Muro Lucano (PZ) – Ho avuto modo di leggere l’articolo a firma del dott. Togni Presidente Nazionale dell’ Anev ed oltre a sentirmi offeso in quanto lucano, ho trovato il suo pensiero di una insensibilità totale per la Basilicata e non solo.
Al posto suo mi farei una domanda molto profonda chiedendomi come mai esistono dei Sindaci che sono pronti a mobilitare un’intera Regione se non arrivare a difendere il proprio territorio anche scendendo in campo fisicamente.
Personalmente, nella logica delle così dette energie alternative, non vedo altro che speculazione e devastazione del territorio e la Basilicata ne è l’esempio con oltre 1500 pale eoliche sparse su tutto il territorio, la regione con il più alto numero di pale eoliche di tutta la nazione, a beneficio di chi? basti pensare che esistono realtà come la Lombardia dove le pale eoliche non arrivano a venti. Perchè il problema sarebbe la Basilicata? il Presidente dell’Anev parla seriamente quando dice che non bisogna mettere altri vincoli? Mi chiedo dove sia il rispetto delle comunità, dei luoghi e della stessa vocazione di questi.
L’eolico compromette le programmazioni dei territori, il turismo e l’agricoltura. Oltre al danno al paesaggio e all’inquinamento acustico, bisogna pensare al rischio idrogeologico, archeologico e ambientale.
Vedere i luoghi familiari della propria vita radicalmente mutati e sconvolti da un giorno all’altro. L’impatto poi si ripercuote per ampio raggio sull’aspetto generale dei luoghi di insediamento, distruggendone il valore paesaggistico e panoramico e facendone decadere le vocazioni turistiche.
Per installare i parchi è necessario smembrare intere
montagne: scavi, manufatti, scassi, nuovi elettrodotti, chilometri di
nuove reti stradali di servizio, che ancora una volta deteriorano
l’integrità del paesaggio. Per non parlare dei plinti in cemento armato
profondissimi che diventerebbero veri e propri bunker che difficilmente
verranno smaltiti.
La vita di una pala eolica dura circa 20 anni e
poi? cosa rimarrà sul territorio? un patrimonio distrutto in maniera
irreversibile.
Mi chiedo se realmente l’eolico lo possiamo definire energia green, ma a questo punto non credo, se a quanto detto, ci andiamo ad aggiungere che ormai è noto che anche le turbine eoliche rilasciano SF6, il gas serra più potente oggi conosciuto e le sue emissioni sono aumentate rapidamente negli ultimi anni, come conseguenza involontaria proprio del boom dell’energia verde.
Dovremmo poi parlare della qualità degli impianti, molto spesso già usati e di origine ambigua.
Rabbrividisco quando in un passaggio, sempre lo stesso Presidente dell’Anev, definisce la Basilicata “territorio abbandonato”. Un discorso nel quale si vuole far passare l’eolico come volano per un’economia che, trasforma i nostri contadini in pseudo-ragionieri pronti ad installare pale su terreni dove prima si coltivava, ai quali rimarrà solo una triste eredità di un patrimonio devastato e da bonificare. L’intenso sfruttamento energetico in Basilicata, sta creando impatti significativi sul territorio, mentre le infrastrutture energetiche (pozzi petroliferi, elettrodotti, centri di trattamento e stoccaggio, cavidotti, centrali di smistamento) e quelle di supporto (strade, cementificazione) creano profitto per pochi ed impatti rilevanti per l’ambiente e le comunità locali.
Occorrono regole chiare e valide per tutti. Senza quelle, la Basilicata dal punto di vista energetico sarà sempre ostaggio delle lobby dell’industria fossile e dei comitati nimby.
Credo che, ad un certo punto, dovremmo iniziare a parlare seriamente di idroelettrico e di turismo. Probabilmente il vero connubio tra energie green, agricoltura e sviluppo del territorio.
I Sindaci e le comunità non si fermeranno.