La luce della stella

di Charles Laval

La signora Beatrice aveva ottantadue anni e un appartamento al terzo piano di un palazzo color pesca a Juan-les-Pins. Dal suo balcone, ogni sera, guardava le barche che scivolavano silenziose verso il porto di Antibes. Era arrivata sulla Costa Azzurra negli anni ’60, seguendo un amore che non aveva funzionato. Ma la Costa l’aveva trattenuta, come fa con tutti quelli che cercano di scappare da qualcosa. Sul suo balcone c’era sempre una piccola lampada accesa. “È per mio marito,” diceva ai vicini, anche se non si era mai sposata. La luce brillava debole ma costante, come una stella in una notte di luna piena. I turisti che passeggiavano sul lungomare la vedevano, quella finestra illuminata. Qualcuno aveva iniziato a chiamarla “la finestra della stella”, e la voce si era sparsa tra gli habitué del posto. Marco, il giovane cameriere del café sotto casa sua, le portava la colazione ogni mattina. “Signora Beatrice, stanotte la sua stella brillava più forte del solito,” le diceva sempre, anche quando il cielo era coperto. Lei sorrideva, sistemandosi i capelli bianchi con un gesto automatico. “Sai, Marco, tutti aspettiamo qualcuno. Alcuni aspettano tutta la vita. L’importante è mantenere accesa la luce.” Le estati passavano, la Costa Azzurra cambiava volto ogni stagione. Nuovi locali aprivano, altri chiudevano. I turisti diventavano sempre più giovani, sempre più rumorosi. Ma la luce nella finestra di Beatrice restava accesa, immutabile. Un giorno di luglio particolarmente afoso, Marco non la trovò sul balcone per la solita colazione. La lampada era spenta, per la prima volta in vent’anni. Quando la polizia entrò nell’appartamento, trovò Beatrice nel suo letto, serena come se dormisse. Sul comodino, una lettera: “Ho mantenuto la luce accesa finché ho potuto. Ora tocca a qualcun altro essere stella.” Da allora, ogni sera, qualcuno del quartiere accende una piccola luce alla finestra. Non sanno bene il perché, ma sentono che è importante. Come se quella luce fosse un faro per tutti quelli che, in qualche modo, stanno ancora cercando la strada di casa. E così, la donna conserva sempre nella sua finestra la luce della stella. Non più Beatrice, ma il suo ricordo, trasformato in una tradizione che nessuno osa interrompere. Un piccolo miracolo quotidiano sulla Costa Azzurra, dove le stelle non brillano solo in cielo, ma anche nelle finestre di chi sa aspettare. La storia della finestra illuminata si diffuse lungo tutta la Promenade des Anglais. I pescatori la indicavano come punto di riferimento quando rientravano all’alba, i tassisti la mostravano ai turisti durante i tour notturni, gli innamorati si davano appuntamento sotto quel bagliore costante. Marina, la nipote di Marco, aveva preso il posto del nonno al café. Aveva ereditato non solo il locale, ma anche il compito di raccontare la storia di Beatrice ai nuovi arrivati.

