«Il PD regionale deve assumersi la responsabilità di quello che sta succedendo. Una alleanza delle forze democratiche qui è possibile. Non serve mostrare i muscoli e continuare un braccio di ferro inutile e perdente»

Riceviamo e pubblichiamo la nota sulla situazione politica nel centrosinistra di Angela Lombardi, docente della scuola pubblica, già parlamentare del PRC.

La direzione del Pd di qualche giorno fa impone una riflessione anche oltre il Pd. Nutro molto rispetto per i partiti politici e seguo i dibattiti di quelli che considero “di famiglia” con maggiore attenzione perché mi aspetto sempre quel quid di comprensione della realtà che giustamente i gruppi dirigenti possono e devono indicare a noi cittadini, in particolare a quelli impegnati in diversi ambiti. Non sfugge a nessuno di noi che la direzione di domenica scorsa doveva essere uno di quei momenti apicali del ragionamento politico molto oltre i destini della sola, piccola e sempre più desolata Basilicata. Non a caso ha visto la presenza di ben due dirigenti nazionali. Purtroppo, per ragioni che mi sfuggono, forse uno dei tanti segni decadenti da strapaese, la direzione non ha centrato l’obiettivo ed ha partorito l’ennesimo topolino.

Siamo in un tornate difficile, almeno io, sento sempre più forte il rumore della gelida bora della guerra, quella atavica modalità che il potere utilizza tutte le volte che bisogna imporre un nuovo ordine mondiale. Un vento dell’est freddo perché mette a rischio anche le “nostre case calde” e ci sputa in faccia le ragioni forti di Stati Uniti d’Europa che oggi più di ieri sono a rischio, assediati dall’avanzare della cultura guerrafondaia e dall’avanzare di destre estreme nazionaliste in molti Paesi. Compreso il nostro, luogo strategico per l’Europa, dal punto di vista degli ideali e dal punto di vista geopolitico. Giorgia Meloni ha qui incassato una maggioranza parlamentare salda, grazie ad un larghissimo astensionismo che in una democrazia matura europea, non statunitense, dovrebbe essere uno di quei problemi a cui rispondere con forza perché solo nella partecipazione e nella fatica di determinarla si possono trovare strade nuove. La destra al governo si mostra tale e quale è: assedia i poveri, annulla il Reddito di cittadinanza e mostra i muscoli a Cutro, costruisce relazioni anti-povertà con le destre fuori e dentro l’Europa, spacca il paese in due, usa i manganelli contro i ragazzi e pensa al premierato per assediare fino in fondo la Costituzione, già ferita. Insomma, sotto questo cielo le elezioni lucane sono molto di più, soprattutto perché qui un vento di destra non esiste, è esasperante piuttosto la crisi delle forze moderate, democratiche e di sinistra che hanno perso consenso, alimentato l’astensionismo e regalato via Verrastro a una banda imbarazzante. Oggi, con il capo coperto di cenere, bisognerebbe fare penitenza e rafforzare il tentativo necessario al destino dell’Europa di unire tutte le forze democratiche per risalire la china, per progettare un altro sud in un Paese che reagisce e non si accascia. Si può e si deve fare, come minimo, continuando sulla strada tracciata in Sardegna.

Le manganellate sugli studenti a Pisa (fonte: VanityFair – FOTOGRAMMA/IPA-AGENCY.NET)

Una alleanza delle forze democratiche qui è possibile e i gruppi dirigenti devono, per essere riconosciuti, lavorare a questo esito. Non serve mostrare i muscoli e continuare un braccio di ferro inutile e perdente. Noi ci aspettiamo di più. Ci saremmo attesi un dibattito largo e partecipato, va bene in compenso si è lavorato almeno ad avvicinare le posizioni di M5S e Pd, punto essenziale per allargare ulteriormente l’alleanza. Ora è il tempo di procedere in questa direzione.

