In ricordo di Mario Zotta, politico e giurista lucano

EDITORIALE – Il 21 febbraio di 62 anni fa scompariva il Sen. Mario Zotta, politico e giurista, a ragione annoverato tra i padri fondatori della Costituzione Italiana. Importante fu, infatti, il suo contributo ai lavori dell’Assemblea Costituente, in cui intervenne più volte sui temi della famiglia, portandone la sua concezione e visione cristiana .
Nato a Pietragalla, in provincia di Potenza, il 6 novembre 1904, da una famiglia umile, laboriosa e ispirata ai principi del cattolicesimo, fu eletto Deputato alla Costituente nella lista della Democrazia Cristiana – di cui fu uno dei fondatori in Basilicata – con Emilio Colombo.
Nel 1948, fu eletto Senatore nel Collegio di Potenza; confermato nel 1953 e nel 1958, ricoprì fino al 1963 la carica di Sottosegretario, prima al Tesoro e poi al Bilancio nei governi De Gasperi e Pella. Fu anche Ministro per la Riforma della Pubblica Amministrazione nel governo Zola.
Nel 1954, fu eletto al Senato, Presidente della Commissione Affari Costituzionali ed Interni e, nel 1958, Deputato al Parlamento Europeo di Strasburgo e, infine, Presidente di Sezione del Consiglio di Stato.


Raffaele La Regina, dottorando di Ricerca dell’ Università della Basilicata, che ringrazio vivamente, ne ha ricostruito in maniera eccellente e puntuale il pensiero politico e giuridico in un articolo scritto in occasione dei 120 anni dalla nascita, in cui si rileva il significativo e decisivo contributo che Zotta diede alle questioni del Regionalismo e delle Autonomie Locali. “Recuperare la sua eredità – sostiene La Regina – può servire a rafforzare il dibattito su questi due temi, ancora oggi molto sentiti e di grande attualità.”
Una figura, quella di Mario Zotta che – per studi, competenze e capacità realizzative – può davvero essere considerata punto di riferimento nel “Pantheon” della politica lucana.

Peppino MolinariMario Zotta fra ordinamento, diritti e cinema. Una rilettura
politica e istituzionale del costituente di Pietragalla”.


Di Raffaele La Regina, Dottorando di ricerca in Storia contemporanea presso l’Università degli Studi della Basilicata


In occasione del centoventesimo anniversario dalla nascita di Mario Zotta, sulla rivista «Valori»,
diretta da Giuseppe Chieppa, si è tentato di ricostruire l’attività dello statista di Pietragalla, in materia di regionalismo e autonomie, durante i lavori condotti in Assemblea costituente e, su lungimirante intuizione dell’On. Giuseppe Molinari, si è voluto dare seguito a quella riflessione anche in occasione dell’anniversario della dipartita del senatore, risalente al 21 febbraio 1963. A tal proposito, nella rubrica curata da un custode della Democrazia cristiana come Molinari, si è voluto ripercorrere l’impegno istituzionale e politico di Zotta, già perlustrato dall’ultimo segretario della Dc di Basilicata nel 2021 con l’articolo «Pietragalla e i suoi illustri figli» e da Michele Strazza con «Un Costituente lucano, Mario Zotta». Vale la pena ricordare che Peppino Molinari condivide il ruolo di componente, nel Comitato nazionale per le celebrazioni dell’ottantesimo anniversario dalla nascita della Dc, con due protagonisti dell’intervento straordinario per il Mezzogiorno come Enzo Scotti e Sergio Zoppi.
Il pensiero corre subito al Congresso democristiano di Napoli del giugno 1954, con Fanfani
segretario, quando Zotta fu nominato membro del Comitato Permanente per il Mezzogiorno della DC presieduto da Luigi Sturzo. Un incarico di assoluto prestigio, condiviso con Emilio Colombo, Aldo Moro, Maria Jervolino, Giulio Pastore e altri protagonisti.