La raccontava sempre diversa, aggiungendo dettagli, colorandola con la sua immaginazione ventenne. “Dicono che fosse una spia durante la guerra,” sussurrava ai clienti più curiosi. “Altri giurano che aspettasse il ritorno di un pianista americano conosciuto al Casino de Monte-Carlo.” La verità si era persa nel tempo, come succede alle storie migliori. Un giorno di settembre, quando i turisti iniziavano a diradarsi e la Costa riprendeva i suoi ritmi più lenti, al café si presentò un uomo anziano. Aveva i capelli bianchi e gli occhi chiari, parlava francese con un accento che veniva da lontano. “Mi chiamo Antoine,” disse a Marina. “Sono venuto per la luce della stella.” Marina gli servì un caffè, preparandosi ad ascoltare l’ennesima storia di qualcuno che pretendeva di aver conosciuto Beatrice. Ma Antoine non parlò del passato. “Ho settantotto anni,” disse invece, “e ho passato la vita a costruire ponti in giro per il mondo. Ho attraversato fiumi, collegato città, ma non ho mai trovato la strada per tornare a casa. Fino a quando, tre mesi fa, ho visto una fotografia di questa finestra illuminata su una rivista a Shanghai.” Marina lo osservava, incerta se credergli o meno. “Non conoscevo Beatrice,” continuò lui, “ma conosco l’attesa. E vorrei… vorrei prendere l’appartamento. Mantenere viva quella luce.” Così, mentre il sole tramontava sulla Côte d’Azur, un nuovo capitolo della storia iniziava. Antoine si stabilì nell’appartamento di Beatrice. Ogni sera accendeva la lampada, ma ne aggiunse una seconda, più piccola, accanto alla prima. “Una è per chi aspetta,” spiegava a Marina quando scendeva per il caffè del mattino, “l’altra è per chi sta tornando.” Le due luci, come due stelle gemelle, brillavano sulla baia. E la gente del posto iniziò a dire che ora la finestra non era più solo un faro per i perduti, ma anche una promessa: che non è mai troppo tardi per trovare la strada di casa, per riaccendere una luce che pensavi si fosse spenta per sempre. Marina scoprì il diario di Beatrice in un pomeriggio di maestrale. Era nascosto in una scatola di latta che Antoine aveva trovato dietro un pannello mobile della cucina. Le pagine, ingiallite dal tempo, profumavano di lavanda e sale. “Il mare mi ha insegnato la pazienza,” aveva scritto Beatrice nel 1965. “Ogni onda è un respiro, ogni marea un ciclo di attesa e ritorno. Ho imparato a respirare con lui.” Attraverso quelle pagine, Beatrice emergeva diversa dai racconti che circolavano su di lei. Non era la donna che aspettava un amore perduto, ma una che aveva scelto di diventare lei stessa il faro che avrebbe voluto trovare quando era giovane e smarrita. “Ho contato le stelle della Costa Azzurra,” recitava un’altra pagina, datata 1978. “Ne ho fatto una mappa per tutti quelli che, come me, cercano un punto fermo nella notte. Il mare cancella le orme sulla sabbia, ma non può cancellare le luci che accendiamo per gli altri.” Antoine e Marina iniziarono a leggere il diario insieme, ogni mattina, prima dell’apertura del café.

Scoprirono che Beatrice aveva trasformato il suo appartamento in un rifugio per anime perse molto prima che la sua luce diventasse leggenda. Artisti di passaggio, marinai senza porto, giovani in cerca di sé stessi – tutti avevano trovato un caffè caldo e una parola gentile in quella casa. “Il Mediterraneo,” aveva annotato negli anni ’90, “è come un grande specchio che riflette chi siamo veramente. A volte dobbiamo guardarlo per anni prima di riconoscerci.” Un giorno, sfogliando le ultime pagine, trovarono una busta. Conteneva le chiavi di una piccola barca ormeggiata nel porto di Antibes e istruzioni precise: “Per chi troverà questo diario: il mare è il più grande custode di segreti, ma anche il più generoso dei maestri. Prendetevi cura della mia barca, ‘Stella del Mare’. Lei sa come ascoltare le storie che il vento porta.” Antoine e Marina iniziarono a usare la barca nei fine settimana. Portavano con loro chi aveva bisogno di ritrovare la rotta, proprio come avrebbe fatto Beatrice. E mentre navigavano, raccontavano la storia della donna che aveva trasformato una finestra illuminata in un faro di speranza. La sera, quando tornavano all’appartamento, le due luci brillavano più intense che mai. Ma ora non erano più solo stelle per chi cercava la via di casa. Erano diventate il ricordo di una donna che aveva capito che a volte, per trovare sé stessi, bisogna diventare la luce che si sta cercando. Il mare della Costa Azzurra continua a sussurrare la storia di Beatrice. La racconta alle barche che passano, alle stelle che si specchiano nelle sue acque, ai sognatori che ancora cercano la loro strada. E in quella finestra, le luci continuano a brillare, non più solo come simbolo di attesa, ma come testimonianza che ogni vita, vissuta con amore e dedizione, può diventare un faro per gli altri. Perché, come Beatrice aveva scritto nell’ultima pagina del suo diario: “Non sono le stelle che guidano i marinai, ma la fiducia di chi le ha accese sapendo che, un giorno, qualcuno le avrebbe seguite verso casa.” E così, sulla Costa Azzurra, dove il mare incontra il cielo in un abbraccio infinito, la storia della donna che conservava la luce della stella nella sua finestra continua a vivere, trasformandosi come le onde che, instancabili, accarezzano la riva, portando con sé nuove storie da raccontare e nuove luci da accendere.

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