“Il viaggio di Ulisse”. Insieme per trasmettere storie e memorie di luoghi, di tradizioni e di persone

EDITORIALE – E’ questo il titolo della manifestazione che si è svolta domenica, 9 febbraio 2025, nella Sala Consiliare del Comune di Lauria. L’iniziativa fa parte del Progetto “Biblioteca della socialità”, che vede coinvolti i volontari delle biblioteche comunali di Lauria, Rotonda e Trecchina. L’obiettivo è la conoscenza dei nostri luoghi seguendo le descrizioni contenute nei racconti di autori locali, la narrazione di biografie riguardanti persone vissute in questi posti nel passato e di testimonianze orali di persone che oggi hanno scelto di stabilirsi in queste zone.

Di grande interesse e di considerevole spessore culturale gli interventi  di Antonio Boccia, Franco Fittipaldi, Mario Lamboglia, Alina Nastaca, Ginetta Scaldaferri, Biagio Sisinni, i rifugiati del Progetto SAI.

Molto apprezzato l’intervento del sindaco Gianni Pittella, che ha espresso il suo encomio ai volontari della Biblioteca Comunale per avere creato quasi dal nulla una realtà di notevole importanza per l’alto valore culturale che svolge nel nostro territorio. Il Sindaco, poi, ha posto l’accento sulla formazione dei giovani che non può essere affidata solo ai social; essa non può prescindere da un approccio culturale che abbraccia i luoghi, la memoria storica, le persone, le loro tradizioni.

Il mio intervento è consistito nella lettura del brano che parla del matrimonio tra Minicuccia e Pietro, tratto  dal mio racconto “Un Piccolo Mondo”  inserito nel libro sul dialetto “Jennu venennu…buttuni cugliennu…” a cura di Pina Calcagno, di Rita Galietta e della sottoscritta. 

Ne riporto una sintesi. 

“La mattina del 15 settembre 2020, all’alba, sono tutti svegli. Un lungo tavolo, preparato con assi di legno poggiati su cavalletti, è apparecchiato sotto il pergolato poco distante dalla casa della sposa. 

La giornata è splendida: non una nuvola nel cielo terso e limpido.

Quando la sposa compare sulla soglia, tutti battono le mani e le buttano il riso.

E’ veramente bella Minicuccia! L’abito, color crema, è aderente nel corpino mentre dalla vita scende svasato. Lo scollo e il bordo della gonna sono orlati con un merletto di tulle dalla tonalità poco più accesa. Un fazzoletto dello stesso tulle orna il viso e si poggia sulle spalle. Le scarpe, dei sandali con un piccolo e comodo tacco, sono dello stesso colore del vestito.

Minicuccia si avvicina ai genitori, si inginocchia e chiede loro scusa per non essere stata sempre una brava figlia. Filuccia le mette una mano in testa e dice: 

Figlia mia, ti binidicu pi quandi stiddi ‘i latte t’aggiu datu”.

Poi tocca a papà Pascale che, commosso, aggiunge:

“Ti binidicu, da dui cori n’avita fa unu”.

Quando s’incamminano verso il paese, il sole non è ancora sorto. Davanti alla chiesa di San Nicola sono in attesa amici e parenti di Pietro, lo sposo, provenienti da Trecchina.

La cerimonia si svolge in maniera semplice e breve.

Ormai il sole è alto nel cielo e fa caldo. Pietro e Minicuccia s’incamminano tenendosi per mano, tutti gli altri li seguono. Cumba Nicola suona l’organetto, qualcuno canta, altri chiacchierano allegramente. Dopo la lunga camminata, sono tutti affamati  e non vedono l’ora di assaporare le gustose pietanze preparate il giorno prima, alle quali stanno dando l’ultimo tocco le sorelle di Filuccia.

Agli sposi è riservato il posto di onore, a capotavola, vicino ai genitori.

Finalmente si mangia! Si inizia con la minestra, seguono la carne bollita e la pasta asciutta. Dopo una breve pausa, vengono portati a tavola dei grandi piatti contenenti vari tipi di carne, insaporiti con aromi vari e cotti nel forno a legna. Non mancano formaggi, salami e prosciutto. Tutto innaffiato con ottimo vino.

Verso sera, quando cumba Nicola riprende a suonare, si offrono “viscuttini e pizzitti”.

E’ sera. Nell’aia, si aprono le danze. Il divertimento è al massimo quando si balla la “quadriglia”, che coinvolge giovani, anziani e bambini.. Tutti si divertono, dimenticando i problemi quotidiani. Ognuno sa che il giorno dopo, “passatu u sandu, passata a festa”, si ritornerà alla solita vita, non certo priva di preoccupazioni e di sacrifici.

A mezzanotte, Pietro e Minicuccia si avviano verso la loro casa. Intanto alcuni giovani, tra i quali cumba Nicola, organizzano la serenata da portare agli sposi.

Dopo il gran frastuono di voci, di musica e di canti, il silenzio è disceso nella contrada Mazzaredda. Tutti dormono, ad eccezione di un gruppetto di giovani che, silenziosamente, s’incammina verso la casa degli sposi.

Dentro è tutto buio. Ad un cenno di cumba Nicola, tutti insieme si mettono a cantare, accompagnati dal suono del “mandacettu”. Qualcuno raccoglie alcune pietruzze e le lancia contro i vetri delle finestre. Dopo vari minuti, s’intravede una flebile luce filtrare dalla porta, poi appare Pietro che, sorridendo, saluta agitando una mano. Dietro di lui, avvolta in un lungo scialle, c’è Minicuccia, anche lei sorridente, ma con la testa china, in un atteggiamento di imbarazzo e di timidezza.

L’allegra comitiva entra in casa, cantando e ballando. Pietro stacca dalle travi “na zozicchia e na supersata”, prende i bicchieri e una bottiglia divino. Tutti si servono, mangiando di gusto, proprio come “si nun avissiru mai vistu grazia i Diu”.

Intanto parte la serenata:

A ricordu ‘i sta bella jurnata

nun putia mancà a sirinata.

Brindamu picchì qua ana regnà

salute, abbundanza e filicità.

Diu v’adda mannà tanda furtuna

quandi stelli su ‘ngilu e rina a mare.

Oi zita, oi zita, hai truvatu nu bellu maritu,

cu nu pocu di attenziune

l’annu ca veni nu bellu vagnunu.

Sono tutti un po’ allegri a causa del vino bevuto in grande quantità. E’ quasi l’alba quando si decide di andare via. 

Finalmente, dopo una lunga giornata, Pietro e Minicuccia rimangono soli. Sono stanchi, ma felici”.     

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