EDITORIALE – Una delle poche certezze nella vita di Sarah era quella di non sentire il desiderio di diventare mamma. La sola idea che una creatura potesse crescere dentro la sua pancia la terrorizzava. Cosa si prova dinnanzi all’idea del “senza fine”? Esiste realmente qualcosa che può durare per sempre? Questo non rientrava nei progetti di vita della nostra Sarah. In questo romanzo racconta come una madre abbia trovato, senza saperlo e senza cercarlo, una figlia. Tra inciampi e risate, il lettore vede un legame nascere, crescere, diventare concreto. Non è un legame qualsiasi, ma è l’amore più bello e puro che ci sia: il legame indissolubile che lega una madre e suo figlio. Era riuscita ad abbattere i muri che circondavano il mio cuore, riuscendo a trasformarmi in ciò che avevo da sempre avuto paura di diventare: una madre.
La sensazione che si percepisce nel corso della lettura è quella di un baule da riempire. Non di cianfrusaglie o cose oramai in disuso; no, un baule da riempire di sogni, di amore, di abbracci, di cure, di spensieratezza, di famiglia. Famiglia proprio quella che ad Alesia era sempre mancata. Questo era quello da offrire ad Alesia e ad altri bambini di Chernobyl. Quando gli occhi di Sarah incontrano per la prima volta gli occhi di Alesia, ricchi di speranza e soggezione, il cambiamento nella vita di Sarah inizia silenziosamente a farsi strada, definendo confini precisi, nitidi, netti. Alesia è un uragano di soli otto anni e mezzo che ci trasmette la sua insaziabile fame di vita. Nei passaggi da un orfanotrofio all’altro, si era abituata a difendersi, così come si era abituata a non lamentarsi. Aveva, infatti, perso la capacità di percepire il dolore, da cui si era man mano anestetizzata. Se avesse pianto dopo una caduta chi l’avrebbe consolata in orfanotrofio? Chi avrebbe curato le sue ferite? Quali carezze avrebbe ricevuto?

L’Italia appare come il paese delle cose possibili, la meta desiderata da tutti i bambini, perché diventare italiani significava mangiare bene, avere un letto confortevole, abiti puliti, ma soprattutto tanto, tantissimo amore. In Italia avrebbe per la prima volta conosciuto Babbo Natale, festeggiato un compleanno, sarebbe andata in bicicletta; avrebbe assaporato il gusto della spensieratezza, della premura, delle attenzioni. Sembrava quasi prima della capacità di sognare ed era pertanto necessario restituirle la bellezza dei sogni e dell’incanto indispensabile ad ogni bambino.
Se da un lato il lettore è travolto fin dalle prime pagine in un racconto di coraggio e percepisce un bisogno immane d’amore, dall’altro è mosso dalla curiosità di sapere l’epilogo della lunghissima lotta per ottenere l’adozione. È impossibile non apprezzare la storia dell’autrice, Sarah Maestri, impegnata in prima persona nella battaglia per l’adozione, in Italia negata alle donne single.
Una storia intensa e toccante, di un amore tenace e combattivo, da leggere tutta d’un fiato. L’autrice ci prende per mano, proprio come ha fatto con Alesia, e ci trasmette non solo la bellezza e le difficoltà di un amore vero, eterno e infinito, ma anche quello che si prova quando ci si trova a pensare per due, affidando il cuore nelle mani di un altro, che non è una persona qualsiasi, ma un figlio. Si percepisce, inoltre, l’errore che si commette nel distinguere genitori di pancia e di cuore, perché in realtà si è genitori senza alcuna differenza. Sarah Maestri con la delicatezza che la contraddistingue si lascia guidare e guida in prima persona il lettore verso l’amore incondizionato, scoprendo che è solamente con il tempo che si diventa mamma, giorno dopo giorno, passo dopo passo, errore dopo errore.