EDITORIALE – La giornata di ieri ha segnato un bivio sicuramente importante, ma non decisivo, per le sorti governative del nostro Paese. Il voto nella vicina Calabria e in Emilia Romagna porta con sè una miriade di considerazioni su cui è necessario soffermarsi affnchè si possano comprendere i numerosi rumors o analisi di queste ore.
Partendo dalla Calabria, non si può non notare la sua “inclinazione” a sperimentare l’alternanza elettorale. Infatti negli ultimi 20 anni, tutte le elezioni regionali hanno visto la vittoria di un candidato (e di una coalizione) di colore opposto a quello del Presidente e della giunta uscenti.
Nonostante – o forse proprio a causa di – una certa marginalità rispetto alla politica nazionale, la Calabria ancora una volta premia l’area politica più forte a livello nazionale: così il Loiero e Oliverio hanno vinto nel 2005 e nel 2014, anni dei trionfi del centrosinistra prodiano e del PD renziano, così come Chiaravallotti, Scopelliti e oggi Santelli hanno vinto sfruttando il vento in poppa che aveva il centrodestra berlusconiano nel 2000 e nel 2010, e quello a trazione salviniana di oggi.
Il Pd è il primo partito della “punta dello Stivale”, nonostante l’affermazione netta e indiscutibile del centrodestra, trainato dalla rinascita di Forza Italia e da una Lega che perde circa undici punti percentuali rispetto alle europee. Bene anche Fratelli D’Italia, con Giorgia Meloni che si conferma sempre di più l’anti Salvini all’interno della coalizione e non solo.
Jole Santelli, prima donna governatrice del Sud Italia, è attesa da un compito non semplice, cioè quello di risollevare le sorti di una regione sempre più a crisi spopolamento e con un’alta emergenza a livello lavorativo e infrastrutturale. Una Calabria che nelle ultime settimane è stata anche al centro di temi ed eventi giudiziari rilevanti, con il vento in poppa portato avanti da giovani e meno giovani in sostegno del procuratore Nicola Gratteri, autore di una vera e propria “Primavera calabra”.
In Emilia Romagna, regione su cui la politica e i media nazionali si sono concentrati di più a discapito di una Calabria forse messa fin troppo ai margini, si conferma il fenomeno Bonaccini, governatore uscente riconfermato dal oltre il 50% dei voti.
Qui si apre un discorso ampio e indiscutibilmente valido incentrato sulla persona e sulle sue doti, nella verità improrogabile che vede chi ha governato bene, vincere aldilà di partiti, mosse mediatiche o tattiche elettorali. Bonaccini lo si diceva già da tempi non sospetti, in Emilia Romagna era riuscito nel miracolo di non creare lotte di classe, lavorando su più fronti e in egual misura per il settore imprenditoriale, operaio, agricolo o privato.
Sul fronte prettemente politico c’è il bicchiere mezzo pieno visto e consolidato dal Pd, primo partito anche in una regione da sempre storicamente rossa, e l’occasione mancata da parte della Lega, forse più concentrata sulle sorti del proprio leader Matteo Salvini piuttosto che a quelle della sua candidata Bergonzoni. Da un testa a testa che fino a domenica sera sembrava inevitabile e con conseguenze “thrilling” per entrambi gli schieramenti, l’ex Ministro dell’Interno sembra aver pagato a caro prezzo i messaggi a volte troppo forti lanciati e alcune mosse sconsiderate (anche per bocca di qualche suo alleato o seguace), come quella del citofono o della “caccia” allo spacciatore.
La Lega perde così l’occasione di consolidarsi nella roccaforte delle regioni “rosse”, perdendo la palma di primo partito ottenuta alle Europee di maggio.
Tornando alle sorti del Governo nazionale, per un Pd in ascesa c’è un Movimento 5 Stelle che crolla in modo inesorabile.
Orfano da pochi giorni del suo (ex) leader Luigi Di Maio, appena dimessosi da capo politico del partito, il M5S è rimasto “schiacciato” da una competizione che si andata via via bipolarizzando tra centrosinistra e centrodestra, non solo in Emilia Romagna ma anche in Calabria, dove il centrosinistra aveva scelto come candidato Pippo Callipo.
Il risultato negativo del M5s è particolarmente doloroso sia in Emilia Romagna, dove il Movimento ottenne i suoi primi risultati importanti: giusto 10 anni fa ci fu il sorprendente 7% raccolto dall’allora candidato grillino Giovanni Favia in Emilia-Romagna, e fu sempre in una città dell’Emilia Romagna, Parma, che due anni dopo il M5s elesse il suo primo sindaco di un comune capoluogo, quel Federico Pizzarotti che poi – come Favia – sarebbe stato in seguito espulso dal Movimento. In Calabria il M5S ha sperimentato, per la prima volta nella sua storia, un’alleanza pre-elettorale con una lista civica: esperimento che si direbbe non riuscito, dal momento che il valore aggiunto di questa lista civica alla coalizione di Aiello si dovrebbe aggirare intorno all’1% e che questa coalizione potrebbe ritrovarsi addirittura al quarto posto, scalzato da quella del candidato civico Carlo Tansi. Una debacle che in queste ore già sta facendo rivedere e non poco la stabilità dell’alleanza di Governo, con un Pd che vuole prendersi il ruolo di protagonista e con i 5 Stelle a fare i conti con le proprie responsabilità e futuro. Anche se, come ammesso dagli stessi protagonisti nelle interviste di queste ultime ore, la stabilità dell’Esecutivo non è a rischio.
In ultimo, resta da capire quale sarà il futuro delle “Sardine”, decisive in Emilia Romagna come lo stesso Zingaretti ha ammesso e che ora dovranno prendersi la responsabilità di un fenomeno apparso pionieristico e di riferimento per quanti ancora vedono nell’antipopulismo e antisovranismo la loro stella polare. C’è il peso di essere l’ago della bilancia da portare con sè e capire, da qui alle elezioni campane e pugliesi, quanto saranno in grado di incidere con proposte concrete e programmi attuabili.