EDITORIALE – Nonostante una festa ormai in procinto di accendersi definitivamente, non è sempre oro tutto quel che luccica. Da giornalista sportivo ma in primis tifoso napoletano, non posso oltrepassare ignorando alcune vicende…
Violenze, lancio di petardi tra i vari settori, accoltellamenti in centro… sono solo alcuni degli avvenimenti avvenuti nella giornata di ieri nel capoluogo campano. È senza dubbio questa la sconfitta più grande per Napoli e per il Napoli; aldilà del pareggio contro la Salernitana, infatti, non si può non dar peso a vicende del genere. In un clima festoso atteso da 33 anni e con tutti i riflettori mondiali accesi su di “noi” (ieri presente addirittura la BBC all’esterno dello stadio), fondamentale sarà l’immagine della città che verrà trasmessa. Bisogna ammettere che la gran parte dei settentrionali saccenti non vedono l’ora di legger notizie del genere per deridere e denigrare la squadra del sud prossima alla vittoria dello scudetto. Ciò non va a giustificare il vittimismo, ma dovrebbe unirci per dar una lezione di vita, dopo la vittoria schiacciante in campo, fuori da esso. Come possiamo replicare e lamentarci di epiteti stereotipati che ci vengono attribuiti continuamente se poi siamo i primi ad alimentare ciò? Puro masochismo dettato da una forte ignoranza, in cui a primeggiare è colui che impiega violenza (mentalità intrinseca in molte delle nostre realtà).
Ritengo anche che l’estrema vicinanza al tricolore senza riuscirlo ad ipotecare negli anni passati, non ha permesso certamente all’ambiente calcistico e non di crescere ulteriormente e far lo step successivo tanto desiderato. Neanche la permanenza in Europa da ben 13 anni consecutivi, l’unico club italiano, apparentemente non ha aiutato una città già di per se disorganizzata a superar questi meridionalismi arcaici.
Spero che per giovedì dopo Udine, incrociando le dita, e per il 4 giugno, Napoli diventi l’emblema del festeggiamento sportivo civile, dando la seconda lezione, dopo quella calcistica, all’Italia intera.
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