La biografia di San Gerardo Maiella, Patrono delle genti di Basilicata

La storia di un giovane lucano che, come la gente di questa terra, seppe fare della semplicità un capolavoro straordinario

EDITORIALE – Le prime luci dell’aurora iniziano a colorare di rosso le strade e le case del paese. L’aria primaverile ancora frizzante della notte si riempie di densi profumi e il canto degli uccelli inizia a rompere il silenzio che è stato, insieme al buio, il padrone della notte. Man mano che il sole si leva a disegnare i contorni delle montagne e a dare un nuovo volto alle cose, le strade all’improvviso incominciano ad animarsi e nella piazza si forma una eterogenea comitiva di persone: donne, uomini, vecchi e giovani, adulti e bambini. Tutto si riempie di suoni, un vociare tra alti e bassi, grida di bambini eccitati dall’imminente viaggio, voci di mamme che li richiamano all’ordine, voci di anziani che parlano di cose passate, il rumore del motore dell’autobus, che man mano si va riempendo. Qualcuno chiede, vuole sapere “dove vanno”, e la risposta arriva da varie bocche, si va a Materdomini a trovare San Gerardo.


Questo racconto, questa storia, appartiene a tantissime comunità della Basilicata. Potrebbe essere sulla bocca e nei racconti di tanti lucani, di diverse generazioni. Il pellegrinaggio, termine che ormai sembra desueto nelle parrocchie, era una delle esperienze formative. Era e rappresentava un viaggio di conoscenza. Il pellegrinaggio “da San Gerardo”, per i lucani è particolare, è il viaggio verso il loro Patrono. Nasce spontaneo il desiderio di conoscere qualcosa in più di questo giovane santo lucano, che con una vita alquanto breve e che per alcuni versi può apparire strana, fa ancora parlare di se, dopo circa tre secoli dalla sua morte è capace di richiamare intorno alla sua figura migliaia di persone.


Gerardo Maiella, nasce a Muro Lucano il 6 aprile del 1726 da Domenico e Benedetta Cristina Galella, in una famiglia di umili condizioni, profondamente attaccata ai valori del cristianesimo come tantissime altre nei paesi della Lucania del tempo. Cresce in un ambiente, non solo familiare, ma di tutta la comunità, in cui le virtù cristiane erano condivise dall’intero tessuto sociale ed erano la base sulla quale poggiava la quotidianità della totalità della popolazione. Il trovarsi tutti insieme in chiesa per la messa mattutina prima di iniziare la giornata di lavoro e il ritrovarsi la sera, alla fine della giornata, era normale. Vivere la domenica e le festività frequentando l’Eucarestia in parrocchia e partecipando alle varie processioni era un bisogno sentito. La vita era scandita dalle festività e ricorrenze religiose, la giornata dal suono della campana. Gerardo cresce in questo clima e si sente sempre più attratto da esso. Inizia già da bambino la sua corsa consapevole verso la santità.

Il suo carattere dolce, umile, aperto verso i bisogni degli altri caratterizzerà tutta la sua esistenza. I suoi biografi ci raccontano che era sempre il primo la mattina ad accorrere in chiesa, ancora prima di giorno e molte volte, complice il sacrestano che gli dava le chiavi della chiesa, rimaneva fino a tarda sera a pregare. I suoi giochi da bambino erano costruire altarini, organizzare celebrazioni o fare processioni. Di tanto in tanto andava al santuario mariano di Capodigiano e tornava a casa con un panino bianco che gli veniva regalato, diceva lui. da un bambino di una bella signora che si chiamava mamma Maria.
La sua fanciullezza spensierata si chiude a 12 anni con la morte del padre, si trova nella condizione di dover andare a lavorare come apprendista sarto, per contribuire allo scarso reddito familiare. Andrà poi a servizio presso il vescovo Albini, nativo di Muro Lucano, a Lacedonia, e qui il brutto carattere del prelato gli farà esercitare la virtù della pazienza e sopportazione. Per due anni vive a Lacedonia, la morte del vescovo lo costringerà a ritornare in famiglia, al suo paese, nella bottega del sarto. Ma non è questo quello che lui spera di fare, lui vuole dedicare tutta la sua vita a Dio, vuole consacrare la sua esistenza in un ordine religioso. È un giovane mosso da un ideale. Va a bussare in un convento dei frati cappuccini dove è frate un suo zio, ma non viene accettato per la sua salute malferma. Il buon frate lo rimanda a casa e, vedendo che indossa dei vestiti vecchi e rattoppati, gli regala un vestito nuovo che Gerardo non indosserà mai: all’uscita dal convento incontra un povero vestito peggio di lui e il vestito nuovo troverà un nuovo proprietario, di questi episodi di vicinanza ai poveri la sua vita ne sarà piena.

