Quando Piero Manzoni nel 1961 creo la ‘merda d’artista’ contro la massificazione della cultura e dell’arte

MOLITERNO (PZ) – Nel 1961 l’artista Piero Manzoni creò 90 barattoli di merda d’artista. Sui barattoli di latta firmati, un’etichetta in più lingue ne garantiva l’autenticità: “Merda d’artista. Contenuto netto gr.30, conservata al naturale, prodotta ed inscatolata nel maggio 1961”.
Per Manzoni, non nuovo a creazioni artistiche provocatorie e rivoluzionarie (aveva confezionato linee e firmato corpi nudi intitolandoli sculture viventi), la singola unità della stravagante opera d’arte valeva l’equivalente di 30 grammi di oro. La polemica sulla mercificazione dell’arte batteva un colpo di genio.


Erano gli anni del boom economico, la cultura si massificava, si chiedeva ciò che veniva propinato, iniziava l’era del consumismo che non risparmiava neanche l’arte. Manzoni rispondeva così, dissacrando.


Il contenuto di un barattolo chiuso e sigillato non è visibile, dovremmo fidarci dell’etichetta. Così l’alone del mistero aumenta l’attrattività di un oggetto che non ha nulla per essere desiderato. Dunque, il fatto eclatante è compiuto e non è maleodorante: è il sarcastico ribaltamento di un canone, soprattutto è la dissacrante demolizione del concetto di desiderio consumistico. L’oggetto d’arte ridotto solo al prossimo acquisto, così al posto dell’oggetto così agognato, quello che fa anche status simbol, Manzoni propone lo scarto, il rifiuto organico.
L’artista milanese morì troppo presto a soli 29 anni. Servirebbe oggi, nell’era delle file ai centri commerciali. Tuttavia la sua opera andrebbe oggi proposta in tutto il suo contenuto filosofico agli opinionisti social e a una buona percentuale degli opinionisti dei salotti televisivi. Piero Manzoni e la sua attività artistica sono importanti nel paese delle etichette, dove si è intellettuali con un tweet e deputati con un click. Non conviene valutare il valore intrinseco, le capacità, ma solo la notorietà. Manzoni vendette come oro “una parte di se stesso”, con un’etichetta, eternando la resistenza alla mercificazione.


Bonalumi, amico di Manzoni, parlando del contenuto delle scatolette dichiarò al Corriere della Sera, nel 2007: “posso tranquillamente asserire che si tratta di solo gesso. Qualcuno vuole constatarlo? Faccia pure. Non sarò certo io a rompere le scatole”, una delle quali è stata venduta per 124.000 euro. Quello che c’è dentro non è poi così importante, però è “roba d’artista” e l’artista è un’entità assoluta. E pensare che Manzoni diceva che “una forma vale l’altra ma tutte rompono le scatole” … bisognerebbe rompere tanti altri contenitori (quanto è di moda questa parola!) e capirne la materia: scopriremmo tante scatolette vuote. Nel trovarli pieni potremmo dire che è “materia” d’artista? Nessuno si senta escluso, ma la domanda su cosa c’è dentro, non la si rivolga solo alle scatolette di Manzoni.