La maestra deve promuovere la fiducia dei suoi alunni in se stessi, nella scuola e nella vita

EDITORIALE – Anche quando si va avanti negli anni, il ricordo della maestra rimane indelebile nella nostra mente. Ricordiamo tutto di lei: il suo modo di camminare, il suo sguardo a volte severo, ma anche attento, dolce, comprensivo; ricordiamo il modo come ci raccontava o leggeva le favole, la sua capacità di ascolto. La maestra è un punto di riferimento importante nella crescita di un bambino; deve essere dotata di una grande saggezza: deve usare le parole giuste per incoraggiare, potenziare, promuovere la fiducia dei suoi alunni in se stessi, nella scuola e nella vita. Le sue parole, i suoi insegnamenti, il suo esempio hanno un peso enorme su giovani vite in formazione, particolarmente influenzabili.

La storia che segue è un esempio di quanto siano determinanti le doti professionali, umane ed etiche della maestra.

“Si chiamava Maria, ma i suoi alunni la chiamavano “maestra”.

In piedi davanti alla sua classe del quinto anno delle elementari, il primo giorno di scuola, disse una bugia ai bambini. Come la maggior parte degli insegnanti, guardò gli studenti e disse loro di amarli tutti alla stessa maniera. Tuttavia, ciò era impossibile perché lì in prima fila, accasciato sulla sedia, c’era un ragazzino di nome Nicola. 

La maestra Maria aveva osservato Nicola l’anno precedente e aveva notato che non giocava serenamente con gli altri bambini…

I suoi vestiti erano disordinati e spesso avrebbe avuto bisogno di farsi un bel bagno. Inoltre, Nicola era scontroso e solitario.

Arrivò il momento in cui la maestra Maria avrebbe dovuto evidenziare in negativo il rendimento scolastico di Nicola; prima però volle consultare i risultati che ogni bambino aveva raggiunto negli anni precedenti; per ultima, esaminò la situazione di Nicola. Tuttavia, quando vide il suo fascicolo, rimase sorpresa. In prima elementare il maestro di Nicola aveva scritto:

“Nicola è un bambino brillante con una risata pronta. Fa il suo lavoro in modo ordinato e ha buone maniere”. Il suo insegnante, in seconda elementare, aveva scritto: “Nicola è uno studente eccellente, ben voluto dai suoi compagni di classe, ma è tormentato perché sua madre ha una malattia terminale e la vita in casa deve essere una lotta”.

Il suo insegnante di terza elementare aveva scritto: “La morte di sua madre è stata dura per lui e tenta di fare del suo meglio, ma suo padre non mostra molto interesse e, se non verranno presi i giusti provvedimenti, il suo contesto familiare presto lo influenzerà”. Infine l’insegnante del quarto anno aveva scritto: “Nicola si è rinchiuso in se stesso e non mostra più interesse per la scuola. Non ha amici e qualche volta dorme in classe”.

Da quel momento la maestra Maria si rese conto del problema e si vergognò. Si sentì anche peggio quando gli studenti le portarono i regali di Natale, tutti avvolti in bellissimi nastri e carte lucide, eccetto quello di Nicola.

Il suo regalo era maldestramente avvolto in una pesante carta marrone che aveva ricavato da una busta della drogheria. Per la maestra Maria fu penoso aprirlo insieme agli altri regali. Alcuni bambini cominciarono a ridere quando l’insegnante trovò un braccialetto di cristallo con alcune pietre mancanti, e una bottiglia piena di profumo solo per un quarto. I bambini smisero di ridere quando lei esclamò quanto fosse bello il braccialetto, lo indossò e si picchettò il profumo sul polso. Nicola quel giorno rimase un po’ di tempo in più dopo l’orario di lezione solo per dire alla maestra “Oggi avete il profumo che metteva mia mamma.”

Quando i bambini furono andati via, la maestra Maria rimase sola a piangere per almeno un’ora.

Da quel giorno oltre a insegnare come leggere, come scrivere, come far di conto, cominciò anche a “lavorare” con i bambini e ad interessarsi della loro vita familiare.

Lei faceva molta attenzione a Nicola e quando lavorava con lui, la mente del bambino sembrava ravvivarsi.

Più lo incoraggiava, più era pronto nelle risposte.

Alla fine dell’anno, Nicola era diventato uno dei bambini più attenti e volenterosi della classe e, nonostante la sua bugia che avrebbe amato tutti i bambini in ugual modo, la maestra si accorse che Nicola divenne uno dei suoi “preferiti”.

Un anno dopo la fine della scuola, la maestra Maria trovò un biglietto sotto la porta: era da parte di Nicola; la lettera diceva che era stata la migliore insegnante che avesse mai avuto in vita sua. Passarono diversi anni prima che ricevesse un altro messaggio da Nicola. Aveva terminato il liceo, risultando terzo nella sua classe. Chiudeva la lettera asserendo di nuovo che la maestra Maria era ancora la migliore insegnante che avesse mai avuto in vita sua.

Quattro anni dopo, ricevette un’altra lettera, dicendo che quando le cose erano difficili, a volte, era rimasto a scuola, si era impegnato al massimo e ora si sarebbe presto laureato con il massimo degli onori. Confermava che la maestra Maria era sempre la migliore insegnante che avesse mai conosciuto in tutta la sua vita, la sua preferita.

Passarono altri anni e arrivò ancora un’altra lettera. Questa volta spiegava che dopo aver ottenuto la laurea, aveva deciso di andare avanti. La lettera spiegava che lei era ancora la migliore e preferita insegnante che avesse mai avuto, ma ora la sua firma era un po’ più lunga. La lettera riportava, in bella grafia, Dr. Nicola Esposito.

Ma la storia non finisce qui. Arrivò ancora un’altra lettera quella primavera. Nicola scrisse che aveva incontrato una ragazza e stava per sposarsi. Spiegò che suo padre era morto un paio di anni prima e chiese alla maestra Maria di accompagnarlo al matrimonio facendo le veci della madre dello sposo. Naturalmente, la maestra Maria accettò. E indovinate un po’ che fece? Indossò proprio quel braccialetto, quello con gli strass mancanti, quello che Nicola le aveva regalato; fece anche in modo di mettere il profumo che la madre di Nicola indossava l’ultimo Natale che passarono insieme. Si abbracciarono e il Dr. Esposito sussurrò all’orecchio della maestra Maria: “Grazie maestra per aver creduto in me. Grazie mille per avermi fatto sentire importante e per avermi mostrato che avrei potuto fare la differenza”. La maestra Maria, con le lacrime agli occhi, sussurrò: “Nicola, ti stai sbagliando. Sei tu quello che mi ha insegnato che potevo fare la differenza: non sapevo come insegnare fino a quando ti ho incontrato”.

 La storia mi ha commosso ed ha ancora di più rafforzato il mio convincimento che l’apprendimento deve essere comprensione, avventura, emozione.

Ho svolto il mio lavoro di insegnante di scuola primaria per quaranta anni. Ricordo ancora i volti, gli occhi, le voci, le storie di tanti bambini, ora diventati adulti, con i quali ho condiviso emozioni e scoperte, la fatica e la ricerca di un percorso per imparare e per diventare grandi. Mi capita spesso di incontrarli e di sentirmi chiamare…maestra! A volte accade di avere qualche attimo di perplessità nel riconoscerli, ma bastano un gesto, un sorriso, uno sguardo perché riaffiori nella mente il ricordo, rimasto indelebile nella mia memoria, di un nome, di un bambino o di una bambina a me cari e che non dimenticherò mai.

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