La Woodstock di Ernesto Assante

FARDELLA (PZ) – A Fardella ieri pomeriggio ho realizzato un sogno. Parlare di musica, di rock e di Woodstock con uno dei massimi esperti musicali italiani per un appassionato come me, è stato qualcosa di grandioso. Ernesto Assante, giornalista e critico musicale classe 1958, incanta la platea, parla della tre giorni che cambiò gli Usa e il mondo intero con spontaneità e passione, attraverso aneddoti, filmati e curiosità. Come quella volta che, incontrando Carlos Santana, uno dei protagonisti di Woodstock, gli confidò che salì sul palco del festival talmente fatto di mescalina che a un certo punto “la chitarra gli sembrò che avesse preso le sembianze di un grosso serpente”, o di Grace Slick, cantante dei Jefferson Airplane che tentò di mettere l’Lsd nello champagne del Presidente Nixon approfittando del fatto di essere compagna di classe della figlia. Furono tre giorni di pace, musica e nuove sperimentazioni. Il mondo in generale, non solo quello del rock, prese la consapevolezza che si poteva cambiare in meglio, nonostante la guerra in Vietnam (contestata da Jimi Hendrix nel suo inno americano distorto che mimava i bombardieri atti a sganciare le bombe) e una rivalità sociale ancora tristemente viva. L’incontro, organizzato magistralmente dall’amministrazione comunale di Fardella e moderato dal Direttore di Radio Senise Centrale Nicola Melfi, è stato molto partecipato e coinvolgente.

Qui la mia intervista all’autore del libro Woodstock69 Ernesto Assante

Ernesto Assante, perchè è importante parlare di Woodstock?

Perchè se uno dimentica la storia, si dimentica che le cose, volendo, si possono fare e che anche le cose più assurde possono essere realizzate. Woodstock è nata così, da un’idea di due giovani ragazzi che avevano ipotizzato un centomila persone e che invece se ne sono ritrovate cinquecentomila in una fattoria vicino New York con strade bloccate e artisti grandiosi sul palco. Ecco, ricordare oggi questo storico avvenimento può fare da sprono affinchè qualcosa del genere riaccada, stimolando le nuove generazioni a riprendersi, attraverso la musica, la loro vera identità.

Come si racconta ai giovani di oggi Woodstock?

Dando loro la possibilità di farglielo vedere e ascoltare. In un’epoca di fake news in cui tutto sembra falso, far vedere che una cosa del genere è accaduta in un’epoca priva di tecnologia, di social, di sostentamento e di comunicazione digitale, è un insegnamento secondo me molto bello. Dire ai ragazzi che “volendo si può”, è qualcosa che da speranza e motivazione, anche in condizioni o tempi non semplici come quelli di cinquant’anni fa o anche un pò oggi.

Come sta il rock oggi secondo Ernesto Assante?

Non sta malissimo secondo me, anzi, sta abbastanza bene. Ci sono dischi e gruppi eccellenti anche oggi, forse il rock non ha più il senso di un tempo, non è più il genere con il quale forse la mia epoca pensava di poter cambiare il mondo, ma comunque resta ancora oggi un ottimo genere che offre grande musica e grande ispirazione.

Numerose le interviste nella sua lunga carriera, ma quella che le è rimasta più impressa?

Sono un fan assoluto dei Beatles e credo che la prima volta che ho intervistato Paul McCartney sia stata una delle più grosse emozioni della mia vita. Penso che quella sia inarrivabile, con tutto il rispetto per le altre che ho avuto l’onore e il piacere di fare…

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