LAURIA (PZ) – In Italia, e al Sud in particolare, l’importanza del volontariato organizzato e del Terzo Settore non può e non deve mai essere sottovalutata.
La forza delle associazioni di volontariato, la loro visione, la loro tenacia hanno dato il via ad opere di straordinario valore sociale.
L’esperienza quasi ventennale dell’Associazione “Angelo Custode”, associazione no profit di familiari di disabili, in questi anni ci ha spesso offerto l’occasione di svolgere una riflessione non solo in retrospettiva, su quanto il volontariato organizzato, il sistema delle cooperative e il servizio pubblico sia riuscito ad elaborare sul piano teorico ed a realizzare sul piano pratico a Lauria e nella nostra Regione, ma soprattutto in prospettiva, su quanto ancora resta da fare in ambito culturale e di rete tra pubblico e privato.
“Casangelica”, ad esempio, occupandosi del “dopo di noi” ha precorso i tempi offrendo alle persone con disabilità grave l’integrazione e una prospettiva, ancor prima che venisse emanata una normativa nazionale di riferimento.
Oggi abbiamo la legge n°112/2016 di cui ancora dobbiamo esplorare tutte le potenzialità ma ai pionieri del “Dopo di Noi” va dato atto che hanno aperto uno squarcio sull’angoscia di tanti genitori che avevano perso la speranza.
Esiste anche un altro progetto promosso dall’Associazione “Angelo Custode” e gestito dalla Cooperativa Sociale “Medihospes” di cui vale la pena raccontare l’esperienza.
Il racconto è in presa diretta, con le parole delle responsabili del progetto, Antonietta Priolo e Nicoletta Messuti, con le quali ho voluto parlare per raccogliere le sensazioni e le emozioni della casa-famiglia per anziani “Donna Olga”, ideata e realizzata nel territorio di Lauria, un’avventura durata sette anni, dal 25 febbraio 2014 al 25 febbraio 2021, date non casuali per i lettori laurioti.
Antonietta e Nicoletta mi introducono alla conversazione con una bella citazione di Anselm Grun, un padre benedettino tedesco, filoso e teologo contemporaneo, un aforisma che darà il via alla nostra chiacchierata: “Le ambizioni, i progetti, le scelte legate alla realizzazione della professione, sono sempre alla base della propria vocazione e missione della vita.”.
E poi aprono il loro cuore al resoconto, con la prima che finisce le parole dell’altra e viceversa, tanto che adesso non so dire chi abbia detto cosa…
“È stato proprio un progetto “ambizioso” quello dell’apertura della prima Casa famiglia per ospitare persone anziane, un target femminile, “Donna Olga”, realizzata a Lauria.”.
“Ancora una volta, sette anni fa, abbiamo voluto dare un piccolo contributo, con un progetto sperimentale, rispondendo ad un bisogno espresso dalla comunità. Abbiamo sempre pensato che le persone anziane fossero una grande risorsa, hanno un grande vissuto, esperienza, competenza e tanto da dare e condividere. Quale contesto migliore se non la “Casa famiglia Donna Olga”. Ossia un luogo, uno spazio, un ambiente adeguato, confortevole, luminoso da vivere e “condividere”. È stato questo l’intento per rispondere proprio al bisogno di contrastare la solitudine e prevenire l’isolamento. Stare insieme, ricreare l’atmosfera, come stare a casa propria.”.
Il progetto prevedeva il coinvolgimento delle ospiti nelle varie mansioni della gestione della casa. In particolare nella cura del menù “stagionale”: la preparazione di piatti tipici della nostra tradizione gastronomica, il rispetto e l’osservanza delle tradizioni culturali e religiose.
“L’impegno nella gestione è stato sempre quello di garantire e assicurare la massima attenzione alla qualità dell’assistenza, il rispetto e la disponibilità all’ascolto dei bisogni individuali.”.
Ci sono anche le note dolenti, le emozioni contrastanti, se non i rimpianti, quanto meno una velata tristezza che traspare nella cronaca dei fatti.
