MATERA – Il resoconto dell’evento promosso dall’ordine dei periti industriali nazionale, svoltosi a Matera lo scorso 22 e 23 novembre, è stato occasione per incontrare il Presidente dell’ordine della provincia di Potenza Angelo Argentieri, e trattare un bilancio sulle sfide di questa figura professionale sempre più al centro di servizi e responsabilità.
Un tavolo tecnico aperto ai periti industriali per vincere la sfida tecnologica dei beni culturali. Parola di Giampaolo D’Andrea, consigliere del ministro per i beni culturali e assessore alla cultura del Comune di Matera. La proposta è arrivata davanti a una platea di periti industriali presenti al convegno “La sfida tecnologica dei beni culturali: il ruolo del perito industriale”, organizzato a Matera lo scorso 22 novembre dal Consiglio nazionale dei periti industriali, dalla Fondazione Opificium e dall’Ordine dei periti industriali di Matera con l’obiettivo di approfondire le modalità con cui oggi le tecnologie intervengono nella valorizzazione del patrimonio culturale, evidenziando come le competenze tecniche possono essere messe al servizio dell’industria culturale.
Il contesto
Chiaro il punto di partenza: la tecnica e la tecnologia stanno cambiando significativamente l’approccio verso la cultura, definendo nuove modalità di fruizione dei beni culturali, consentendo una maggiore valorizzazione del bene culturale. É in atto un’evoluzione da un approccio di tipo conservativo alla cultura (la tutela del bene) ad uno di valorizzazione. Un approccio che rispecchia un ripensamento nella gestione del bene culturale, in una logica che oltre a salvaguardare gli aspetti valoriali possa dare al Paese un contributo in termini di prodotto e occupazione. Ma è una sfida che deve essere colta a pieno per recuperare quel ritardo endemico tutto italiano.
I numeri
Nel 2017 l’Italia, primo Paese al mondo nella graduatoria dei siti Unesco, sede di opere architettoniche e artistiche uniche, presentava una dimensione del settore culturale fortemente contenuta se comparata al ruolo che questo ha in altri Paesi. Con un numero di lavoratori (309.000, pari all’1,3% del totale) coincidente con la metà di quello di Regno Unito (755.000) e Germania (670.000), e di molto inferiore rispetto a Francia (556.000) e Spagna (409.000). Anche il valore aggiunto prodotto in Italia di 12 miliardi di euro (contro i 35 miliardi della Germania e i 26 miliardi della Francia) contribuisce solo per l’1,1% a quello totale del Paese (meno che negli altri Paesi europei).
Tecnica e tecnologia al servizio dei beni culturali
In questa visione che punta alla valorizzazione del bene culturale, tecnica e tecnologia hanno un ruolo fondamentale nella gestione, organizzazione e fruizione del bene culturale. Molto c’è da fare però: a fronte di un utente sempre più “digitale” che sceglie online (il 68%del totale dei turisti) i luoghi da visitare o in cui andare in vacanza, solo 1 museo su 2 ha un sito navigabile da cellulare, il 15% delle istituzioni culturale usa realtà virtuale (16%), realtà aumentata (12%) e videogiochi (10%) come modalità di ingaggio e interazione con il visitatore. Il 17% delle istituzioni culturali dichiara di avere un’app mentre il 62% prevede di inserirla a breve (Dati Osservatorio Digital Innovation del Politecnico Milano). Nonostante il 78% dei musei dichiari di avere un sistema di biglietteria (nei musei ad accesso gratuito spesso manca un sistema di biglietteria e di controllo degli accessi), solo il 20% consente l’acquisto online del biglietto stesso. Inoltre, solo l’8% delle istituzioni consente di effettuare l’ingresso senza dover stampare il biglietto su carta. Un discorso a parte merita l’attività di catalogazione. Il 68% dei musei dichiara di avere un sistema informatizzato per questa attività, ma il catalogo cartaceo è diffusissimo (il 53% dei musei ha più della metà della collezione schedata così). Dunque la strada da compiere è ancora molta.
Il futuro
“A partire dalla consapevolezza del ritardo da cui marciamo rispetto alla prima sfida digitale” ha aggiunto ancora D’Andrea”, dobbiamo recuperare un po’ del tempo perduto, anche con il supporto delle professionalità adeguate. Questa sinergia con i periti industriali, dando il via ad un tavolo tecnico sulla materia, “si potrebbe sostanziare con alcune proposte declinate magari attraverso il protocollo d’intesa che il ministero dei beni culturali ha già siglato con quello dell’istruzione, università e ricerca”.