A novembre è emersa la candidatura di Chiorazzo, imprenditore, a Presidente di una coalizione che, anche grazie a lui, sarebbe diventata più larga. Da allora ad oggi questa candidatura ha prodotto soprattutto effetti indesiderati: non ha allargato la coalizione, ha rotto l’intesa M5S e Pd ed ha spinto forze moderate verso destra. Insomma, non alimenta entusiasmi di nessun genere. Neanche nel corpo vivo della società si sono manifestati segni di vita, piuttosto si avverte una sorta di noia depressiva che porterà tutti noi al voto come rito di una democrazia stanca. Non leggere questi segni decisivi è frutto di grave miopia a cui porre al più presto rimedio. Leggere l’appello promosso da pezzi di importante società civile lucana a sostegno di Iannuzzi come una sorta di trappola tesa al Pd in accordo con il M5S dice che forse non abbiamo riflettuto sulla portata di queste elezioni. Le relazioni corte possibili in questa regione ci consentono di dare un volto alle firme in calce all’appello. Non sono parte del Movimento, li conosciamo, sono persone autonome con idee di sinistra e tutte impegnate nel sociale. Hanno scritto perché vogliono partecipare, contribuire all’interesse generale. Forse sbagliano, ma esprimono un sentimento che sembra diffuso e non deve essere messo tra parentesi. Lo so, qualcuno pensa che io, da solita post-comunista, sono ostile ad un Presidente imprenditore. Non ho pregiudizi nei confronti di chi fa l’imprenditore, anzi in alcuni casi riconosco a queste figure molti pregi. Non mi sento rappresentata dagli imprenditori che si buttano in politica sostanzialmente perché finiscono con il confondere l’impresa con la cosa pubblica. È facile confondere i piani. È stato questo il frutto più avvelenato del berlusconismo e purtroppo a sinistra non lo abbiamo capito focalizzando l’attenzione su altri elementi pure doloranti. Non voglio divagare e mi chiedo se lo scarso consenso attorno all’imprenditore non sia invece legato al fatto che l’idea del primato dell’impresa sulla cosa pubblica è ormai solo una favola della globalizzazione morente. Non è un caso che per esempio in campo per la nostra parte ci sono personalità della nuova politica, Todde, o personalità accademiche, D’Amico. Possibile che non si riesce a far emergere una figura di uomo o donna da proporre a Presidente che possa alludere al futuro che vogliamo con al centro pace, accoglienza e solidarietà senza pescare nell’immaginario del passato? In questa convinzione c’è una grande ingenerosità per questa terra.

Alessandra Todde, neoeletta presidente della Regione Sardegna, insieme a Giuseppe Conte ed Elly Schlein, poco dopo la vittoria elettorale

Vogliamo contribuire alla costruzione di un mondo diverso, non siamo fuori dal mondo, e sappiamo che un’altra possibilità passa anche da qui. Ecco che torno all’inizio e non capisco una Direzione di un partito protagonista di questo processo che si chiude su un candidato a costo di rompere la coalizione e a costo di regalare alla destra pezzi moderati che possono allargare il nostro fronte. Non c’è dubbio questo atteggiamento consegna la Regione alla destra e una parte della società alla sfiducia ulteriore espressa anche con l’astensione.  Questa volta non potrete non assumere su di voi la responsabilità di non aver saputo fare sintesi. Questa volta non potrete liquidare la faccenda con l’irresponsabilità dei M5S e degli altri. Sono i vostri rancori che vi ancorano al passato a tutti i costi. Mi aspetto di più dalla classe dirigente. Non è ancora tutto perduto e per la prima volta confido nella Segreteria Nazionale, che giustamente minaccia di non dare il simbolo, perché ha chiara la posta in gioco. Mi piacerebbe molto che per una volta in nome dell’interesse collettivo si potesse dire “rimettiamoci a lavoro” con l’umiltà necessaria e contribuire a far soffiare un vento nuovo non proprio il caldo scirocco del sud, ma almeno un tiepido libeccio.

Angela Lombardi

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