EDITORIALE – In questo tempo difficile forse abbiamo ancora più bisogno di celebrare il Natale. Le guerre, la pandemia, le catastrofi naturali, la disoccupazione, la crescente povertà fanno crescere nei nostri cuori il desiderio di vivere il Natale non tanto per la poesia a cui talvolta superficialmente viene ridotto, ma per quel messaggio che risponde ai bisogni più profondi del cuore umano e della storia.
La mia mente va indietro nel tempo e affiorano i ricordi dei Natali vissuti da bambina. Percepisco in maniera chiara e nitida colori, suoni, luci, odori e immagini che, a distanza di anni, mi trasmettono ancora forti emozioni e suscitano pensieri dolci e piacevoli. Nelle famiglie: tanto affetto, che si traduceva in piccoli atti di condivisione, in piccoli doni elargiti con generosità.
L’amico Vincenzo Policastro così scriveva in uno dei suoi numerosi e divertenti sonetti:
Come so’ diferenti li Natali!
De religioso ‘nc’è rimasto gnente
‘a gente che s’entruppa co’ la gente,
se penza solamente a li regali.
Invece ai tempi mia era diverso,
Gesù Bambino, nato nella stalla,
faceva er sentimento venì a galla,
se commoveva tutto l’Universo.
A Natale allora ci auguriamo: di saper accogliere l’austerità di questo tempo con la semplicità della sacra famiglia e dei pastori, con la pace e la capacità di propagarla; di saper resistere ai mali del mondo, di contrapporre agli “erodi” del nostro tempo una risposta non di violenza, ma di perdono cristiano. Incarneremo la speranza che rende credibile l’annuncio di Natale nella complessa situazione del mondo di oggi. Si compirà così l’augurio che ci scambiamo e sarà Natale vero.