Perché mi sono svegliato?

Francesco si sveglia e la prima cosa che pensa è: perché mi sono svegliato? Non è una domanda esistenziale, è proprio pratica. Non ha la sveglia puntata, non deve andare da nessuna parte, non ha niente da fare. Eppure si è svegliato. Il corpo umano è stupido. Sono le dieci e mezzo di una domenica di agosto. Agosto è il mese in cui tutti fingono di essere felici perché sono in vacanza, ma Francesco non è in vacanza. Francesco è semplicemente fermo. Fermo nel suo monolocale che d’estate diventa un’autoclave per sterilizzare i sogni. Claudia se n’è andata tre mesi fa. Ha portato via tutto quello che aveva un senso: i libri belli, il divano comodo, la capacità di Francesco di credere che le cose potessero andare bene. Ha lasciato il frigo vuoto e la moka, che Francesco non sa usare perché per tre anni ha sempre fatto il caffè lei. Francesco apre il frigo e dentro c’è il riassunto della sua vita: una birra calda, uno yogurt scaduto e qualcosa che un tempo aveva forma di pomodoro. Pensa: dovrei buttare tutto e ricominciare. Poi pensa: ma ricominciare cosa? E da dove? Esce per comprare qualcosa da mangiare, ma soprattutto per uscire. Perché stare in casa da soli d’estate è come essere in prigione, solo che non hai fatto niente per meritartelo. La città è vuota. Tutti sono da un’altra parte, a fare cose diverse, con persone diverse. Francesco invece è qui, e qui è sempre uguale a se stesso. C’è solo un bar aperto, gestito da una signora che viene dal Bangladesh e che sorride anche quando non c’è un motivo particolare per farlo. Francesco le chiede un caffè freddo e lei dice: “Freddo buono, caldo cattivo.” Francesco pensa che questa donna ha capito tutto della vita in sei parole. Mentre torna a casa incontra la signora Giulia, che ha ottant’anni e la saggezza di chi ha attraversato molte estati. Lei gli dice: “L’importante è non farsi prendere dalla malinconia.” Francesco annuisce, ma dentro pensa: e se la malinconia è già qui, seduta sul mio divano, che beve la mia birra calda e non ha intenzione di andarsene?

Nel pomeriggio Francesco apre Instagram, che è come aprire un album fotografico di una vita che non è la tua. Tutti i suoi amici sono abbronzati, sorridenti, accompagnati da qualcuno che li ama abbastanza da fotografarli. Francesco chiude il telefono e pensa: i social network sono stati inventati per farti sentire inadeguato anche quando stavi bene. Decide di fare una passeggiata, perché camminare da soli in una città vuota è meglio che stare fermi da soli in una casa piena di ricordi. Al parco c’è una fontana e intorno alla fontana ci sono le persone che come lui non sono riuscite a scappare da agosto: pensionati, mamme con bambini piccoli, ragazzi che non hanno i soldi per andare al mare. Francesco si siede su una panchina e guarda questa umanità di riserva. Un signore anziano dà da mangiare ai piccioni con la precisione di chi ha tutto il tempo del mondo. Una madre spinge la carrozzina e parla al telefono, dividendo la sua attenzione tra chi c’è e chi non c’è. Due bambini si spruzzano con l’acqua della fontana e ridono come se avessero scoperto la felicità. Francesco pensa: forse il problema non è essere soli, il problema è credere che essere soli sia un problema. La sera ordina una pizza, perché cucinare per se stessi è un atto di ottimismo che Francesco non riesce ancora ad affrontare. Il fattorino arriva sudato e gli dice: “Scusi il ritardo, il motorino si è surriscaldato.” Francesco pensa: anch’io mi sto surriscaldando, ma nessuno se ne scusa. Mangia guardando un film che ha già visto, perché quando sei solo rivedere le cose è rassicurante. Almeno sai come va a finire. Prima di andare a letto chiama sua madre, che gli chiede come va l’estate. Francesco le dice che va bene, che si sta riposando. Non le dice che si sta abituando al silenzio, che alcune sere la solitudine è pesante come il caldo, che sta imparando a distinguere tra essere solo ed essere abbandonato. Si addormenta con il rumore dei condizionatori degli altri, che è la ninna nanna dell’estate urbana. Domani sarà un altro giorno uguale a questo, e forse è proprio questo che gli serve: giorni uguali per ricordare chi è quando non deve essere niente per nessuno. L’estate finirà, la gente tornerà, la città si riempirà di nuovo di voci e di fretta. Ma Francesco si ricorderà di questi giorni silenziosi, quando ha capito che la solitudine non è sempre una punizione. A volte è solo il tempo che ti prendi per ricordarti chi sei.


Disclaimer: Il testo è un racconto di pura fantasia. Tutti i personaggi, i luoghi, gli eventi e le situazioni descritte sono frutto dell’immaginazione dell’autore e non hanno alcun riferimento intenzionale a persone reali, viventi o defunte, a istituzioni, enti o organizzazioni esistenti. Qualsiasi somiglianza con la realtà è da considerarsi puramente casuale e non voluta. Gli eventi narrati non intendono rappresentare fatti storici reali né fare riferimento a situazioni o circostanze realmente esistenti. Il racconto è stato creato esclusivamente a scopo narrativo e di intrattenimento.

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