Di Andrea Oriente
POTENZA – “Se fossi un uomo pubblico di qualche Paese asiatico, dove come in Giappone è costume chiedere scusa per i propri sbagli, vi chiederei scusa: scusa per il disastro seguito a ‘Mani Pulite’. Non valeva la pena di buttare all’aria il mondo precedente per cascare poi in quello attuale”. Questa frase è stata pronunciata nel 2011 da Francesco Saverio Borrelli, colui che ha diretto le inchieste di ‘Mani Pulite’ dal 1992.
La frase è emblematica perché, col senno di poi, possiamo comprendere come l’inchiesta contro un intero sistema politico abbia condizionato e cambiato la storia d’Italia. Non parlerò dell’inchiesta nello specifico, a tal proposito ci sono libri, film, serie tv, documenti e articoli ben più completi ed esaustivi, credo sia giusto, invece, analizzare le cause e i momenti che hanno portato i cittadini ad allontanarsi sempre di più dal panorama politico.
Sicuramente l’evento emblematico, che gli appassionati di politica repubblicana ricorderanno meglio di altri, è il lancio delle monetine, verso Bettino Craxi, avvenuto sotto l’Hotel Raphael a Roma il 30 aprile di trent’anni fa. Molti sostengono che sia quello l’esatto istante in cui il populismo e il giustizialismo abbiano prevalso sulla cultura istituzionale e politica. Oggi tantissimi, dei protagonisti politici dell’epoca, riconoscono che fu un grave errore lanciare monetine e oggetti di vario tipo al leader socialista, ma l’analisi non può non andare oltre il ragionamento superficiale, tant’è che oltre alle monetine e alle proteste dovremmo parlare anche di Craxi, che pur sapendo della presenza dei manifestanti, non certo sereni, non ha voluto abbandonare l’Hotel vicino piazza Navona da un’uscita secondaria e nascosta. Uscendo ha visto la fine della Prima Repubblica e ci ha dato l’immagine di ciò che sarebbe successo dopo: mancanza di statura politica e uno scacchiere politico senza idee e ideali.
Da quel giorno la gente ha paura quando parla di politica e quasi se ne vergogna. Le inchieste del pool di Milano hanno dimostrato quanto sia importante non dimenticarsi della divisione dei poteri teorizzata da Montesquieu e che la nostra Costituzione tutela lasciando autonomia ai vari organi dello Stato. Con ciò non voglio certo dire che il sistema politico accusato non sia stato colpito dalla corruzione, ma intendo sostenere, che per inerzia, l’obbiettivo non fosse più tutelare il sistema politico dalla corruzione, ma colpirlo nel suo insieme per abbatterlo sull’onda di un populismo sfrenato. Basti pensare che all’inizio delle indagini il pool di mani pulite composto da Di Pietro, Davigo e Colombo era sostenuto dalla maggior parte della popolazione e non era insolito trovare delle città sui muri frasi in loro favore.
Trent’anni fa morì un sistema politico, si dissolsero i principali partiti (Dc e Psi) e insieme a loro caddero gli ideali che avevano fino a quel momento caratterizzato il dibattito politico. Dall’altro lato del campo emersero vincitori il giustizialismo e il populismo, che successivamente si sarebbe presentato in forma più esplicita.
La mancanza di dibattito politico ha allontanato tutti dalla discussione politica, ha distanziato i giovani dal confronto e dagli ideali politici e, soprattutto, si è persa la prassi della ‘gavetta politica’ che porta esperienza e fa bene alla democrazia.
Per concludere, noi giovani appassionati di politica abbiamo diverse opinioni sull’inchiesta e sui fatti sopra descritti, ma credo che molti siano d’accordo che dal 30 aprile del 1993 la distanza tra cittadini e istituzioni sia aumentata notevolmente e le conseguenze di ciò si possono notare anche oggi visto l’astensionismo generale in costante aumento.