“I motivi che ci hanno portato a chiudere questa esperienza sono tanti, così come tanti sono stati i tentativi nel reperire soluzioni, purtroppo senza successo. È stato necessario trovare il coraggio di voltare pagina.”.
“È un grande errore, rovinare il presente, ricordando un passato che non ha futuro”, chiosano Nicoletta e Antonietta.
“Chiudere un ciclo incide quasi sempre, in maniera diretta, su quello che succederà nel futuro. Se il ciclo, qualunque esso sia, rimane aperto, interferisce inevitabilmente con lo sviluppo personale. Un po’ come non riparare un rubinetto che gocciola, sperando che la perdita non incida in termini di costi economici ed ecologici. Noi tendiamo ad aggrapparci a ciò che conosciamo, piuttosto che cominciare un’avventura nuova di cui si conosce poco. L’abitudine è una forza molto potente che ci spinge a mantenere l’inerzia. Ciò porta sempre ad avere difficoltà a chiudere un ciclo. Una parte di noi prova sempre “resistenza” a riconoscere la realtà dei fatti. La cosa più giusta da fare è “ripassare”, passo dopo passo, ogni esperienza vissuta on l’obiettivo di “riappacificarsi” con il passato per poter guardare al futuro e affrontare il presente.”.
Non mancano, insieme al rammarico, i temi della generosità e del sostegno ricevuti, le note dell’apprezzamento sincero per gli sforzi di chi è stato vicino alle iniziative dell’Associazione.
“Vogliamo ringraziare tutti coloro che hanno creduto in questo progetto e ci hanno sempre sostenuto (amici, familiari, medici di famiglia, operatori ADI, associazioni di volontariato, suore, il ministro straordinario Mario Albanese e il parroco Don Franco).”.
Antonietta e Nicoletta, animate da profondo spirito religioso, mi lasciano con un’altra massima che mi fa riflettere: “Quando sembra che tutto tace, ricorda che Dio è sempre all’opera. Egli ha stabilito un tempo per ogni cosa”.
Dal mio punto di vista non posso che esprimere apprezzamento per l’opera instancabile dell’Associazione “Angelo Custode”, anche per iniziative come questa che hanno dovuto essere archiviate in maniera anticipata.
Il tema degli anziani e della loro solitudine è particolarmente importante e non deve essere tralasciato, soprattutto in questi periodi di pandemia.
Infatti, il rischio reale è che la pandemia aumenti l’isolamento e peggiori la qualità di vita per la popolazione anziana, un fetta di concittadini che già prima del Covid combatteva con la solitudine e le patologie croniche.
Secondo gli ultimi dati della sorveglianza Passi d’Argento coordinata dall’ISS, pubblicati il 1° ottobre 2020, un anziano su 5 in Italia viveva già prima dell’arrivo del Covid-19 in una condizione di isolamento sociale, senza contatti con altre persone, neppure telefonici, nel corso di una settimana normale.
Il rapporto ci restituisce una fotografia dell’Italia in cui circa il 18% degli anziani vive una condizione di fragilità che pesa innanzitutto sulle famiglie, il 94% delle persone con fragilità riceve aiuto dai familiari, il 20% da badanti e il 12% da conoscenti.
“Il Covid è certamente una minaccia per la salute degli anziani ma anche per molti aspetti legati alla qualità di vita” sostiene Maria Masocco, responsabile del coordinamento nazionale Passi e Passi d’Argento dell’ISS. “La pandemia rischia di aumentare le disuguaglianze sociali nella salute, nella qualità di vita e nell’accesso alle cure. Monitorare le dimensioni che caratterizzano l’invecchiamento nel nostro Paese è un’opportunità unica per avere anche informazioni sull’impatto di questa emergenza sanitaria sulla popolazione anziana in Italia”.
Aver perso nel nostro territorio una struttura come la casa-famiglia “Donna Olga” è un impoverimento sociale per tutti noi.