Dunque se è vero che le istituzioni culturali sono nel mezzo di un processo di cambiamento influenzato dalle nuove tecnologie, è altrettanto plausibile che in questa prospettiva nuova il ruolo del perito industriale –da sempre detentore del sapere tecnico- diventa centrale per favorire quel trasferimento tecnico e tecnologico alla cultura. Ma con diverse accortezze. Innanzitutto come ha sottolineato Francesco Canestrini, Sovraintendenza archeologica, belle arti e paesaggio della Basilicata, la vera sfida dei professionisti e delle istituzioni, “é proprio quella di trovare delle soluzioni tecniche che siano compatibili con il bene culturale”.
“In questo processo di fruizione della cultura” ha aggiunto ancora Darko Pandakovic, Docente di Architettura del Paesaggio alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano e consulente Unesco, “la specificità dell’esperto è quella di saper coniugare il sapere con il sapere far, competenza tipica del perito industriale”.
Le tecnologie ha poi detto Giovanni Schiuma, Direttore del CLabUnibas e Professore di Gestione dell’Innovazione all’Università della Basilicata “sono degli strumenti abilitanti con potenzialità infinite, questo significa che le opportunità possono essere infinite. Ma in questo processo i periti industriali possono entrare in due modi, da un lato imparare a sviluppare nuove tecnologie per meglio gestire e valorizzare i beni culturali, dall’ altra studiare per applicarle al meglio individuando le soluzioni di volta in volta più idonee e a diventando essi stessi dei tecnologici”.
“Se digitale dice infine Romina Surace – Ricercatrice Fondazione Symbola, “vuol dire ripensare il valore del museo, questo però presuppone anche una visione diversa di museo del futuro che deve configurassi sempre di più come un sistema aperto a tutta la comunità scientifica. Perché l’utente non è più solo un fruitore ma partecipa attivamente al processo.
In questo processo di evoluzione dei beni culturali chiude infine il presidente del Consiglio nazionale dei periti industriali Claudio Guasco, “le nostre competenze possono essere messe a frutto proprio per la valorizzazione del bene sia progettando impianti e tecnologie più funzionali sia cavalcando l’onda del digitale. In questo senso la multidisciplinarietà della nostra professione permette una presenza a tutto tondo e un intervento ad ampio spettro in questo mercato”.
Presidente Argentieri, nel suo intervento a Matera ha sottolineato le difficoltà dei piccoli collegi territoriali...
Sostanzialmente i piccoli collegi territoriali soffrono di un mancato equilibrio fra iscrizioni e cancellazioni dei propri iscritti dovuto, in questo periodo storico, ad un rallentamento del ricambio generazionale emerso negli ultimi anni. Tutto ciò genera enormi difficoltà di gestione organizzativa e amministrativa da qualche anno ulteriormente aggravate dalle regole introdotte (sacrosante) della formazione continua.
L’altro elemento che genera difficoltà è l’estrema diversificazione delle specializzazioni professionali e delle modalità di esercizio a livello territoriale, che se da un lato testimonia la pluralità degli ambiti di competenza e di attività dei periti, dall’altro lato contribuisce ancora di più a renderne un’immagine indistinta e frammentata. Tale elemento è molto importante, soprattutto nella prospettiva di definire un’immagine della professione “nuova”, al passo con i tempi, e più appealing per i giovani:un’immagine che però per risultare efficace, dovrà riuscire non solo a fare maggiore sintesi delle specializzazioni interne, ma anche tentare di superare quella connotazione fortemente territoriale dell’identità professionale, che appare oggi un tratto distintivo della categoria, ma al tempo stesso un limite alla sua politica di espansione regionale.
Durante il mio intervento ho voluto testimoniare, soprattutto per i colleghi Presidenti dei collegi piccoli (per intenderci fino a 250 iscritti), la nostra esperienza, positiva, di gestione Consortile. Attraverso la oculata gestione affidata ad un Consorzio pluri-ordini riusciamo a tenere i conti in ordine ed espletare tutte quelle attività istituzionali e amministrative necessarie. Inoltre ci tengo a sottolineare che siamo il collegio con la più bassa quota di iscrizione d’Italia
Una nota di colore, molto apprezzato dai suoi colleghi nazionali l’intervento del primo cittadino Raffaello De Ruggeri e la location materana…
L’intervento del primo cittadino di Matera è stato straordinario addirittura (dichiarato da alcuni colleghi che lo ascoltavano per la prima volta) commovente nel descrivere la “sua Matera” e nel rimarcare ormai quello che per lui è diventato un motto “Qui c’è il modello di un turismo vincente – Matera, dalla vergogna al riscatto”.