EDITORIALE – Durante la settimana santa i crocifissi e le statue in chiesa venivano coperti con un panno viola, si toglievano le tovaglie e i fiori dagli altari. Dal giovedì a sabato le campane tacevano: il loro suono era sostituito da quello della troccola, un arnese formato da piccoli pezzi di legno che, strisciando, producevano un caratteristico suono. Il sabato, alle undici, le campane suonavano a festa, annunciando la Resurrezione di Gesù.
La mattina della domenica di Pasqua era usanza fare una grande frittata con salame e formaggio fresco, che si offriva anche alle persone che venivano a casa per fare gli auguri. Era una frittata speciale, tanto che esiste il detto “a frittata ca si fa a matina i pasca nun si fa cchiù pi tutto l’anno”.
Le famiglie si recavano in chiesa per la messa solenne. Seguiva il pranzo pasquale, a base di ravioli fatti con la ricotta fresca di montagna, capretto con patate, insalata dell’orto e salami. Non mancavano mai i dolci: fritture varie, “picciddato, pane di mascula” (pane a forma di bambola che si regalava alle bambine). Si beveva il buon vino dell’ultima vendemmia. A fine pranzo, noi bambini ricevevamo il tanto atteso uovo di cioccolato. La sera si girava per le strade del paese, suonando l’organetto e cantando canzoni popolari.
Il mattino seguente, giorno di Pasquetta, si trascorreva una giornata all’aperto. Ci recavamo in un grande spiazzo verde, chiamato Cerse dello Speziale, l’attuale via Rocco Scotellaro, ricco di vegetazione e di alberi secolari che donavano una piacevole ombra. Le mamme stendevano una tovaglia sull’erba e vi poggiavano varie pietanze, compresi gli avanzi del giorno di Pasqua.
Si mangiava e si conversava in allegria fino al tramonto del sole. Per noi bambini era una giornata da vivere in completa libertà: ci divertivamo a correre, a giocare a nascondino, a fare capriole, a ridere e a scherzare.
La sera, al ritorno a casa, crollavamo per la stanchezza, cadendo in un sonno profondo.
Oggi si sono conservate alcune usanze, ma forse mancano la genuinità, la fede autentica, l’entusiasmo e quella gioia di sentirsi membri di una comunità che s’identifica con il proprio passato, facendo tesoro di quei valori che appartengono alle nostre radici e alla nostra storia.