L’aprile del 1749 sarà per il giovane Gerardo l’inizio di una nuova vita, quella che lui aveva sognato da sempre. I padri redentoristi, una nuova congregazione religiosa fondata solo 17 anni prima da sant’Alfonso Maria dei Liguori, sono a Muro Lucano a predicare per una missione popolare. Gerardo si presenta a loro, chiede di diventare religioso. Viene decisamente respinto, i padri missionari sono in partenza, lasceranno Muro per predicare una missione a Rionero, Gerardo non si arrende, continua a sperare. La mamma intuisce le intenzioni del figlio e lo chiude in camera. La chiamata è così forte, lui sa cosa vuole, riesce a fuggire e lascia un biglietto con su scritto “vado a farmi santo”. È il suo saluto alla mamma. È l’impegno che porterà a termine. Raggiunge i missionari a Rionero e riesce a vincere l’ostinazione del superiore che finalmente lo accetta in prova come fratello laico. Viene inviato a Deliceto con un biglietto di accompagnamento che lo descrive come “soggetto inutile, una bocca in più da sfamare”. Chi lo descrive in modo così negativo non è un buon profeta, non ha capito minimamente con chi ha a che fare.

Finalmente il 16 luglio 1752, Gerardo entra definitivamente nella Congregazione del Santissimo Redentore con la professione perpetua. La vita religiosa di Gerardo Maiella sarà molto breve, ma sarà cosi ricca e piena che lo porterà alla soglia più alta della santità. Gerardo è esempio di umiltà, di obbedienza totale ai superiori, incarna alla lettera la regola di sant’Alfonso, è pieno di amore per Dio e per il prossimo. La presenza del giovane missionario redentorista negli anni della sua esperienza religiosa si svolge nelle regioni di Campania, Puglia e Basilicata, dalle città come Napoli ai piccoli borghi della Lucania e dovunque passa lascia la sua traccia che ancora è viva nei luoghi da lui visitati.
È consigliere spirituale nei monasteri di clausura, è portatore di pace nei paesi e nelle famiglie dove c’è discordia, sacerdoti e religiosi accorrono da lui per avere direttive sulla direzione delle anime, è capace di guarire anime e corpi. Calunniato non si difende e accetta la pena di essere sospeso dalla Comunione, della quale lui non riusciva a fare a meno, fino a quando la verità non verrà ristabilita senza nessuno intervento da parte sua. Segue i padri predicatori nelle missioni ed ottiene più conversioni lui degli stessi padri a cui si rivolgono i peccatori per la confessione sacramentale. Incalliti malfattori, umili contadini, nobili signori sono convertiti dal semplice fraticello la cui fama di santità si va affermando dovunque. Durante un periodo di carestia il convento di Materdomini, dove Gerardo è stato trasferito, diventa un centro di accoglienza per tutti i poveri del circondario. Proprio a Materdomini il 16 ottobre 1755 Gerardo Maiella lascia questo mondo per raggiungere il suo amato Signore in Paradiso. Ha mantenuto il suo impegno, come aveva lasciato scritto alla mamma, ha lasciato il suo paese e la sua famiglia per farsi Santo.

Nel 1833 iniziano i processi canonici e nel 1877 viene promulgato il decreto sulla eroicità delle virtù. Il 29 gennaio 1893 Papa Leone XIII lo dichiara Beato. L’11 dicembre 1904 avviene la canonizzazione in san Pietro da parte di San Pio X. Il giovane pazzerello di Dio di Muro Lucano è ufficialmente Santo. Il 21 aprile 1994 San Giovanni Paolo II lo dichiara Patrono della Basilicata. La Congregazione per il Culto Divino lo riconosce Patrono delle mamme gestanti e dei bambini per le Regioni Campania e Basilicata a ricordo del famoso episodio del fazzoletto. Gerardo trovandosi ad Oliveto Citra passò a salutare una famiglia di conoscenti e nel congedarsi fece finta di dimenticare un suo fazzoletto. La bambina, la piccola di casa, gli corse subito dietro per restituirgli il fazzoletto. Gerardo non volle riprenderlo dicendole di conservarlo perché un giorno le sarebbe servito. Alcuni anni dopo la bimba ormai donna, si trovava quasi in fin di vita per una complicazione durante il parto. Si ricordò allora del fazzoletto di San Gerardo, se lo fece portare e se lo pose sul ventre. Subito i dolori cessarono e partorì senza problemi un bel bambino. Il fazzoletto richiesto da chi stava per partorire venne diviso in tanti pezzetti conservati gelosamente, da allora esiste l’usanza di portare in sala parto un fazzoletto con l’immagine di San Gerardo e benedetto nel suo Santuario di Materdomini.

Gerardo fu un giovane con un ideale, capace di realizzare il suo sogno. Un giovane lucano che, come la gente di questa terra, seppe fare della semplicità un capolavoro straordinario.