Proprio in riferimento al Sud e all’ordinamento dello Stato, Mario Zotta svolse un ruolo da
conclamato protagonista nei lavori in Assemblea costituente, dove fu eletto deputato per la Dc, nel 1946, nel XXVII collegio di Potenza-Matera, ottenendo 19.596 preferenze, superato solo 1.300 preferenze da Emilio Colombo. Fra i costituenti eletti in Basilicata si annoveravano, oltre agli ultimi due citati, Francesco Saverio Nitti per Unione Democratica Nazionale, Enzo Pignatari per il PSIUP, e Luigi De Filpo per il PCI quest’ultimo subentrato a Fausto Gullo. In virtù del mandato di costituente meridionale, egli pose, durante i lavori del 28 maggio 1947, il tema della questione meridionale, considerata a suo avviso un «problema nazionale». Si distinse specialmente in materia di regionalismo, di autonomia amministrativa e di attività finanziaria; proprio riguardo a quest’ultimo punto, nella stessa seduta espresse molte perplessità a proposito dell’autonomia finanziaria delle Regioni: «un ’ultima preoccupazione: quella concernente l’autonomia finanziaria. Molti osservano: col sistema regionale verrebbero a cristallizzarsi le differenze attualmente esistenti fra le diverse parti
d’Italia, si perpetuerebbe l’inferiorità di determinate zone con la creazione di barriere, che
dividerebbero per sempre la sorte delle Regioni ricche da quelle delle Regioni povere».
Nella seduta pomeridiana del 15 luglio 1947 presentò, a nome della DC, un emendamento alla
proposta dal Presidente della Commissione per la Costituzione, Meuccio Ruini, relativa all’articolo provvisorio 113.

Si riporta qualche passaggio della relazione di Zotta, favorevole a un sistema di
regionalismo che si sarebbe dovuto innescare nel solco della perequazione fiscale:
Il regionalismo importa una politica di separatismo e di isolazionismo finanziario, ovvero si innesta sul tronco della solidarietà e dell’unità degli interventi nazionali? In altre parole, l’autonomia finanziaria è destinata a chiudere per sempre nei loro confini le miserie
di alcune regioni e le ricchezze di altre, perpetuando con codeste barriere l’inferiorità del Mezzogiorno di fronte al resto del paese?
Siamo, cioè, al punto di dire: ogni regione ormai viva per conto proprio? […] Si parla qui delle necessità ridotte di Regioni povere ed arretrate o di necessità di elevare codeste Regioni al livello di quelle ricche e progredite? Questo occorre dire, perché sia completa,
logicamente e sostanzialmente, la proposizione. Tutti i partiti hanno assunto a loro principio programmatico la risoluzione del problema del Mezzogiorno: non solo ne hanno fatto oggetto di voti e di ordini del giorno nei rispettivi congressi, ma – quel che più conta – ne
hanno fatto oggetto di discussioni nella campagna elettorale: sicché si è promesso al popolo che la rappresentanza legislativa in seno alla Costituente importava tra l’altro il dovere della impostazione del problema sul terreno costituzionale. […] Oggi l’Italia presenta questo quadro: privilegi e differenze sociali, economiche e politiche esistono sotto due aspetti, l’uno di classe, l’altro geografico.

Noi abbiamo il dovere di sforzarci per eliminare entrambi. Se In Costituzione ciò non facesse, mancherebbe al suo scopo e noi tradiremmo il popolo, che ci ha eletti. Il problema del Mezzogiorno sta nel far convergere gli sforzi particolari delle Regioni interessate e quelli
collettivi dello Stato verso la eliminazione di quella barriera, che divide profondamente il Nord dal Sud, nel campo economico e sociale, e nel rendere possibile il raggiungimento di un livello comune di benessere e di prosperità in tutto il Paese. A fissare questo principio e questa esigenza mira il mio emendamento.


Durante la seduta pomeridiana, Ruini riconobbe a Zotta l’interesse della Commissione verso il
sistema perequativo tanto che, alla fine dei lavori, il costituente lucano si ritenne soddisfatto.
Rispondendo alla richiesta del Presidente, relativamente al mantenimento dell’emendamento, infatti, affermò: «Non vi insisto, constatando che la Commissione ne ha integralmente accettato la sostanza».
Il racconto dell’impegno in Assemblea costituente di Mario Zotta gli restituisce una statura politica e istituzionale invidiabile che, nei fatti, gli consentì di ritagliarsi un ruolo di assoluto protagonismo nella definizione dell’ordinamento statale, permettendogli di farsi portavoce di un meridionalismo moderno, figlio delle grandi teorie che dall’IRI sono passate per Camaldoli, attraverso gli economisti Valtellinesi (Saraceno, Vanoni, Paronetto), fino alla nascita della SVIMEZ e, quindi, della Cassa per il Mezzogiorno. Zotta, infatti, pur da sostenitore del regionalismo, pose il tema del Sud in chiava problematica, dando nuova centralità alla questione meridionale in Assemblea costituente, unitamente ai contributi di Nitti, Sullo, e altri.


