ROMA (ANSA) – “Cominciamo dai guariti”, iniziava i suoi briefing l’anno scorso l’allora capo della Protezione civile Angelo Borrelli. E oggi tra le poche notizie positive nell’emergenza Covid in Italia c’è il superamento della soglia dei 3 milioni di guariti.
Oltre 3,5 milioni sono invece i vaccinati con due dosi, quasi 8 milioni quelli che hanno ricevuto almeno una dose. Ma sulla campagna vaccinale pesano l’incertezza del caso AstraZeneca – che rinvia un’altra consegna e vede aumentare le disdette degli appuntamenti – e la scarsità delle dosi di aprile, nonostante 1,5 milioni di Pfizer oggi alle Regioni, il carico maggiore finora.
Numeri della pandemia e della campagna vaccinale si intrecciano nel weekend di Pasqua in un calo drastico, con il minimo di tamponi fatti da gennaio (quando si iniziarono a contare anche gli antigenici), 216 mila circa in due giorni, e appena 255 mila somministrazioni tra domenica e Pasquetta. Di alto resta il numero dei decessi, ancora 421 nelle ultime 24 ore, mentre i meno di 8 mila positivi sono dovuti in gran parte ai pochi test. La flessione dei casi è ancora lenta.
Tamponi e vaccini non sono slegati, perché anche quando si raggiungerà un numero sufficiente di italiani immunizzati tale da cambiare la storia dell’epidemia, bisognerà comunque testare quante più persone possibile e mantenere alcune misure minime.
La Gran Bretagna ha abbattuto casi e decessi negli ultimi due mesi e vaccinato il 47% della popolazione con almeno una dose, ma continua a fare 1,5 milioni di tamponi al giorno, mentre in Italia quando va bene sono 250 mila. Il caso dell’Ungheria nell’Ue è un monito: ha vaccinato il 34% degli abitanti usando addirittura 8 vaccini (4 approvati in solitaria), ma il 31 marzo ha avuto 302 morti, il massimo in un giorno da inizio crisi, per aver riaperto tutto senza screening.
In Italia è stato somministrato ad oggi il 54% delle dosi di AstraZeneca (2.218.038 su 4.098.800 consegnate), secondo il database del ministero della Salute, mentre per Moderna la percentuale scende al 50% (658.403 su 1.328.200). Pfizer ha invece una percentuale di somministrazione del 96%, (8.375.625 su 8.709.480). In totale in Italia su 14.136.480 dosi dei tre vaccini arrivate ne sono state somministrate 11.252.066, circa l’80%..
Si fa più consistente il sospetto che per AstraZeneca pesi la diffidenza popolare. A Napoli centinaia di persone hanno chiesto direttamente al centro vaccinale di cambiare con Pfizer, ritardando le somministrazioni. lnoltre il 20-30% dei prenotati con AstraZeneca non si presentano all’hub di Cagliari, soprattutto docenti scolastici, in una regione tra le peggiori per performance, che a Pasqua ha vaccinato appena 39 persone.
Per AstraZeneca c’è stato anche un giallo Lazio, che ha contestato di aver ricevuto 98 mila dosi come invece indicato nel contatore nazionale. Il Commissariato all’emergenza Francesco Figliuolo ha risposto che sono state destinate a forze dell’ordine, forze armate e Protezione civile nel Lazio.
Sempre il Lazio denuncia poi un taglio del 50% nella consegna del vaccino anglo-svedese prevista per il 14 aprile, ma in questo caso si tratta di un rinvio al 16 e al 23, con gli altri arrivi, precisa la struttura governativa guidata dal generale. Di certo c’è che gli 8 milioni di dosi previste in Italia in questo mese non saranno sufficienti a vaccinare 500 mila persone al giorno come previsto nel piano nazionale. Bisognerà puntare forte sugli over 70, fascia d’età molto trascurata e molto colpita dai decessi (6 milioni aspettano ancora la prima dose, 1,5 milioni la seconda), e tenere la riserva di seconde dosi, la gran parte dei 2,8 milioni in frigo. Sei milioni su 8 delle dosi di aprile saranno Pfizer e questa è la buona notizia.
Sottoscritto, al tavolo tra governo e parti sociali, il Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti Covid nei luoghi di lavoro. E iI Protocollo di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid negli ambienti di lavoro, che aggiorna i precedenti accordi sulla salute e sicurezza tenendo conto di quelli del 14 marzo e 24 aprile 2020.
Possono così prendere il via le vaccinazioni nei luoghi di lavoro, con il supporto dei medici aziendali e della rete Inail, rivolte ai lavoratori. L’adesione è volontaria.
Per quanto riguarda il Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti Covid nei luoghi di lavoro, l’iniziativa è rivolta ai lavoratori, a prescindere dalla tipologia contrattuale con cui prestano attività nell’azienda, e ai datori di lavoro.
I datori di lavoro, singolarmente o in forma aggregata e indipendentemente dal numero di lavoratrici e lavoratori occupati, secondo il testo, con il supporto o il coordinamento delle Associazioni di categoria di riferimento, possono manifestare la disponibilità ad attuare piani aziendali per la predisposizione di punti straordinari di vaccinazione anti Covid nei luoghi di lavoro destinati alla somministrazione in favore delle lavoratrici e dei lavoratori che ne abbiano fatto volontariamente richiesta. I datori di lavoro che non sono tenuti alla nomina del medico competente o non possano fare ricorso a strutture sanitarie private, possono avvalersi delle strutture sanitarie dell’Inail. I costi per la realizzazione e la gestione dei piani aziendali, inclusi i costi per la somministrazione, sono a carico del datore di lavoro, mentre la fornitura dei vaccini, dei dispositivi per la somministrazione (siringhe, aghi) e la messa a disposizione degli strumenti formativi previsti e degli strumenti per la registrazione delle vaccinazioni eseguite è a carico dei Servizi sanitari regionali.
Se la vaccinazione viene eseguita in orario di lavoro, il tempo necessario è equiparato all’orario di lavoro.
Nel testo si richiama il recente decreto Covid con cui è stata esclusa espressamente la responsabilità penale degli operatori sanitari per eventi avversi nelle ipotesi di uso conforme del vaccino.
Per quanto riguarda, invece, l’aggiornamento del Protocollo sulla sicurezza, confermando le misure per contrastare il diffondersi del virus, dalle mascherine al distanziamento fino alla sanificazione periodica, nel testo si raccomanda “il massimo utilizzo, ove possibile, della modalità di lavoro agile o da remoto” da parte dei datori di lavoro privati. Raccomanda inoltre, per le attività produttive, che siano limitati al massimo gli spostamenti all’interno dei siti e contingentato l’accesso agli spazi comuni. Tra i punti aggiunti, quello sulla riammissione al lavoro dopo l’infezione che “avverrà secondo le modalità previste dalla normativa vigente (circolare del Ministero della salute del 12 ottobre 2020 ed eventuali successive istruzioni). I lavoratori positivi oltre il ventunesimo giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario”.