di candidare Matera a Capitale Europea della Cultura.
