La Cedu e i no-vax: una sentenza storica

EDITORIALE – Il rifiuto dell’obbligo vaccinale per i bambini è stato un grande cavallo di battaglia per i no-vax di mezzo mondo. 

La tesi, suggestiva ma capziosa, dei riottosi alla vaccinazione era sintetizzata dall’assunto che i vaccini obbligatori sarebbero in contrasto alcuni diritti fondamentali a partire da quello alla libertà di scelta e al rispetto della vita privata.

La Cedu (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con sede a Strasburgo), però questa settimana, non solo ha respinto il ricorso di alcuni genitori della Repubblica Ceca contro l’obbligatorietà della vaccinazione prevista dal governo di Praga, ma ha anche enunciato un principio di diritto fondamentale in materia, ossia che le vaccinazioni obbligatorie sono da considerare “necessarie nelle società democratiche”.

Tra i ricorrenti, uno era stato multato per non aver adeguatamente vaccinato due figli, gli altri si erano visti rifiutare l’ammissione all’asilo dei figli per lo stesso motivo: una normativa ed una serie di sanzioni non molto dissimile da quella italiana che pure prevede l’obbligo di vaccinazione infantile imposto dall’allora ministro Lorenzin.

Vediamo, allora, i punti salienti della pronuncia partendo dalla premessa che le malattie contagiose rappresentano un serio rischio per la salute e che lo Stato deve avere come obiettivo la protezione contro le malattie contagiose, obiettivo che “corrisponde alle finalità della tutela della salute e della tutela dei diritti di altri, riconosciuti dall’articolo 8 della Convenzione.”.

“Gli articoli 2 (diritto alla vita) e 8 (diritto al rispetto della vita privata) impongono agli Stati un obbligo positivo di adottare misure appropriate per proteggere la vita e la salute di coloro che si trovano nella loro giurisdizione. Obblighi simili derivano da altri strumenti internazionali. Nella Repubblica Ceca il dovere di vaccinazione, fortemente voluto dalle autorità mediche competenti, rappresenta la risposta delle autorità nazionali alla pressante esigenza sociale di proteggere la salute pubblica e individuale contro le malattie in questione e per difendersi da qualsiasi tendenza al ribasso del tasso di vaccinazione tra i bambini.”.

E ancora: “Quando si tratta di immunizzazione, l’obiettivo dovrebbe essere che ogni bambino sia protetto contro malattie gravi. Nella grande maggioranza dei casi, ciò viene ottenuto dai bambini che ricevono il pieno programma di vaccinazioni durante i primi anni. Coloro ai quali tale trattamento non può essere somministrato sono indirettamente protetti contro le malattie contagiose fintanto che il livello richiesto di copertura vaccinale è mantenuta nella loro comunità; cioè, la loro protezione viene dall’immunità di gregge. Questa politica di salute pubblica si basa su argomenti pertinenti e come tale è coerente con il migliore interesse dei bambini che sono il suo obiettivo.”.

La normativa al centro del ricorso, quindi, riguarda “i vaccini somministrati contro malattie infantili ben note alla scienza medica, ovvero difterite, tetano, pertosse, infezioni da Emofilo dell’influenza di tipo b, poliomielite, epatite B, morbillo, parotite, rosolia e – per i bambini con specifiche indicazioni di salute – infezioni da pneumococco”.

“Non è contestato che, sebbene del tutto sicura per la grande maggioranza dei destinatari, in rari casi -si legge ancora nel comunicato stampa della CEDU- la vaccinazione possa rivelarsi dannosa per un individuo, provocando danni gravi e duraturi alla sua salute. Il governo ha indicato che su circa 100.000 bambini vaccinati ogni anno nella Repubblica Ceca, il numero di casi di danni alla salute gravi, potenzialmente permanenti, si è attestato a cinque o sei. In considerazione di questo molto raro ma senza dubbio molto grave rischio per la salute di una persona, le istituzioni della Convenzione hanno sottolineato l’importanza di prendere le necessarie precauzioni prima della vaccinazione. Questo evidentemente si riferisce al controllo in ogni singolo caso per eventuali controindicazioni e per monitorare la sicurezza dei vaccini in uso”.

Le vaccinazioni, dunque, sono un dovere e non una scelta rimessa al singolo, almeno per quanto riguarda quelli contro malattie infantili ben note alla scienza medica.

Inoltre – ha chiarito la Corte EDU – le vaccinazioni obbligatorie sono il solo strumento per proteggere coloro che, per gravi patologie, non possono ricevere il trattamento vaccinale e devono fare affidamento unicamente sull’immunità di gregge.

Dunque e in sintesi, il ricorso delle famiglie no-vax è respinto per due motivazioni:

1) è infondato asserire che l’obbligo vaccinale leda la libertà di autodeterminazione;

2) mancano prove scientifiche idonee a dimostrare che i vaccini in questione siano poco efficaci e pericolosi.

Mutatis mutandis, parlando anche dei vaccini anti-Covid, come ha illustrato nei giorni scorsi al Giornale il prof. Giovanni Maria Flick, già Presidente della Corte Costituzionale e Guardasigilli, la vaccinazione obbligatoria risulta essere perfettamente compatibile con la Costituzione: “La Costituzione è stata scritta quando si era appena usciti dalla tragedia degli esperimenti pseudoscientifici nazisti, dalla soppressione dei disabili. Su questi temi era ovvio che ci fosse una sensibilità particolare.

Ma recentemente per due volte, nel 2017 e nel 2018, la Consulta ha stabilito che dalla raccomandazione del vaccino si può passare all’obbligo quando serve a tutelare la collettività. É indubitabile che oggi la situazione sia questa, quindi l’obbligo ci sta, il problema semmai sono le sanzioni”. 

La sentenza della Corte di Strasburgo con tutta evidenza, pertanto, potrebbe rivelarsi fondamentale anche in relazione al dibattito sull’obbligo vaccinale per il Covid-19, soprattutto per ciò che riguarda il personale sanitario.