32 anni fa, Luca Orioli e Marirosa Andreotta, comunemente conosciuti come “i fidanzatini di Policoro”, venivano trovati morti nel bagno di casa di lei. Da allora un percorso giudiziario, non sempre lineare, ha approdato ad un giudizio discutibile. E’ un caso di una giustizia che si è fatta attendere e che non è mai arrivata del tutto.
Oggi, siamo vicini ad Olimpia, madre di Luca. Una madre che non si è mai rassegnata e ha voluto sempre manifestare il suo dolore, in maniera composta e dignitosa. Vittima, come tanti altri familiari. Vogliamo essere vicini ad Olimpia perché in questo momento si troverà a vivere la delusione di questa storia assurda. Non solo giustizia negata ma addirittura condannata, da parte della Corte di Appello di Potenza, al pagamento delle spese effettuate, a suo tempo, dai suoi legali. La nostra vicinanza è segno di un doveroso e sentito rispetto verso una donna, una mamma, che ha lottato e sperato di avere verità e giustizia per la morte misteriosa e mai chiarita di Luca e Marirosa. Un vero esempio di dolce e fiera tenacia. Troppe sono le contraddizioni e le omissioni sulle quali e per le quali non si è indagato. Più volte si è avuto la percezione che tutta la vicenda fosse circondata da misfatti perpetrati per nascondere una verità, forse, troppo scomoda.
Senza entrare nel merito di questa sentenza di condanna che ingiunge a Olimpia il pagamento delle spese legali, riteniamo sia condivisibile da chiunque crede nella giustizia, che pagare per una verità mai arrivata sa molto di beffa dopo aver subito il danno di una morte a cui nessun organo giudiziario ha dato una risposta.
La giustizia deve mettersi nei panni degli altri, a cominciare da chi fa più fatica ed è più fragile. Deve fare tutti gli sforzi possibili per garantire risposte coerenti e chiare, per non lasciare nel dubbio chi è desideroso di una risposta. Solo così può recuperare la sua funzione sociale e la sua forza profetica di strumento al servizio della libertà e della verità. L’ingiustizia è anzitutto un problema culturale, educativo, politico. C’è bisogno di un’attenta e viva testimonianza quando ci troviamo ad assistere alle iniquità che assediano la società. Non dobbiamo voltarci dall’altra parte ma intraprendere, ciascuno con le proprie responsabilità, le azioni necessarie per ostacolare le ingiustizie e concorrere ad edificare un mondo più giusto.
L’Associazione Libera ritiene che occorre fare in modo che “legalità” non resti una parola astratta ma sia lo strumento e il mezzo per raggiungere un obiettivo che si chiama giustizia. Abbiamo un debito di riconoscenza verso chi è stato ucciso, chi è solo o lo è rimasto. Chiediamo a tutte le Istituzioni di non lasciare sola Olimpia. Non dobbiamo e non possiamo lasciarla sola. Le Istituzioni devono garantire gli strumenti: ci vogliono meno leggi e più legge nel nostro paese. Ci vuole una risposta da cittadini responsabili che si assumano la loro parte di responsabilità. La democrazia chiede a ciascuno di noi di fare la propria parte.
Lettera/comunicato di Gerardo Melchionda affidata ai social e pubblicata integralmente