LAURIA (PZ) – La Matta di Piazza Giudia è l’ultimo lavoro letterario del lauriota Gaetano Petraglia, protagonista in questi giorni al Salone del Libro di Torino. Con un lavoro di ricerca eccezionale e meticoloso, Petraglia racconta e narra la storia di una donna libera, ma che nel Ventennio era vista come una specie di strega: perseguitata perché ebrea. Elena di Porto fu considerata pazza, una cellula fuori controllo all’interno del regime. In questo saggio, attraverso le numerose fonti, si ripercorre una vita e una storia.
Elena Di Porto non era affatto matta. Nata nel 1912 nell’antico Ghetto di Roma da un’umile famiglia ebraica, Elena era una donna dal carattere singolare e ribelle, profondamente anticonformista. Separata dal marito, indipendente, femminista ante litteram, antifascista convinta e temeraria, poco disposta ad accettare passivamente ogni forma di sopruso, nei suoi confronti ma anche – e soprattutto – nei confronti degli altri. Gaetano Petraglia, attraverso documenti d’archivio inediti e testimonianze orali, ricostruisce con precisione la vita di questa donna straordinaria, protagonista di una solitaria battaglia di resistenza personale contro l’emarginazione sociale, le angherie del regime e la persecuzione razziale: dalla giovinezza nel Ghetto, dove divenne presto figura nota e quasi mitica, ai reiterati ricoveri nell’Ospedale psichiatrico di Santa Maria della Pietà; dagli scontri con le squadracce fasciste nel tentativo di difendere gli ebrei dall’ennesima violenza, all’esperienza alienante del confino in varie località della Basilicata; dal ruolo, divenuto presto leggendario, giocato da Elena durante l’occupazione nazista della Capitale e il rastrellamento del 16 ottobre 1943, fino all’ultimo disperato atto d’amore che le costerà la deportazione ad Auschwitz, e quindi la morte. “La matta di piazza Giudia” è una biografia necessaria e commovente che restituisce alla nostra memoria collettiva una figura eroica, una donna che merita di essere inserita tra i grandi protagonisti dell’antifascismo italiano e tra le pioniere del femminismo, un archetipo di indipendenza, coraggio e infinita umanità.
Dopo il successo della presentazione torinese, abbiamo incontrato l’autore lauriota per rivolgergli qualche domanda.
Gaetano Petraglia, come è nata l’idea di raccontare questa storia?
La ricerca è nata per caso, in Basilicata e non a Roma, può sorprendere, e questo per me è un motivo di orgoglio. Stavo svolgendo un lavoro d’archivio a Lagonegro, presso l’archivio storico comunale, e mi accorsi che c’era molti fascicoli riguardanti persone di religione ebraica. Erano tutti stranieri, polacchi, ucraini, cecoslovacchi, austriaci e tedeschi in fuga dal nazismo e che cercavano una via di fuga nei porti italiani per imbarcarsi per la Palestina o gli Stati Uniti. Allo scoppio della Guerra però furono bloccati dal regime fascista e mandati in piccolo paesi del centro e Sud Italia, al confino. Tra quei fascicoli ce n’era però uno che catturò subito la mia attenzione. Era quello di una donna ebrea arrivata da Roma, sola e con la nomea di persona scomoda al regime…era Elena Di Porto. Da lì è nata una ricerca lunga e complessa alla quale mi sono dedicato con grande impegno e dedizione, con lo scopo di tirar fuori dall’oblio questa donna straordinaria e sfortunata.
Che lavoro di ricerca c’è stato dietro?
Va detto che il mio lavoro di ricerca è stato abbastanza lungo e complesso perché la storia di Elena si è tramandata per via orale in una stretta cerchia di ebrei romani del quartiere ebraico, l’antico Ghetto, e nel corso del tempo, come tutte le storie basate sull’oralità, si è fisiologicamente trasformata, arricchendosi di particolari non veritieri e perdendo per strada informazioni molto importanti. Serviva perciò una ricerca attenta basata sull’incrocio di quelle testimonianze orali con i documenti d’archivio. Ho avuto la fortuna di conoscere testimoni diretti ancora in vita, sia a Roma che in Basilicata, che mi hanno raccontato di Elena, del suo carattere e delle sue “gesta” coraggiose e sorprendenti. I documenti d’archivio poi hanno fatto il resto, facendo emergere particolari molto importanti della storia, completando quanto detto dai testimoni. La ricerca in definitiva ha avuto esiti molto interessanti sia per la ricostruzione della vita di questa donna vissuta a Roma durante gli anni del fascismo ma anche per la storia della regione e dei paesi fu un confinata: Lagonegro, Gallicchio, Terranova di Pollino, Potenza, Pietrapertosa, così che sono emersi anche pezzi importanti di storia lucana.

Walter Veltroni sul Corriere l’ha definita “un’opera sorprendente”
La recensione di Veltroni è stata una bellissima sorpresa, inutile dire che mi ha fatto molto piacere. Soprattutto mi ha spronato, e mi sprona ancora, a fare.meglio. Se sono riuscito a raccontare in modo adeguato la vicenda umana di Elena è stato perché mi sono messo in gioco -non sono assolutamente uno scrittore- sospinto dalla forte motivazione di far riemergere una storia quasi dimenticata e di riscattare Elena.
Un grande successo e riscontro anche al Salone del Libro di Torino, cosa rappresenta per te tutto ciò?
La partecipazione al Salone torinese, per cui devo ringraziare la mia casa editrice, la storica editrice fiorentina Giuntina di Shulim Vogelmann che mi sostiene con grande convinzione, è un altro momento importante del mio lavoro di ricerca, mi ripaga dei sacrifici fatti e mi dà fiducia. Si è vero, il libro sta andando molto bene, ha riscontri positivi continui e molte iniziative sono nate o stanno nascendo in relazione ad esso. Tra queste, a gennaio scorso, l’apposizione della pietra d’inciampo davanti alla casa di Elena a Roma, una paio di ottimi mini-documentari Rai, e molta attenzione mediatica, a cui non sono abituato ma che ho imparato ad apprezzare. In futuro ci saranno sicuramente sorprese e novità.

