“Il governo regionale costretto ad affrontare i disastri degli ultimi 20 anni. Ma gestire l’emergenza non può bastare È necessaria una transizione ecologica dell’acqua e un nuovo governo della risorsa idrica in Basilicata”
POTENZA – Attese e doverose, sono state finalmente definite le misure che il Governo regionale intende adottare per superare l’emergenza determinata dalla crisi idrica degli ultimi mesi in Basilicata. Si tratta, come ormai noto, di soluzioni a breve temine di pura emergenza (il trasferimento di una quota di acque del Basento 100 metri in alto verso l’invaso della Camastra) e altre misure di medio-lungo termine, alcune delle quali indispensabili (come la rimozione dei sedimenti negli invasi e la manutenzione straordinaria delle strutture) ma, in passato, in gran parte mai realizzate.
“Considerato il carattere di eccezionalità del periodo – sottolinea Antonio Lanorte, Presidente di Legambiente Basilicata – non ci si poteva, forse, aspettare di più, sia in merito alle risposte agli interrogativi che tanti cittadini hanno posto, sia in relazione alla necessità di un’analisi finalmente molto più approfondita di quella fatta fino ad ora, dei temi in campo”.
“Questioni che – secondo Lanorte – dovranno essere, si spera, comunque affrontate e che noi riteniamo utile ribadire fin da ora affinché possano essere presto oggetto di discussione”.
“Sulle responsabilità della gestione della risorsa idrica – sostiene Lanorte – soprattutto negli ultimi 20 anni, andrà fatta assolutamente chiarezza, anche per non ripetere gli errori già commessi. Difficile capire le ragioni della gravità della situazione attuale a fronte della quantità di risorsa idrica potenzialmente disponibile e delle ingenti risorse finanziare utilizzabili. Sono evidenti a nostro avviso le responsabilità decennali di un sistema politico inadeguato e di un apparato tecnico-gestionale che ha progettato poco e male (e anche talvolta con condotte illegali). Per restare solo sul caso eclatante della Camastra, si discute di una struttura che dopo circa 60 anni è ancora considerato un invaso sperimentale ubicato su terreni su cui c’è un contenzioso legale e che funziona solo per un terzo della sua capacità per motivi di sicurezza e perché è piena di fango. Cos’è che non ha funzionato? Qual è l’origine di tali enormi inefficienze? Gli avvenimenti degli ultimi mesi (dalla questione elettropompe di giugno scorso alla drammatica riduzione dell’acqua invasata questa estate) sono solo la punta dell’iceberg di decenni di malagestione. Che non possono essere sottaciuti”.
“Quindi c’è – secondo Lanorte – un evidente problema di governance in grado, attraverso una visione strategica della risorsa acqua, di pianificare una gestione moderna della stessa. A nostro parere occorre ricostituire una regia unica della risorsa idrica a partire dall’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale che metta a sistema le esperienze maturate nel corso degli anni dai diversi soggetti (Regione, Acquedotto Lucano, Egrib, Consorzi di Bonifica, Comuni). In questo contesto andrà valutato con attenzione l’operato di Acque del Sud spa, attivo da qualche mese, quale gestore delle infrastrutture idriche in sostituzione del fallimentare e giustamente soppresso EIPLI”.
“Tuttavia – sostiene ancora Lanorte – il rischio maggiore che scorgiamo anche in questa fase è che la crisi idrica venga affrontata proponendo l’approccio strutturale e infrastrutturale (schemi idrici, invasi, adduttori, traverse di derivazione) come unica soluzione praticabile piuttosto che come una delle diverse soluzioni da adottare. Peraltro, dighe e schemi idrici costano tanto sia per la loro realizzazione che per la manutenzione. Sul medio e lungo periodo è necessario sviluppare un approccio nuovo, sistemico e integrato che permetta di ripristinare tutte le pratiche, anche relativamente poco costose, in grado di trattenere il più possibile l’acqua sul territorio e risparmiare la risorsa. Tra le soluzioni praticabili ci sono: applicare tecniche per il risparmio irriguo attraverso l’irrigazione di precisione; diffondere e praticare il riutilizzo delle acque reflue depurate in agricoltura, anche attraverso il miglioramento degli standard di depurazione; ridurre i consumi scegliendo attività agricole meno idroesigenti; incentivare pratiche colturali che permettano di aumentare la sostanza organica dei suoli e quindi la loro capacità di stoccare acqua; incentivare e defiscalizzare azioni di efficienza idrica; riqualificare e rinaturalizzare i fiumi, condizione indispensabile anche per combattere le carenze idriche attraverso la ricarica delle falde; ridurre la pressione antropica sui corpi idrici in termini di inquinamento, prelievi e derivazioni; installare sistemi di recupero delle acque meteoriche sugli edifici delle città, a partire da quelli pubblici (scuole, uffici, ospedali etc.) e da quelli residenziali; investire in infrastrutture e tetti verdi, vantaggiosi per la cattura e il trattamento dell’acqua piovana; favorire il riuso, recupero e riciclo per riutilizzare e usare le diverse fonti d’acqua con un trattamento che corrisponda all’uso, garantendo una qualità adatta allo scopo di utilizzo e la gestione integrata delle risorse idriche, come nel caso del riutilizzo delle acque reflue per l’agricoltura; recuperare la permeabilità nelle aree urbane, liberando aree dal cemento e dall’asfalto; ammodernare la rete idrica per evitare le perdite di rete e gli sprechi: combattere il furto e il prelievo abusivo di acqua.
Come si vede le azioni importanti su cui investire sono tante e riguardano tutti i possibili usi idrici, agricoli, civili e industriali”.
“Inoltre, la nostra Regione – sottolinea Lanorte – sconta, come denunciamo da anni, una storica carenza di attività di monitoraggio adeguate finalizzate alla caratterizzazione qualitativa e quantitativa dei corpi idrici superficiali e sotterranei. I fiumi e i corsi d’acqua sono poco controllati e monitorati, gli acquiferi sono praticamente sconosciuti dal punto di vista quantitativo e per buona parte non classificati dal punto di vista qualitativo”.
“Infine – conclude Lanorte – un punto che non andrebbe mai dimenticato e che i fenomeni estremi che osserviamo sempre più spesso, come la siccità e le alluvioni devastanti, sono innescati e amplificati dalla crisi climatica in atto. Il tema fondamentale è quindi sempre quello di cambiare il modello energetico per uscire dal fossile e promuovere rinnovabili e risparmio energetico. Lo dobbiamo fare in tutti i territori perché questa è l’unica soluzione. Mitigazione e adattamento alle conseguenze della crisi climatica dovrebbero essere anche le priorità di chi governa la Regione Basilicata”.