La recente cronaca giudiziaria ci offre l’occasione per ricordare che, a dispetto di tanti imbonitori, l’Italia è ancora uno Stato laico dove vige la libertà di culto.
L’art. 19 della Costituzione, infatti, recita: “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.”.
Il citato articolo, in combinato disposto con il successivo art. 20 Cost., afferma il principio di laicità dello Stato che, in virtù di tanto, è tenuto a garantire a tutti, siano essi cittadini, stranieri o apolidi, la libertà di professare la propria fede, qualunque essa sia, senza che una religione sia privilegiata rispetto alle altre.
Per rendere effettiva la tutela della libertà religiosa, corollario della libertà di coscienza, la Costituzione riconosce la facoltà dei singoli e delle associazioni religiose di costituire enti a carattere ecclesiastico, a fine di religione o di culto.
Tale facoltà viene assicurata indistintamente a tutti gli enti religiosi, cattolici o meno, a salvaguardia dell’eguale libertà di fede religiosa e di culto.
Questi che, a prima vista, possono sembrare dei princípi astratti diventano questioni molto concrete se si tratta di edificare in Lombardia un luogo di culto come una moschea, l’edificio sacro dei musulmani.
È alla prova dei fatti, allora, che si verifica se un sistema di diritti e libertà riesce a reggere o se, viceversa, non è in grado di autoproteggersi dagli attacchi e dagli sbandamenti che provengono dalle stesse istituzioni.
A baluardo e difesa delle Libertà di fronte ad un Legislatore disattento o malizioso, opportunamente è preposta la Corte Costituzionale che provvede a interpretare la nostra Carta fondamentale e a dichiarare, se del caso, non conforme ad essa le norme di legge.
La libertà religiosa garantita dall’articolo 19 della Costituzione comprende anche il diritto di disporre di spazi adeguati per poter concretamente esercitare il diritto di culto. Pertanto, quando disciplina l’uso del territorio, il legislatore deve tener conto della necessità di dare risposta a questa esigenza e non può comunque ostacolare l’insediamento di attrezzature religiose.
È questo ciò che, in sintesi, ha statuito la Corte costituzionale, che con la sentenza n. 254/2019, depositata il 5 dicembre, ha annullato due disposizioni in materia di localizzazione dei luoghi di culto introdotte nella disciplina urbanistica lombarda da una legge regionale del 2015, la cd. Legge sulle moschee.
“Le norme censurate finivano così per determinare – sottolinea la Corte – una forte compressione della libertà religiosa senza che a ciò corrispondesse alcun reale interesse di buon governo del territorio”.
Immediata la reazione del campione del sovranismo italico che, senza lasciare spazio a dubbi sulla sua comprensione della sentenza e degli articoli della nostra Carta Costituzionale, ha dichiarato: “Reciprocità e rispetto delle nostre leggi e regole, per aprire moschee e altri luoghi di culto, chiediamo troppo? Non si sente certo il bisogno di un’altra Consulta islamica…”.
Ciò che evidentemente sfugge a molti, forse a troppi, è che siamo in un Paese laico e che brandire rosari come clave non cambia la realtà dei fatti.