Si distinse anche per alcuni emendamenti agli articoli del Titolo II – Parte I del progetto di
Costituzione, riguardanti i Rapporti etico-sociali. Nell’aprile del 1947, da componente della corrente “vespista” della Dc, si spese relativamente alla questione dei diritti da garantire ai figli nati all’interno e all’esterno del matrimonio. Alla fine, l’Assemblea si trovò concorde sulla necessità di garantire a tutti i figli la tutela giuridica e sociale. In proposito, affermò: «Noi dovremmo garantire al figlio naturale, il quale si trovi di fronte a genitori non legati da vincolo di matrimonio, una protezione giuridica pari a quella del figlio legittimo». Relativamente a quello che avrebbe dovuto essere, in una prima fase, l’art. 24, salvo poi diventare art. 30, si sviluppò un acceso dibattito che pose ai voti un suo emendamento che, passando a maggioranza e riformulato insieme ad altri, andò a comporre l’articolo nella formulazione oggi vigente: «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità la legge provvede a che siano assolti tali compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.


La legge detta le norme ed i limiti per la ricerca della paternità».
Dopo la promulgazione della Costituzione, il lavoro di Zotta fu ampiamente riconosciuto ed egli
venne eletto al Senato, in quota DC, alle elezioni del 18 aprile 1948: dal 1950 al 1953 presiedette la Commissione speciale per l’esame della proposta di legge sulla ricostituzione della provincia ed ordinamento degli enti locali nella regione siciliana, una nomina che rese giustizia al suo lavoro precedente in materia di ordinamento. Nel 1953 ottenne la rielezione a senatore nel collegio di Potenza, nonostante il calo dei consensi registrato dalla DC, passata dal 55% del 1948 al 43,31% a causa di una grande crescita del PCI. Entrò nella squadra del De Gasperi VIII, assumendo il ruolo di sottosegretario al Tesoro. Sarebbe stato confermato nella medesima veste nel governo Pella, dal 17 agosto 1953 al 17 gennaio 1954.

Nel 1955 fu Presidente della I Commissione permanente (Affari della Presidenza del Consiglio e
dell’Interno) e, nello stesso anno, presiedette la Commissione consultiva Nuovo statuto degli
impiegati civili e altri dipendenti dello Stato, dove fu affiancato da Giuseppe Di Vittorio in qualità di vicepresidente. Da senatore fu eletto, nel 1956, presidente dell’Istituto di Studi Parlamentari e, nel 1957, nominato Ministro senza portafoglio per la riforma della pubblica amministrazione nel governo Zoli.
Il grande spessore e prestigio assunto gli consentì un’agile rielezione al Senato nel 1958, con una DC in gran recupero nel collegio di Potenza: in quello stesso anno, fu nominato deputato al Parlamento Europeo. Durante quella legislatura si occupò della legge che regolava la censura negli spettacoli cinematografici, basata sul concetto costituzionale di buon costume. Con la legge 161/1962, chiamata nei lavori alla Camera e al Senato “legge Zotta” o “progetto Zotta”
, si costituì la commissione di censura che si sarebbe dovuta occupare di vigilanza sul materiale cinematografico e teatrale.

La Cineteca di Bologna, nel 2019, nel riportare nelle sale il film Jules et Jim di François Truffaut, ha ricostruito una vicenda che lega il regista francese al politico di Pietragalla. La pellicola, infatti, rappresentò uno dei primi casi con i quali dovette misurarsi la riformata legge sulla censura. Il ministro del Turismo e dello spettacolo, Alberto Folchi, che con Zotta era stato co-autore del nuovo disegno di legge sul controllo delle pellicole e dei lavori teatrali, pose un veto sul film, a valle del parere della commissione di censura, scatenando le proteste del mondo della cultura. Moravia ne parlò in un articolo per «L’Espresso» del 24 giugno 1962 dal titolo L’adultera incostante della foresta nera; lo sceneggiatore Bonicelli raccontò alla rivista «Le Ore», il 12 luglio del 1962, in qualità di testimone diretto, l’incontro avvenuto tra Truffaut e la commissione, dopo l’avvenuto ricorso alla sentenza che aveva negato il nulla osta al film. Alla fine, la distribuzione di Jules e Jim fu autorizzata, sebbene con il divieto ai minori di diciotto anni.


In un momento storico come quello che stiamo vivendo, si reputa che possa essere cosa utile
recuperare le relazioni e i discorsi di Zotta sulla questione del regionalismo e dell’autonomia. Egli stesso utilizzò spesso il caso Basilicata durante i lavori dell’Assemblea costituente per far meglio comprendere le condizioni di svantaggio e divario del Meridione. Così come può essere proficuo riannodare i fili che ci consentono di ricostruire la figura di un protagonista lucano e dell’Italia democratica, impegnato su più fronti e portatore di una lucida visione del mondo.

Raffaele La Regina

Ringrazio la signora Maria Teresa Ciranna moglie del notaio Mimmo Zotta per le foto inedite del Senatore

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