‘Rock in Quarantine’, 9 Marzo 1987, gli U2 pubblicano ‘The Joshua Tree’

EDITORIALE – Da quando è nata ivl24 ho sempre avuto una certa attenzione alla musica e ai suoi album (per me) simbolo. Ma oggi, con la crisi epidemiologica che il nostro Paese sta attraversando e il conseguente invito a restare a casa, ho pensato: quale occasione migliore può esserci per riscoprire un album, riviverlo e ascoltarlo?

Ed è per questo che da oggi inauguro la rubrica “Rock in Quarantine”, nella quale ivl24 vi proporrà un album al giorno da riscoprire, riascoltare e magari rivalutare comodamente a casa.

Si parte oggi con il 33° compleanno del mitico “The Joshua Tree” degli U2

Dopo The Unforgettable Fire, gli U2 decidono di volgere la loro attenzione e vocazione verso le radici della musica statunitense e cominciano ad esplorare il blues, il country e il gospel.

 Inoltre il Bono e compagni iniziano a frequentare i gruppi irlandesi The Waterboys e Hothouse Flowers e intuiscono una sorta di musica irlandese indigena mescolata con il folk statunitense.

 L’amicizia con Bob Dylan, Van Morrison e Keith Richards spinge la band a guardare alle radici del rock e Bono dà prova del suo talento di autore di testi e canzoni (almeno quando non è o non sarà impegnato, soprattutto negli anni a divenire, a salvare il pianeta).

 Gli U2 vogliono cominciare a costruire partendo dalle atmosfere di The Unforgettable Fire ma cercano anche un suono più duro all’interno della stretta disciplina della struttura della canzone tradizionale, piuttosto che la sperimentazione spesso sfuocata dell’album precedente.

Scrive la rivista Rolling Stone il 7 maggio 1987: «La bellezza selvaggia, la ricchezza culturale, il vuoto spirituale e la feroce violenza dell’America vengono esplorati per ottenere degli effetti di fatto in ogni aspetto di The Joshua Tree; già nel titolo e nelle immagini sulla copertina dell’album, il blues e il country si mescolano chiaramente nella musica… Infatti, Bono dice che “smantellare la mitologia dell’America” rappresenta una parte importante dell’obiettivo artistico di The Joshua Tree.»

Gli U2 interrompono le sessioni dell’album nel 1986 per fare da “headline” nel tour con Amnesty International, A Conspiracy of Hope Tour.

Piuttosto che rappresentare una distrazione, il tour aggiunge un’intensità e un potere extra alla loro nuova musica, fornendo un’ulteriore dimostrazione di ciò che volevano dire.

 Nel suo viaggio del 1986 a San Salvador e in Nicaragua, Bono assiste in prima persona alle angherie a cui sono sottoposti i contadini nei conflitti interni e questo influenza molto l’album, soprattutto in Bullet the Blue Sky e Mothers of the Disappeared.

Si arriva così al 9 marzo del 1987, con l’uscita di “The Joshua Tree”, album nel quale si contrappongono l’antipatia verso gli Stati Uniti, compresa la rabbia per la politica estera degli USA dell’amministrazione Reagan in America Centrale, ed il fascino profondo della campagna americana, gli spazi immensi, la libertà e ciò che rappresenta. La band vuole un tipo di musica con un senso di “location”, una qualità “cinematica”.

 La musica e le parole sono disegnate sull’immaginario creato dalle opere degli scrittori statunitensi conosciute dagli U2. Secondo Bono, l’album è ispirato e influenzato “più dalla geografia che dalla gente”.

Il disco come suddetto e contaminato dal country e dal blues. Durante la registrazione di Silver and Gold con Keith Richards, Bono e Richards ascoltano il blues, il country, la pop music americana degli anni cinquanta, tutte influenze che, combinate con i primi “riferimenti” di Bono (Patti Smith, Bob Dylan), producono un effetto sulla canzone e sull’intero album.

L’album è stato registrato, in parte, negli studi Sun a Memphis (dove sono stati registrati i primi fondamentali album di rock and roll, negli anni ’50, dai primi singoli di Elvis Presley fino a quelli di Jerry Lee Lewis).

Il titolo dell’album fa riferimento alla Yucca brevifolia, detta appunto albero di Joshua (traduzione inglese di Giosuè), pianta originaria del sud ovest degli Stati Uniti (California, Arizona, Utah e Nevada).

La produzione e gli arrangiamenti furono affidati all’eccellenza e all’innovazione del guru Brian Eno, abile nel suo mestiere a fare da “svoltapista” a numerose band.

Qui le tracce dell’album

I Still Haven’t Found What I’m Looking For — L’interrogativo sulla difficoltà da parte del credente di mantenere salda la sua fede in Dio.

With or Without You — Probabilmente la canzone più celebre degli U2, è una ballata il cui testo si presta a due diverse interpretazioni: la fine dolorosa di una storia d’amore ed una riflessione sulla religione.

Bullet the Blue Sky — Ispirata dai viaggi in El Salvador e Nicaragua, la canzone parla della rabbia per la politica estera tenuta dagli USA durante l’amministrazione Reagan in molti stati dell’America Centrale basata sull’embargo economico e sul finanziamento di gruppi paramilitari per destabilizzare tali paesi attraverso guerre civili.

Running to Stand Still — Bono affronta il delicato tema della droga narrando della dipendenza quotidiana di una ragazza all’eroina.

Red Hill Mining Town — Il testo parla della situazione di migliaia di minatori che rischiano il lavoro a causa della chiusura di molte miniere, fenomeno che stava colpendo il Regno Unito negli anni ottanta, durante il secondo mandato del Governo Thatcher.

In God’s Country — Il deserto americano visto da Bono, con tutte le emozioni che ispira.

Trip Through Your Wires — Dedicato all’amore per una donna, che imprigiona l’innamorato con i suoi lacci. Ma tale prigionia è fonte di felicità.

One Tree Hill — Canzone dedicata a Greg Carrol, uno degli assistenti della band che morì in un incidente in moto a Dublino mentre faceva una commissione per Bono, e a cui è dedicato The Joshua Tree: la One Tree Hill è una collina di Auckland, in Nuova Zelanda, terra natia del giovane Carrol. Si parla anche della morte di Víctor Jara.

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