In occasione delle giornate Fai di primavera (15-16 maggio) l’Associazione Amici del Castello Ruggero, facente parte della Delegazione Fai Lagonegrese Pollino, ha deciso di far scoprire fra gli altri posti che solitamente non sono aperti al pubblico, anche la cappella di Santa Veneranda ubicata nel rione inferiore di Lauria.
La data di fondazione è il 1684, si sa con certezza poiché è iscritta sulla campana ubicata nel campaniletto a vela subito sopra il portone d’ingresso. Nello specifico, l’iscrizione della campana recita “Marcantonio mi fece nel 1684”, Marcantonio D’Imperio era il parroco di allora.
La cappella è dedicata a Santa Veneranda, il cui nome vuol dire degna di venerazione e il cui culto ha origini orientali, pare che in Oriente fosse conosciuta anche come Santa Parasceva.
Durante il periodo dell’Iconoclastia (VIII-IX sec) in Oriente venne proibita la venerazione delle icone, cioè delle immagini sacre, di conseguenza i monaci orientali per fare in modo che rimanesse memoria dei propri santi scapparono dall’Oriente e si diressero in Occidente dove non solo portarono i propri culti, ma fondarono anche dei luoghi di culto. Secondo varie fonti perfino a Lauria si stabilirono dei monaci provenienti dall’Oriente, molto probabilmente essi diedero vita alla laura sulla rocca dell’Armo e portarono anche qui il culto di alcuni santi orientali, fra cui appunto Santa Veneranda. Nel nostro paese esistono due cappelle dedicate alla martire una nel rione superiore, l’altra nel rione inferiore.
La cappella ubicata nel rione inferiore è aperta il 14 novembre in occasione della festività di Santa Veneranda e, almeno prima del Covid-19, durante il mese di maggio, poiché i fedeli erano soliti riunirvisi per celebrare il santo rosario dedicato alla Vergine.
Il luogo di culto è stato oggetto nel 2011 di un restauro, in quell’occasione sono state restaurate le due tele, le due statue e l’altare in pietra è stato abbellito con una decorazione a finto marmo, che in maniera illusionistica mediante la pittura finge le venature e le sfumature del prezioso materiale. Anche le pareti dell’aula cultuale sono state abbellite con delle decorazioni eseguite ex-novo, non c’era infatti alcuna traccia di affreschi o decorazioni preesistenti. Tra gli elementi architettonici che rimandano alle origini antiche della cappella, va citata la cosiddetta romanella, una decorazione esterna presente in numerosi edifici antichi posta al di sopra del portone d’ingresso e consistente in tre filari di coppi disposti uno sull’altro.

All’interno, oltre alla pala d’altare raffigurante la Madonna degli angeli fra Santa Veneranda e un frate cistercense, di cui ho parlato in un mio precedente articolo vi è un’altra tela con la Madonna del Rosario fra San Domenico e Santa Caterina. L’autore è ignoto, così come la datazione, ma confrontando la tela con la pala d’altare si può affermare che lo stile è più scolastico, più semplice e che è sicuramente più moderna.
La Madonna del Rosario è un’iconografia non propriamente lucana, ma tipica soprattutto della Campania, in particolare dell’area partenopea. La Vergine e Gesù Bambino hanno entrambi oltre all’aureola la corona, segno del loro ruolo divino. La Madonna del Rosario si riconosce non solo per la presenza delle 12 stelle intorno al capo, che fanno riferimento alle 12 tribù di Israele, ma anche perché dona ai due Santi, in posa adorante ai suoi piedi, due rosari.

Entrambi i Santi sono domenicani, ciò si deduce dai vestiti tipici caratterizzati dalla tunica bianca e piuttosto ampia e dal mantello nero con il cappuccio, sulla sinistra abbiamo San Domenico identificabile anche dall’acconciatura, mentre sulla destra Santa Caterina riconoscibile per via delle Stigmate, che come si legge dalla sua agiografia aveva ricevuto nel 1375. Queste ultime rappresentano i segni della Passione di Cristo e si trovano sulle mani come delle ferite che simboleggiano i segni dei chiodi mediante i quali Gesù è stato messo in croce e sul capo sotto forma di corona di spine, la quale è stata messa anche a Gesù sempre durante la Crocefissione. La Santa chiese a Dio di rendere invisibili durante la sua vita le stigmate, questo perché voleva portare avanti il messaggio dei domenicani e temeva che le persone si avvicinassero a lei spinte più dalla curiosità che da quella che era la sua predicazione, infatti tali segni apparvero solamente dopo la sua morte.
Oltre alle tele nella cappella abbiamo due statue, una raffigurante Santa Veneranda che indica il Crocifisso suo attributo iconografico oltre che oggetto di venerazione, e un’altra posta sull’altare rappresentante la Madonna di Novi Velia, quest’ultima prima dell’avvento dell’epidemia del Covid-19 veniva portata in pellegrinaggio in diversi momenti dell’anno.
