EDITORIALE – Ritorno sul tema della app per tracciare i movimenti dei cittadini e dei rischi per la privacy perché su “La Stampa” del 25 marzo Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, ha precisato ulteriormente i termini della questione.È un argomento molto delicato che potrebbe avere ripercussioni molto pesanti sia oggi che dopo la pandemia e, allo stesso tempo, potrebbe essere la chiave di volta per ridurre i tempi del lockdown e migliorare la salute pubblica oltre che la crisi economica.La tecnologia esiste, forse anche la cornice normativa generale (GDPR), sicuramente manca una normativa di dettaglio per rendere il tutto sicuro e operativo.
In premessa, il Garante della privacy innanzitutto ribadisce che “l’equilibrio tra diritti individuali e della collettività è sancito dalla Costituzione”. “Però – aggiunge – le deroghe non devono diventare un punto di non ritorno”.
E continua: “…Se significa definizione di un protocollo di tracciamento precoce dei positivi e delle persone che sono venute a contatto con loro, oltre che un controllo sul rispetto della quarantena, non avrei obiezioni… Però serve un governo unitario delle operazioni. Non è il momento delle improvvisazioni”.Insomma le iniziative estemporanee messe in campo da Comuni e Regioni possono generare confusione e danni.La regia e la gestione dei dati, secondo Soro, potrebbe essere affidata alla Protezione civile affiancata da un team di esperti. L’importante è che la regia sia unica e che competa a una autorità pubblica, dotata delle giuste competenze necessarie ad analizzare e utilizzare al meglio i dati. Anche per gestire la successiva fase dei test mirati.
Altro tassello importante da disciplinare in maniera rigorosa è quello che concerne un coinvolgimento di big player come Google e Facebook. Ne deriva, a maggior ragione, che la scadenza debba essere definita in partenza e che spetti all’Autorità garante il compito di vigilare e quando necessario irrogare sanzioni che possono arrivare al 4% del fatturato. Le informazioni raccolte potranno essere utilizzate per l’assistenza e la telemedicina a chi è in quarantena. E questa è una buona notizia. Però bisogna ricordare che sono dati particolarmente sensibili sulla salute che vanno raccolti e trattati da una autorità pubblica. Precisa Soro: “Se vengono affidati a una gestione casuale, magari per diffonderli in Rete no. Ci sono alcuni consiglieri comunali che hanno messo on line nome e cognome dei contagiati creando discriminazioni inaccettabili”.Allora il diritto alla salute e il diritto alla privacy possono coesistere in tempi di coronavirus?Per il Garante è possibile se rispettiamo la proporzionalità, un principio fondamentale della democrazia.Principio “che è garantito quando un sistema anche invasivo è comunque finalizzato all’interesse generale di tutela della salute. Purché la raccolta di informazioni non ecceda rispetto alle necessità e avvenga dentro un processo ben normato, controllato e soprattutto a termine”.
Il testo integrale su: https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9298389