“Piante officinali nel territorio di Moliterno e loro uso nella medicina popolare” di Francesco Stanzione: la Lucania tra cultura, scienza e sentimenti

EDITORIALE – Oggi si parla sempre più spesso di ‘competenze’ e ‘conoscenze’. Anzi, l’italiano corrente ha accolto un anglicismo: skills, abilità. Non si parla più di ‘sapienza’, né di tendere ad essa attraverso le esperienze. Le abilità, le competenze devono infarcire, come una specie di raccolta a punti, un curriculum che, se anche frammentato, racconta una multidisciplinarità che tende al (anglicismo anche qui) multitasking. Nulla di male, ci mancherebbe, anzi, è la modernità. Però a tutto ciò manca una cosa. E le parole sanno raccontare storie anche da sole: il verbo latino sàpere significa “avere sapore”, prima ancora di indicare il “sapere intellettuale”. Per riscoprire il ‘sale’ del sapere, che da il gusto alla conoscenza (e alla vita), bisogna allora mirare a qualcosa di più profondo di un elenco di competenze, ossia provare a ‘percepire il gusto delle cose’. Questo implica una ricerca, l’assumere una serie di strumenti e anche di atteggiamenti spirituali che possano coniugare conoscenza e saggezza. 

Questa ricerca è ciò che troviamo nel libro Piante officinali nel territorio di Moliterno e loro uso nella medicina popolare (Editrice L’Immagine, € 20,00) di Francesco Stanzione. La ‘sapienza’ è cercata (e intercettata) su due versanti fondamentali: l’indagine della storia e la perlustrazione delle memorie; l’esperimento e il viaggio a contatto con la terra, le cose, gli esseri viventi. L’autore, farmacista di professione, è pugliese ma confessa un amore impareggiabile per la Basilicata. Sul volume che ha dato alle stampe in questo mese di settembre, riproposizione dei suoi studi per la tesi di laurea in farmacia, scrive una sorta di dedica amorosa alla Lucania “Mal di Basilicata”: una sorta di inno alla natura e ai paesaggi lucani. Il libro, corredata da fotografie a colori, esamina le piante officinali del territorio di Moliterno e ne riporta le caratteristiche e le proprietà accertate dalla letteratura scientifica confrontate con quelle ‘raccontate’ all’autore dai contadini del posto al tempo della sua ricerca negli anni ’80. Il testo è un originale volume scientifico divulgativo, che associa in modo intelligente e affascinante le tradizioni e il sapere popolare alla ricerca scientifica.

Tuttavia, tra i colori sgargianti delle erbe lucane, non c’è spazio solo per la asettica prosa scientifica farmaceutica o botanica. Bensì, tra i termini dialettali riportati per classificare le piante anche nella ‘lingua’ locale, emerge una storia d’amore e di viaggi molto interessante. Quasi come se il manuale di erbe officinali a tratti lasci trasparire le note di un romanzo. È la storia d’amore tra l’autore e Moliterno, nel 1983 sbarcato in una Lucania descritta come una sorta di ancestrale paradiso bucolico, ancora lontano dalla modernità, custode di saperi che sono svaniti nella velocità dei tempi. Frequentatore delle ‘locande’ del posto che diventano una sua seconda casa, decide di studiare per la sua tesi in questo territorio, così da associare al dovere di scrivere la tesi di laurea, il piacere della sua più grande passione: la pesca. Questa storia d’amore che ancora oggi è vivissima, dona all’interessante trattato sulle erbe officinali un elemento di ulteriore fascino.

La preparazione di medicamenti, l’utilizzo di erbe per combattere i mali fisici e alleviarne gli effetti, la capacità di conoscere le proprietà delle piante e sfruttarle per il benessere dell’uomo, sono elementi di un sapere che oggi quasi non si percepisce più come importante, svanito nel sonno della ricerca e sbiadito nell’etichetta della superstizione. La mitizzazione della magia, delle credenze della civiltà contadina, hanno troppo spesso scollegato questa tradizione di saperi dalla scienza. Oggi, che quella Lucania percepita come immobile paradiso non esiste più, questo volume è ancora più prezioso, perché ha registrato le memorie e un pezzo di quel sapere. Ma, quelle memorie sono state verificate e indagate anche sul versante scientifico, coniugando le origini di una terra dei saperi contadini alla Botanica Farmaceutica. Ciò è molto potente sul piano culturale e scientifico, ma anche dei sentimenti.

Quella terra antica e dimenticata, la Lucania di un immaginario magico e arcaico non esiste più (e forse neanche è mai esistita così come viene pensata). Oggi la Basilicata è una regione moderna e che sa correre anche su piani di sviluppo industriali, pur tuttavia conserva il suo fascino selvaggio conferitogli dalla natura, sede di una sapienza che dona sapore, gusto, conoscenza vera. Per questo, pur rifiutando l’esistenza di un duello tra ‘antico’ sinonimo di ‘buono’ e ‘moderno’ come equivalente di ‘inquinamento’, il libro di Stanzione sottolinea come un privilegio poter vivere a contatto con una terra ricca di piante officinali, tutt’altro che dimenticata dal resto del mondo, ma che come tale si traveste per farsi amare ancora di più da chi sbarca alla ricerca della sapienza perduta. La Lucania è così, sa ingannare, si presenta come la landa desolata e lontana dalla storia, eppure è conosciuta ovunque e vive al centro del mediterraneo e della sua storia. Il dottor Stanzione crede di averla scoperta, in realtà la Lucania lo ha semplicemente rapito facendolo innamorare. Le note di questo amore sono vive in queste pagine. La comunità di Moliterno ha salutato con grande favore questo libro nella presentazione tenutasi il giorno 20 settembre nella biblioteca del centro valdagrino.

Pubblicità