«La mia città non si chiama Selinunte, anzi, non si chiama proprio». Il libraio di Selinunte di Roberto Vecchioni

EDITORIALE – Il libraio di Selinunte racconta la storia di Nicolino Sciuto che, nel caratteristico borgo sulla costa sud-ovest della Sicilia, si avventura nella bottega di un misterioso e strano libraio, che l’autore descrive come un uomo piccolo, storto e incurvato.
Il libraio sconvolge la vita del paese e dei suoi abitanti, nessuno lo apprezza, nessuno si avvicina a lui quando lo vedono seduto al tavolino del Caffè Garibaldi. Ma il libraio di Selinunte non è affatto un libraio qualsiasi: non vende libri, ma ogni sera alle 21 regala la lettura a voce alta di citazioni letterarie. Sarà proprio Nicolino, il bambino protagonista, a raccontarci questo fatto piuttosto bizzarro che si verifica con l’arrivo del libraio: la gente improvvisamente non sa più parlare, le parole perdono le sfumature. Ma Nicolino è salvo, indenne e racconta. Nicolino è attratto fin da subito da quell’uomo e inizia a frequentare di nascosto la libreria, ascoltando le letture che alimentano in lui l’amore per il sapere, trasformandolo in un tesoro da scoprire.
Il finale è sconvolgente, quegli stessi abitanti del villaggio, un giorno, mossi da quell’inspiegabile odio, bruciano la libreria; ma tutto sembra ritorcerglisi contro, perché tutto va via via sparendo dietro quelle parole. Il libraio, intanto, è introvabile.
Il libraio di Selinunte è una favola moderna, una piccola meraviglia che viene fuori dalla penna di un cantautore eccezionale. In queste pagine emerge il Roberto Vecchioni paroliere, quello che sceglie in modo quasi ossessivo, ogni parola e ogni pausa. La musicalità ci ricorda tante sue ballate. Il racconto è sorprendente, emozionante e conduce a profonde riflessioni sulla potenza delle parole, trasformandole in valore ed essenza della vita stessa. Chi sa ascoltare, possedere, custodire le parole, le rende autentiche ed eterne.

Pubblicità